L’Unione europea ha operato una vistosa marcia indietro sul Green Deal nel settore agricolo, accogliendo gran parte delle richieste della rumorosa protesta dei trattori, cancellando o annacquando norme e obblighi per la protezione dell’ambiente e della biodiversità, che erano stati introdotti nella nuova Politica agricola comune (Pac) per il periodo 2023-2027, come condizione per accedere alle sovvenzioni comunitarie. Il Consiglio Ue ha infatti approvato, il 26 marzo, la revisione mirata (definita “semplificazione”) di una lunga serie di disposizioni della Pac, entrata in vigore poco più di un anno fa, all’inizio del 2023. Contestualmente, il 26 marzo, il Comitato speciale Agricoltura del Consiglio Ue ha approvato diverse modifiche degli standard sulle “buone condizioni agronomiche e ambientali” (Bcaa), che costituiscono lo strumento principale della cosiddetta “eco-condizionalità” della Pac.
Tutte queste modifiche erano state proposte dalla Commissione europea solo pochi giorni prima, il 15 marzo, sotto la pressione del movimento di protesta degli agricoltori, in pieno clima elettorale per il voto europeo di giugno. Su nove standard di “buone condizioni agronomiche e ambientali”, dal cui rispetto dipendevano finora i pagamenti della Pac agli agricoltori, solo tre (indicati con i numeri 2, 3 e 4) sono rimasti invariati: gli obblighi di protezione minima per le zone umide e le torbiere, il divieto di bruciare le stoppie dei seminativi, e il mantenimento di fasce tampone lungo i corsi d’acqua.
Tra le molte esenzioni specifiche introdotte riguardo agli standard Bcaa, viene innanzitutto abolito, come chiedeva a gran voce la protesta degli agricoltori, l’obbligo di mantenere una superficie a riposo, non produttiva, pari ad almeno il 4% dell’area coltivabile per ogni azienda agricola (Bcaa 8). Gli agricoltori avranno ancora l’obbligo di mantenere gli elementi caratteristici del paesaggio esistenti. Saranno tuttavia incentivati, su base volontaria, a mantenere i terreni a riposo o a creare nuovi elementi caratteristici del paesaggio attraverso regimi ecologici. Resta il divieto di tagliare siepi e alberi nella stagione della riproduzione e della nidificazione degli uccelli. Riguardo all’obbligo di copertura minima dei suoli in periodi sensibili (Bcaa 6), gli Stati membri disporranno di maggiore flessibilità per decidere quali suoli proteggere e in quale stagione, in funzione delle specificità nazionali e regionali. Infine, invece di applicare l’obbligo di rotazione delle colture per i seminativi (Bcaa 7), gli Stati membri potranno ricorrere alla diversificazione delle colture: un’alternativa meno onerosa per gli agricoltori, specie in zone soggette a siccità o a forti precipitazioni. Una nuova disposizione generale consentirà agli Stati membri di concedere deroghe temporanee e mirate a certi requisiti di condizionalità, in caso di fenomeni climatici imprevisti che impediscano agli agricoltori di rispettarli. Una volta all’anno, gli Stati membri dovranno informare la Commissione in merito a queste deroghe. Più in generale, verranno eliminati i controlli da parte degli Stati membri (e le sanzioni da infliggere in caso di violazione) del rispetto dei requisiti di condizionalità ambientale per le aziende agricole con superficie coltivata inferiore ai dieci ettari. L’abolizione delle multe sarà retroattiva, potendo applicarsi a partire dall’inizio del 2024.
La Commissione giustifica questa vera e propria deregolamentazione con due argomenti che, a suo dire, dimostrerebbero come gli obiettivi ambientali potranno comunque essere raggiunti: in primo luogo, se le aziende inferiori ai dieci ettari sono il 65% di quelle attive nell’Unione, la superficie agricola che coprono è pari ad appena il 10% il totale. Gli obblighi ambientali, dunque, continueranno ad applicarsi al 90% delle aree coltivate, assicura la Commissione. In secondo luogo, questa modifica viene presentata come un meccanismo che, soprattutto, semplificherà le procedure burocratiche per gli Stati membri: l’applicazione delle sanzioni alle aziende sotto i dieci ettari, generalmente basse, viene descritta come un possibile “onere sproporzionato” per le amministrazioni degli Stati membri.
Questa grande flessibilità da parte della Commissione europea viene poi applicata anche alla gestione dei “piani strategici” nazionali della Pac, che ogni Stato membro è tenuto a presentare e attuare: i piani potranno essere modificati due volte all’anno (invece di una sola come era previsto finora), più altre tre volte nell’intero periodo di programmazione, com’era già possibile fare con le regole vigenti. Un’ulteriore semplificazione per gli Stati membri sta nell’abolizione dell’obbligo di adattare i piani strategici nazionali alle nuove normative ambientali europee che verranno introdotte dopo il 2025.
Al termine del Consiglio Ue del 26 marzo, il commissario europeo all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, si è detto certo che gli obiettivi ambientali fissati con la “eco-condizionalità” saranno comunque raggiunti, sostituendo molti degli obblighi che prevedeva finora con misure volontarie, accompagnate da incentivi economici per coloro che decidono di attuarli. La revisione della Pac, approvata dal Consiglio Ue, dovrà ora essere discussa dalla plenaria del parlamento europeo, probabilmente nella plenaria di Strasburgo del 22 aprile, l’ultima prima delle elezioni di giugno.
Altre due misure, che rispondono alle richieste del movimento di protesta degli agricoltori, sono state annunciate, ma non ancora presentate in dettaglio, e riguardano le “pari condizioni”da applicare alle importazioni alimentari dai Paesi terzi, e soprattutto il monitoraggio dei prezzi agricoli, per garantire una giusta remunerazione ai produttori oggi spesso costretti a vendere sottocosto alle grandi imprese della trasformazione e della distribuzione, mentre continuano ad aumentare i prezzi al consumo. L’obiettivo, in questo caso, è quello di garantire agli agricoltori una giusta remunerazione, controllando che i prezzi pagati dall’industria e dalla distribuzione non scendano mai al di sotto dei costi di produzione, e che anzi vi sia un margine accettabile per i produttori. L’idea non è certo quella di arrivare a dei prezzi imposti o regolati (lo ha detto esplicitamente lo stesso commissario Wojciechowski), ma quella di individuare e colpire, con un “osservatorio dei prezzi”, le pratiche commerciali sleali e gli abusi di posizione dominante da parte delle grandi imprese nel mercato interno.
Per quanto riguarda il commercio estero, l’ipotesi potrebbe essere quella di imporre dei dazi compensativi alle importazioni da Paesi terzi in cui gli agricoltori non sono sottoposti a norme ambientali equivalenti a quelle in vigore nell’Unione. Si tratta di un concetto che è già stato applicato dall’Unione con il cosiddetto Carbon Border Adjustment Mechanism (i “dazi climatici” alle importazioni), per quanto riguarda gli obblighi di riduzione delle emissioni imposti nei settori dell’industria (cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti) e dell’energia elettrica. Ma nel caso delle importazioni agroalimentari il lavoro è ancora tutto da fare, e si possono prevedere grosse difficoltà di applicazione, pressioni contrarie molto forti nello stesso settore agroalimentare europeo, e accuse di protezionismo all’Unione da parte dei Paesi terzi esportatori.
Al di là della revisione della Pac, i Ventisette hanno dato via libera anche alle nuove misure di salvaguardia (“misure commerciali autonome”) da attivare in caso di improvvisi aumenti delle importazioni agricole di determinati prodotti dall’Ucraina, al di là dei volumi medi registrati dalla seconda metà del 2021 fino alla fine del 2023. Le nuove misure, che rispondono a un’altra richiesta degli agricoltori, in particolare di quelli dei Paesi dell’Est Europa, sono state approvate il 27 marzo a maggioranza qualificata dai rappresentanti permanenti degli Stati membri presso la Ue (Coreper). Hanno votato contro solo Ungheria e Slovacchia, con l’astensione della Bulgaria. La proposta originaria della Commissione europea prevedeva di confermare, fino a giugno 2025, il regime a dazi zero (adottato nel giugno 2022) per le importazioni agricole dall’Ucraina, ma aggiungendo un “freno di emergenza” per i prodotti più “sensibili”, come uova, zucchero e pollame. La Commissione aveva proposto l’attivazione automatica del meccanismo di salvaguardia, che consiste nella reimposizione dei vecchi dazi esistenti prima dell’invasione russa, in caso di superamento dei volumi medi delle importazioni che erano stati registrati per questi prodotti negli anni 2022-23. Un accordo provvisorio, raggiunto il 20 marzo dal Consiglio Ue, con il parlamento europeo aveva aggiunto altri quattro prodotti alla lista delle importazioni “sensibili” dall’Ucraina (miele, mais, avena e semole), e accorciato da ventuno a quattordici giorni il tempo di reintroduzione dei dazi in caso di superamento delle soglie. In più, veniva richiesto alla Commissione di impegnarsi a monitorare anche le importazioni di grano e altri cereali, per individuare eventuali perturbazioni sul mercato, anche di un solo Paese membro, e proporre eventualmente dei rimedi. Questi termini dell’accordo provvisorio erano stati contestati, tuttavia, come insufficienti nei giorni successivi da diversi Paesi (Polonia, Ungheria e Slovacchia), mentre Francia, Ungheria e Lettonia avevano chiesto di aggiungere anche i cereali (grano e orzo) nella lista delle importazioni “sensibili”. La Francia, inoltre, aveva chiesto di calcolare i volumi medi delle importazioni tenendo conto anche del 2021, l’anno precedente alla guerra: ciò che avrebbe abbassato sensibilmente la soglia di attivazione del freno di emergenza.
La presidenza di turno belga del Consiglio Ue, alla fine, ha proposto, il 27 marzo, un compromesso che veniva parzialmente incontro alla Francia, estendendo alla seconda metà del 2021 la base per calcolare i volumi normali delle importazioni dall’Ucraina, ma lasciando il grano e gli altri cereali fuori dalla lista delle importazioni “sensibili” (rimane comunque il monitoraggio, da parte della Commissione, anche per i semi oleosi). Siccome l’accordo provvisorio con il parlamento europeo del 20 marzo è stato modificato dal nuovo compromesso, l’Assemblea di Strasburgo dovrà ora approvare il testo con una nuova lettura entro la fine di aprile, quando avrà inizio la pausa pre-elettorale, per garantire l’entrata in vigore delle nuove misure sulle importazioni agricole dall’Ucraina subito dopo la scadenza di quelle attuali, il 6 giugno prossimo.