C’è un passaggio della relazione annuale del presidente dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione), Giuseppe Busia, che deve far riflettere: “Dal rapporto 2023 sulle attività della procura europea, l’Italia risulta il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio Ue stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata”. Leggendo la relazione di Busia, ci si interroga su un altro dato che le statistiche economiche recentemente ci hanno consegnato: l’Italia ha il triste record europeo del Paese dell’Unione con i salari più bassi. Rischia così di rimanere strangolata dalla tenaglia tra la povertà e la corruzione.
Mettiamo pure da parte la dimensione penale del fenomeno, anche perché molti della politica e dei media si esercitano in parallelismi con Mani pulite, per dire che la corruzione sarebbe un fenomeno residuale. In proposito, si interpella anche il pm per eccellenza di Mani pulite, Antonio Di Pietro. Ma la nostalgia, o la rievocazione del tempo terribile che fu, contribuisce a non far capire cosa stia succedendo in realtà.
Ieri c’era un sistema politico forte. Davanti alle segreterie, c’erano file di imprenditori che andavano a bussare per ottenere un appalto, un subappalto, insomma lavoro e capitali. E quel “mercato” degli affari aveva le sue regole e percentuali di corruzione. Anche i poteri criminali si sedevano al tavolo delle trattative. Oggi, invece, sono i politici che fanno la fila dagli imprenditori. Non ci sono più i partiti eredi di quelle formazioni nate alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, nello scorso millennio. Oggi sono le lobby, le cordate, i capi bastone che determinano le candidature dei singoli che hanno scelto l’ombrello sotto il quale sentirsi rappresentati.
Parlare di una dimensione localistica – quella di una certa modalità di campagna elettorale che pensavamo consegnata al passato, al prima della riforma elettorale che, nelle intenzioni, doveva impedire le cordate di preferenze riconoscibili, insomma il voto pilotato – non ha più senso, se inchieste giudiziarie, come quella recente in Puglia, ci raccontano di un mercato del voto a basso costo, appena cinquanta euro a voto. Dunque, oggi sono i politici che scroccano dagli imprenditori una gita sul panfilo, una vacanza in hotel a cinque stelle.
Il costo di questa corruzione degli straccioni è però altissimo. E la relazione dell’Autorità nazionale anticorruzione ci invita a riflettere, interpretando il problema non in termini di costo economico, o morale se volete, ma per le conseguenze che comporta. “Sono vittime della corruzione le donne e gli uomini sepolti sotto le macerie di infrastrutture ed edifici costruiti con la sabbia e non il cemento. I lavoratori schiacciati o soffocati in cantieri perché chi avrebbe dovuto vigilare sulla loro sicurezza non lo ha fatto”. E ancora gli utenti di una sanità senza qualità, con attrezzature scadenti. Tutto questo porta “le imprese sane a fallire per un mercato poco trasparente”. È insomma la miseria civile la principale conseguenza di un mercato truccato e della corruzione sistemica.