È sempre guerra ibrida, come aveva teorizzato già nel 2013 Valery Gerasimov, oggi capo di stato maggiore russo, in un saggio che fu alla base di Cambridge Analytica, il fenomeno di infiltrazione nelle elezioni presidenziali americane che portarono Trump alla Casa Bianca. Ora si può registrare come tornino a operare, nel nostro Paese, i guastatori collegati con quella esperienza. Nugoli di bot si sono infatti ridestati come d’incanto, per sostenere la tesi del Cremlino sul coinvolgimento ucraino nell’attentato di Mosca.
Lo ha monitorato un ricercatore italiano che lavora a Barcellona, Matteo Pugliese, che ha scritto un circostanziato report su “Foreign Policy” (vedi qui). Con un intreccio tra la diffusione di manomissioni plateali da parte di testate che sono strutturalmente nei ranghi della propaganda di Putin, come “Il Corrispondente”, e di infiniti rivoli di comunicazioni che raggiungono individualmente decine di migliaia di utenti italiani, prodotti da batterie di bot automatici, si sta realizzando, proprio in questi giorni, una gigantesca bolla di fake news orientate a contestare ogni evidenza di quanto sta avvenendo in Russia.
Nulla di nuovo sul fronte orientale, verrebbe da dire. È da anni che si leva questo fuoco di copertura, ogni volta che Mosca si trova al centro di eventi. Questa volta – dopo un sanguinoso attentato che sembra riconducibile a una delle costole dell’estremismo islamico, attiva da tempo nelle regioni centro-asiatiche della federazione russa – gli hacker del noto battaglione di San Pietroburgo hanno subito cominciato a ribaltare la tragica circostanza per attaccare Kiev, e in particolare per interferire nell’opinione dei Paesi occidentali alle prese con la decisione di inviare nuovi aiuti all’Ucraina.
Il punto che la ricerca di Pugliese può aiutare a illuminare riguarda la persistenza di questa strategia di inquinamento dei pozzi e di sistematica manomissione delle informazioni, in vista della prossima campagna elettorale. Pugliese parla di varie centinaia di bot, di dispositivi di produzione online di testi, allestiti da gruppi tutti riconducibili alla galassia filorussa, che operano metodicamente nel sistema digitale italiano, con diversi livelli di intensità. Nei giorni scorsi, secondo Pugliese, si è constatato come questa massa di organismi digitali automatici – che sparano post sui diversi social, tarandoli sui linguaggi e sulle preferenze di centinaia di migliaia di utenti preventivamente profilati, secondo la metodologia di Cambridge Analytica – sia stata attivata simultaneamente. In pochi minuti, i principali social, da Facebook all’ex Twitter, a Telegram, sono stati allagati con la riproduzione di filmati del tutto taroccati e comunicati farlocchi, che miravano ad accreditare un’inesistente connessione, al momento, fra i terroristi di Mosca e le forze ucraine.
Ora, il tema che dovremmo affrontare riguarda come questo arsenale di sistemi che, per il volume di fuoco che è in grado di scatenare può alterare il senso comune delle conversazioni in rete, operi anche in un regime di quiete. Infatti l’opinione pubblica italiana è già stata manipolata negli anni precedenti: pensiamo al sorprendente risultato elettorale del 2018, che ribaltò, in diversi collegi contendibili, previsioni e risultati, facendo raggiungere a Lega e 5 Stelle quote in seguito mai più toccate; o ancora a quanto è accaduto nelle ultime elezioni politiche, con la performance delle liste di Fratelli d’Italia. Non stiamo dicendo che si tratti di un’unica truffa elettorale, in cui vengono ribaltati i dati reali, ma, esattamente com’è accaduto negli Stati Uniti, ci riferiamo a tendenze e comportamenti che, sulla base di una predisposizione di base, vengono estesi e rafforzati da una meticolosa azione di pressione sui profili più esposti, quali quelli di elettori incerti o di confine con l’area dell’astensione. Dobbiamo concretamente capire, al di là di quello che appare nella rete trasparente, come documentato dalle ricerche di Pugliese, se vi siano azioni riservate e clandestine che si realizzano nel cosiddetto deep net, nella rete profonda, che sfugge a ogni controllo, e dove sono gestibili operazioni nominative, dirette, in maniera individualizzata, a una pluralità di elettori mirati con una surrettizia e illegale azione di scannerizzazione dei dati personali.
Si tratta di un’attività tecnicamente possibile? Siamo nell’ambito di soluzioni già sperimentate? Ci sono ambiti, nel campo del marketing o della sorveglianza da parte di apparati di sicurezza, che adottano queste tecniche? Se la risposta è largamente affermativa, allora dobbiamo chiederci come siano recintabili e neutralizzabili questi fenomeni di manipolazione di massa mediante attività granulari, che raggiungono, in modo riservato, un’infinità di individui, ognuno all’insaputa dell’altro.
In questa prospettiva, vanno non solo mobilitate le istituzioni di garanzia (pensiamo alle autority della comunicazione e della privacy), ma si deve anche mettere in gioco una diversa cultura della militanza e una nuova idea di partito, che non prescindano più da saperi e competenze che riclassifichino le categorie del consenso e le forme di organizzazione degli interessi sociali. Siamo dinanzi, ormai, non solo alle forme più estreme del “capitalismo della sorveglianza”, ma a una vera informatica del dominio che richiede una decisa azione di contrasto e riprogrammazione di queste tecniche sociali.