
Subito dopo la proclamazione dei risultati ufficiali delle elezioni europee, il cancelliere Olaf Scholz si è chiuso nel silenzio e non ha fatto nessuna dichiarazione pubblica. Il suo partito, la Spd, ha subito una sconfitta durissima, ottenendo il peggior risultato elettorale della sua storia. Se si fosse trattato di elezioni locali, nei Länder dell’Est i socialdemocratici non avrebbero nemmeno raggiunto la soglia del 5% e sarebbero rimasti fuori dai parlamenti regionali. E certo essere sotto il 14% è uno smacco senza precedenti per un grande partito come la socialdemocrazia tedesca, le cui radici affondano nell’Ottocento, e che – vale la pena di ricordarlo – è stata il primo partito di massa della storia europea.
Tacendo, Scholz ha lasciato volutamente il pallino dell’iniziativa politica nelle mani della Cdu. I cristiano-democratici, usciti vincitori con il 30%, insieme con Alternative für Deutschland – che ha raggiunto il 16% ed è il secondo partito del Paese –, si sono immediatamente mossi per chiedere elezioni politiche anticipate (l’attuale legislatura dovrebbe concludersi nell’autunno 2025), sull’esempio di quanto avverrà in Francia. In Germania, tuttavia, le cose stanno diversamente. Scholz ha ancora una maggioranza parlamentare sicura. Anche se la coalizione “semaforo” è stata duramente colpita nella tornata elettorale, totalizzando complessivamente poco più del 32%, finora la maggioranza ha tenuto, anche in caso di votazioni difficili e controverse; ma certo, dopo le europee, la palese perdita di fiducia di cui è oggetto la coalizione di governo non può più essere negata o messa tra parentesi.
Da più parti aumenta la pressione sul cancelliere, perché si esprima e dica in qual modo intende riconquistare la fiducia, sempre che ce ne sia uno. Se Scholz non vuole sottoporsi a un voto di fiducia, deve almeno chiarire, nel restante anno e mezzo del suo mandato, cosa ci si può aspettare da lui. Non sono mancate, infatti, le ambiguità: durante la campagna elettorale europea, il cancelliere ha fatto affiggere manifesti inneggianti alla pace, mentre il suo ministro della Difesa, il socialdemocratico Boris Pistorius, dichiarava di stare preparando il Paese alla guerra, e lasciava intendere che la Germania potrebbe entrare direttamente nel conflitto russo-ucraino, anche se non prima della fine del 2028. Cosa vuole il cancelliere? È favorevole, come lo è la sua Spd, a trovare una via di uscita dai vincoli che limitano la possibilità di fare debito, o, come sembra, è allineato alla posizione dura a riguardo sostenuta dai liberali? E via dicendo, su altre questioni importanti come la politica migratoria, i tagli ai servizi, che aveva dichiarato di volere scongiurare, e l’approvazione dell’auspicata legge sulla educazione politica.
Le scarne dichiarazioni, rilasciate dal cancelliere a qualche giorno di distanza dai risultati, si limitano a constatare che il partito non può tornare al business as usual, e che si tratta invece di “trovare insieme soluzioni e di riconquistare la fiducia dei cittadini prima delle elezioni generali”. È decisamente troppo poco a fronte della dimensione della débâcle subita – e questo nel momento in cui le critiche all’operato di Scholz giungono non solo dalla stampa e dagli altri membri della coalizione di governo, ma crescono all’interno del suo stesso partito. Il gruppo parlamentare nel Bundestag vorrebbe che il cancelliere tenesse maggiormente conto degli interessi socialdemocratici all’interno della coalizione “semaforo”, evitando di assumere posizioni da leadership solitaria.
Il responsabile della politica estera del partito, l’influente ex sindaco di Berlino, Michael Müller, avrebbe accusato Scholz di avere fatto dichiarazioni contraddittorie nel corso della campagna elettorale, con il risultato di disorientare l’elettorato e la base del partito; e ha affermato che non è possibile continuare a parlare di pace e allo stesso tempo permettere all’Ucraina di attaccare obiettivi in Russia con armi tedesche. Il capogruppo parlamentare Rolf Mützenich ha confermato il suo sostegno al cancelliere, anche se ha aggiunto che è arrivato il momento di sottolineare più chiaramente i successi precedentemente ottenuti e i progetti futuri. La Spd del Nord Reno-Westfalia è invece insoddisfatta della leadership del partito nel governo. La presidente del Land, Sarah Philipp, ha detto: “Abbiamo inviato un segnale molto chiaro: le cose non possono andare avanti così”.
La Spd appare sempre più nervosa a Est. In vista delle elezioni che si prospettano a settembre in Brandeburgo, Turingia e Sassonia, i socialdemocratici sono in chiarissima difficoltà e in apprensione. Il ministro degli Interni della Turingia, Georg Maier, chiede che la leadership del partito e Scholz si concentrino sulle questioni della Germania orientale, mettendo fine al lungo isolamento dei politici locali. Intanto, l’analisi del voto a Est mostra come la scelta di Alternative für Deutschland sia in buona parte giovanile, e come anche il partito di Sahra Wagenknecht (vedi qui) abbia sottratto qualche punto alla Spd (oltre a distruggere la Linke).
Un cancelliere che diviene ellittico su questioni chiave viene meno a uno dei compiti più importanti, che è appunto quello di indicare in quale direzione procedere. Ironia della sorte, è proprio la debolezza della sua coalizione a tenerla ancora insieme, e la paura di quel che potrebbe avvenire in caso di elezioni anticipate a sostenerla. Effettivamente, non è scontato che i partiti della coalizione “semaforo” rimangano uniti fino all’autunno del 2025. Il bilancio per il prossimo anno è ben lungi dall’essere chiuso: il buco di bilancio è enorme e le richieste dei vari ministeri sono in linea di massima giustificate. Non è chiaro in che modo si deciderà sul bilancio se tutti i partiti vogliono far passare le loro priorità allo stesso tempo. Anche in questo caso, però, sarebbe necessaria una guida energica per stabilire la rotta. Invece Scholz ha dato mandato al suo ministro delle Finanze, Christian Lindner.
Nel frattempo, gli estremisti di destra stanno guadagnando influenza in un numero sempre maggiore di Paesi – e guadagnano consensi partiti che non condividono l’idea europea. Spetterebbe a Scholz contrastare questa tendenza, e gli spetta perché è ormai chiaro che non è in gioco solo il futuro della socialdemocrazia, ma anche delle democrazie europee. Probabilmente il cancelliere è convinto che l’argine debba essere proprio in Europa, e così si spiegherebbe il tentativo di rinnovare la presidenza von der Leyen, tenendo però fuori le destre. Non a caso, Scholz ha sostenuto che, nonostante tutto, le elezioni europee hanno portato a una “maggioranza stabile” che si può costruire con il centrodestra del Ppe, i socialdemocratici e i liberali. Il cancelliere pare quindi fiducioso che si possa raggiungere un’intesa tra le varie famiglie politiche e i diversi Paesi in breve tempo, continuando a tenere le destre estreme fuori dalla porta. “Viviamo in tempi difficili. È importante sapere cosa ci riserva il futuro per l’Europa”, ha dichiarato.
Intanto, secondo un sondaggio, metà dei tedeschi è favorevole a nuove elezioni, e il 71% degli intervistati ha dichiarato di non essere soddisfatto dell’operato del governo. Il disastro della coalizione di governo, partita con ambiziosi programmi di progresso e di miglioramento del Paese, è stata la guerra in Ucraina: ha seminato in Germania insicurezza, risvegliando antiche paure, e creando le condizioni per una crisi economica e sociale di cui non si intravede la conclusione. Scholz, figura che è sembrata a tratti persino coraggiosa, ha cercato, nonostante i limiti suoi e della coalizione di cui è a capo, di tenere dritta la barra del timone. Ora però gli scogli sono troppo vicini, in Germania come in Europa; e i “tempi difficili” di cui ha parlato il cancelliere rischiano di durare a lungo, travolgendo non solo la coalizione “semaforo” ma la stessa Spd, e forse, in prospettiva, buona parte della socialdemocrazia europea.