Cosa pensa il mio gatto che mi osserva mentre lo guardo? Era quello che si chiedeva Montaigne, anticipando la dinamica interattiva in cui soggetti e oggetti si scambiano di ruolo. Oggi sappiamo la risposta, grazie alle nuove soluzioni lanciate da ChatGPT. In due giorni è cambiato il mondo digitale. Nel giro di quarantott’ore, abbiamo visto cosa ci aspetta nei prossimi tempi: una guerra permanente dei proprietari di sistemi tecnologici per conquistare la nostra mente. Con qualcosa che riduce lo spazio di ogni reazione riflessiva e critica. Prima OpenAI, l’azienda produttrice di ChatGPT, e poi Google, si sono sfidate attraverso una nuova serie di soluzioni, che hanno fatto invecchiare improvvisamente quanto appena ieri ritenevamo la fantascienza del momento.
La nuova versione dell’intelligenza artificiale di OpenAi si chiama ChatGPT4o, dove la “o” sta per “omni”, ogni cosa, a indicare l’ambizione del nuovo prodotto: usare cioè ogni tipo di simbolo, testuale, sonoro, visivo o iconografico, per ricevere informazioni e per renderle a sua volta. Un sistema che mira ad assorbire input traducendoli in output, con la stessa velocità con cui scorre una conversazione fra esseri umani, con tempi di latenza che sono le pause che intervallano le diverse battute in un dialogo, inferiori a 320 millisecondi.
In questo modo, viene sfondato il limite del famoso test di Turing, con cui – spiegava il leggendario scienziato inglese – si sarebbe scambiata per umana una macchina. Ma il dato più eclatante del sistema riguarda quello che potremmo definire, appunto, l’aforisma di Montaigne: la capacità di decifrare le nostre emozioni guardandoci.
ChatGPT4o è ora in grado di decifrare le nostre intime emozioni, leggendo l’espressione del nostro volto, in modo da poterci rispondere nella maniera più adeguata. In cambio dell’efficienza della risposta, ovviamente, il sistema accumula una quantità inaudita di dati sensibili, il che lo rende un vero psicoanalista permanente della nostra personalità. Sono dati che poi vengono utilizzati dai proprietari del dispositivo per quelle elaborazioni specifiche che traducono i servizi del sistema in poderosi fatturati. Immaginiamo, infatti, in una vigilia elettorale cosa possa rappresentare l’accesso ai dati emotivi di intere comunità di elettori; oppure, per il marketing di un’impresa, cosa possa valere la mappa emotiva dei propri clienti. Velocità di reazione e capacità di interpretazione emotiva sono i due elementi che fanno del prodotto una svolta.
Google, qualche ora dopo, ha risposto con l’aggiornamento di Gemini, la propria intelligenza artificiale integrata al motore di ricerca più diffuso e potente del pianeta. Anche qui, una funzione innovativa destinata a mutare la nostra crescita culturale. Il nuovo Gemini, infatti, è programmato per lavorare sul riepilogo di intere categorie di contenuti, sintetizzandone il senso e il contenuto. Siamo a un passaggio che richiama una vecchia attività tipica dell’ambizione del sistema americano. Si pensi a una pubblicazione, che furoreggiava negli strati più popolari, nei primi decenni del dopoguerra e nel pieno della guerra fredda, il “Reader’s Digest”, un mensile edito in una varietà infinita di lingue, che gli statunitensi distribuivano generosamente in tutto il mondo, con il decisivo contributo della Cia. La testata selezionava ogni mese, e riassumeva, testi e pubblicazioni di diverso genere: dalla letteratura di un dato Paese alla stampa di attualità, sostituendo così l’accesso agli originali. Non sfuggirà come quell’attività influisse sul senso comune dei vari Paesi, adattandone e addomesticandone la produzione letteraria e giornalistica agli interessi del fronte occidentale.
Oggi Google rilancia una funzione che moltiplica, esponenzialmente, la potenza di adattamento della nostra sensibilità ai contenuti trasmessi, con una funzione che di fatto riscrive i testi in base a input nient’affatto trasparenti. Tanto più che siamo nel pieno di un flusso di cultura veloce, in cui sono azzerati i tempi di riflessione e rielaborazione. In questo scenario, la sintesi di un’opera si sovrappone completamente all’originale, e viene proposta già in una versione tale da essere utilizzata per le attività professionali di ciascun individuo.
Negli anni Novanta, Paul Virilio, filosofo della dromologia, in un testo intitolato La bomba atomica, aveva ragionato su come la velocità di comunicazione comportasse una militarizzazione della cultura, arrivando alla conclusione, parafrasando McLuhan, che ormai la velocità in quanto tale è il messaggio. Torniamo così alla domanda che si pone Alice quando arriva nel “paese delle meraviglie”: chi comanda? Chi sta conducendo questo gioco globale e con quali fini? Come contrapporsi a questa strategia di persuasione? Sono i nodi di una teoria e di una prassi che la sinistra dovrebbe aggredire se vuole davvero entrare in questo secolo, senza rassegnarsi alla residualità cui pare condannata. In gioco, per tornare alla metafora di Montaigne, non c’è solo cosa pensa il gatto guardandoci, ma l’idea stessa che l’uomo possa distinguere un gatto vero da uno falso.