Tra ulivi, chef stellati e cantanti, il governo ha accolto i rappresentanti delle potenze mondiali al cinquantesimo vertice G7 in un lusso tutto italiano. Seguendo l’ondata militarista che dura da tempo, in Puglia si è deciso di garantire all’Ucraina una continuità nelle forniture di armi, e un fondo da cinquanta miliardi di dollari garantito grazie ai proventi dai beni congelati alla Russia. Si fa sempre leva sulla retorica del “noi contro di loro”, noi democratici e garanti dei diritti umani contro pericolose dittature. Ma, nella dichiarazione pubblicata alla fine dell’incontro, non è apparso alcun riferimento alla protezione dell’“identità di genere e dell’orientamento sessuale” della comunità Lgbtqia+, sebbene fosse stato incluso chiaramente nella dichiarazione finale del G7 del 2023 in Giappone.
Nonostante l’evidente omissione, Meloni ha negato di avere voluto rimuovere il testo, dicendo di non dover ripetere passo per passo le decisioni di Hiroshima. La mancata attenzione ai diritti è emersa anche nella sostituzione della frase “aborto libero e sicuro” con un generico “accesso universale a servizi sanitari adeguati, accessibili e di qualità per le donne, compresa la salute sessuale e riproduttiva completa e i diritti per tutti”. La frase è stata supportata dalla presenza di papa Bergoglio, primo pontefice a partecipare al summit, che recentemente ha fatto scalpore con un’altra frase: “In Vaticano c’è già troppa frociaggine” (vedi qui). La Chiesa cattolica, storicamente schierata contro i diritti di omosessuali, transessuali e bisessuali, ha sicuramente apprezzato l’omissione di temi scomodi come aborto ed eutanasia.
Bisogna ricordare, tuttavia, che l’interruzione volontaria di gravidanza è legale in Italia dal 1978, grazie alla legge 194. Ma l’accesso all’aborto è spesso ostacolato dalla presenza significativa di medici obiettori di coscienza, che rifiutano di praticarlo per motivi religiosi o morali. Questo crea una disparità nell’accesso ai servizi, con alcune Regioni che offrono minori prestazioni rispetto ad altre. Una problematica che potrebbe acuirsi con l’autonomia differenziata, di cui si parla in questi giorni. La scuola e la sanità avranno una gestione prettamente regionale, che andrà ad aumentare il divario presente tra le storicamente distinte aree geografiche dello stivale.
Il presidente Macron ha espresso il suo “rammarico” ai giornalisti per la rimozione del riferimento ai diritti Lgbtqia+ dal comunicato finale del G7. “Non avete le stesse sensibilità nel vostro Paese”, ha detto Macron. “La Francia ha una visione dell’uguaglianza tra donne e uomini, ma non è una visione condivisa da tutto lo spettro politico”. La Francia è stata comunque il primo Paese al mondo a inserire il diritto all’aborto nella Costituzione, proteggendolo da eventuali attacchi della destra estrema. Sebbene Macron abbia sottolineato come il rapporto con Meloni non sia ostile, non c’è stato nessun bilaterale tra i due capi di governo a margine del summit. La premier italiana ha considerato il commento del presidente francese una semplice mossa da campagna elettorale.
La battaglia sui diritti, come quella intorno ai corpi, è prima di tutto una posta in gioco politica. Fratelli d’Italia, come il resto dell’estrema destra europea, critica da più di dieci anni la cosiddetta “teoria del gender” esprimendo ostilità all’espansione dei diritti della comunità Lgbtqia+. Dal 2022, da quando il partito meloniano è alla guida del governo, si vanno sviluppando politiche contro questa comunità, per esempio con la repressione della genitorialità per le coppie dello stesso sesso (il famoso “genitore1” e “genitore2”).
La situazione dei diritti di gay, bisessuali e trans in Italia è complessa e controversa. La legge riconosce le unioni civili tra persone dello stesso sesso, ma non permette loro di adottare bambini. Inoltre, non esiste una norma specifica contro l’omolesbotransfobia, nonostante i frequenti episodi di violenza e discriminazione segnalati nel Paese. In questo contesto, il fatto che il testo pugliese si limiti a “condannare fermamente tutte le violazioni e gli abusi dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali” risulta una dichiarazione prima di tutto ideologica. Appare chiaro l’uso strumentale di una frase vaga quanto basta per evitare di prendere una posizione netta a favore della comunità. Anche l’impegno “per raggiungere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne in tutta la loro diversità, attraverso una partecipazione piena, equa e significativa in tutte le sfere della società”, è il minimo sindacale per un vertice delle prime democrazie mondiali. Il presidente Biden ha scelto di mantenersi sul vago, non rispondendo alle domande dei giornalisti sull’interruzione volontaria di gravidanza, pur avendo sempre difeso la storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, che permette l’aborto negli Stati Uniti (vedi qui).
Tutto ciò avviene proprio nel mese del Pride: sabato 15, nella capitale, hanno sfilato decine di carri multicolori davanti a un milione di persone. “È l’ennesimo schiaffo del governo, dopo non aver votato la dichiarazione Lgbtqia+ in Europa e avere tentato in tutti i modi di ostacolare le famiglie arcobaleno”, attacca il portavoce di Roma Pride, Mario Colamarino. “Spero che gli altri Paesi si facciano sentire”.
Elly Schlein ha criticato la posizione di Meloni come una vergogna: “L’Italia dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano in un consesso internazionale come il G7, il governo dovrebbe promuovere l’immagine del Paese, restituendo a livello internazionale l’autorevolezza e il profilo che ha sempre avuto. E invece il governo Meloni si presenta davanti agli altri capi di Stato e di governo mettendo in discussione un diritto fondamentale delle donne come quello di scegliere sul proprio corpo”, ha detto la segretaria del Pd, per poi aggiungere: “Non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non difende i diritti di tutte le altre donne di questo Paese. Una vergogna nazionale, chiedano scusa al Paese”.