Poche ore ancora al 25 aprile, l’anniversario della Liberazione, della lotta vittoriosa contro il fascismo e il nazismo. Ma quest’anno il 25 aprile assumerà un significato diverso. Il “campo largo”, che è o che fu – dal Pd all’Alleanza verdi-sinistra, ai 5 Stelle –, evoca oggi il pericolo che prendano il sopravvento le pulsioni fasciste del governo Meloni. E la vicenda della censura Rai al monologo sul 25 aprile dello scrittore Antonio Scurati, ne sarebbe la conferma. Ma si parla del rischio fascismo mentre a sinistra si rimuove la crisi sempre più accentuata che prosciuga l’opposizione. Si parla di antifascismo per evitare di fare i conti con la guerra, anzi con la pace. In Ucraina e in Palestina.
Tredici mesi e rotti e la speranza che la nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, potesse rianimare un partito condannato a un lento e inesorabile declino, si va a infrangere contro gli ultimi risultati elettorali delle regionali in Basilicata. Un disastro che colpisce anche i 5 Stelle di Giuseppe Conte, fieramente arroccati su una linea di chiusura, contro contaminazioni e possibili alleanze elettorali. Non è vero che siamo alla riproposizione di una nuova Mani Pulite, dopo le inchieste giudiziarie che – da Torino a Bari e alla Sicilia – ci raccontano del degrado della politica. Semmai, siamo alla conferma dello sbriciolamento del sistema dei partiti (anche la Lega di Matteo Salvini è moribonda) e all’affermarsi di clan affaristico-elettorali.
Era il 2 maggio del 2022, governo (premier Mario Draghi) e opposizione tifavano per la guerra, a tre mesi dalla invasione russa dell’Ucraina. Si votavano invio di armi e munizioni a Kiev, mentre a Roma, in un teatro ai confini con il Vaticano, Michele Santoro, con un gruppo di intellettuali e di persone del mondo dello spettacolo, ruppe il muro di ipocrisie denunciando “Pace proibita”. Era arrivato il tempo della guerra, e si costruivano liste di proscrizione contro chi chiedeva un tavolo negoziale per giungere a una tregua.
Oggi i 5 Stelle, dimenticando il loro sostegno nel parlamento italiano e a Bruxelles agli aiuti militari a Kiev, hanno aggiunto nel loro simbolo elettorale la parola “pace”. La sinistra “parolaia” si indigna per i massacri degli israeliani contro il popolo palestinese a Gaza e anche nei territori occupati. Eppure all’indignazione dovrebbero seguire i fatti, e invece nulla, non accade nulla. Anche il nostro Paese, dopo gli Stati Uniti e la Germania, continua ad armare Netanyahu.
La politica rischia così di suicidarsi. Inesorabilmente, metà, anzi oltre la metà degli elettori non va più a votare, come dimostrano anche le urne mezze vuote di domenica e lunedì scorsi in Basilicata. Sette settimane al voto per le europee. È sulla pace che si costruisce il nostro futuro. Il futuro di una Europa non più serva dello strapotere degli Stati Uniti, ma protagonista nello scacchiere geopolitico mondiale.