Finisce uno a uno, la prima tornata delle regionali, in cui sono stati eletti i presidenti della Sardegna e dell’Abruzzo: rispettivamente, Alessandra Todde, candidata dei 5 Stelle, sostenuta dal Pd e dall’Alleanza verdi-sinistra, contro il candidato della destra Paolo Truzzo, e Marco Marsilio, presidente uscente della destra, riconfermato con il 53,5% contro l’esponente del “campo largo”, Luciano D’Amico, che ha conseguito il 46,5% dei consensi, a fronte di un’affluenza del 53,2 % (0,91% in meno rispetto alle precedenti elezioni del 2019). In Abruzzo, il risultato dei due principali partiti politici del Paese è stato meno soddisfacente per Fratelli d’Italia, il partito del vincitore (proveniente, tanto per cambiare, dalla “fucina” del neofascismo romano), che ha conseguito il 24% dei consensi, quindi una quota di voti più bassa di quella che gli viene attribuita dai sondaggi nazionali; mentre il Partito democratico, con il 20%, ha confermato la tendenza attuale. Terza arrivata Forza Italia, che conquista il 13,2%, mentre la Lega si ferma al 7,6%. Il Movimento 5 Stelle è al 7%, dietro anche ad Abruzzo insieme (7,6%), l’Alleanza verdi-sinistra, con Abruzzo progressista e solidale, ha il 3,5%, e Riformisti e civici hanno il 2,8%.
Sono dati completamente diversi rispetto alle precedenti elezioni regionali del febbraio 2019, quando la Lega, con il 27,5% dei voti, aveva preso più voti di tutti, seguita dal Movimento 5 Stelle, con il 19,7% e dal Pd con l’11,1%, che avevano però sostenuto due candidati diversi. Fratelli d’Italia, che aveva appena iniziato la sua crescita, si fermò allora al 6,5%. In valori assoluti, il partito di Meloni ha dunque più che triplicato i voti; ma, da allora, la situazione dei partiti è del tutto cambiata, e dunque ogni confronto lascia il tempo che trova.
“Mai negli ultimi trent’anni un presidente era stato riconfermato: è stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro. Abbiamo chiesto altri cinque anni per continuare a crescere, per completare un’opera di rilancio, ricostruzione e valorizzazione che stiamo mettendo in campo”, sono state le parole di Marsilio al suo comitato elettorale, che festeggiava la vittoria durante la notte. Delusione, invece, per l’ex rettore dell’Università di Teramo: “Non è andata – ha detto D’Amico – ma ho dato il massimo”. Lo sfidante di Marsilio, fino a pochi giorni fa, aveva ostentato, come i partiti che lo sostenevano, un ottimismo motivato da un recupero secondo le previsioni, poi smentito dai fatti. A penalizzarlo, forse anche la bassa affluenza al voto. È del tutto evidente, però, che non avrebbe alcun senso arrivare a qualche anche minima conclusione da riportare a livello nazionale, esercizio che non andrebbe mai fatto, ma che in Italia sembra essere ormai una prassi.
Vedremo nelle prossime europee, quando il voto sarà nazionale, la reale consistenza dei partiti, e potremo anche misurare la forza delle rispettive coalizioni. Per il momento ribadiamo quanto già scritto. In Sardegna, un’alleanza di sinistra nei suoi termini più naturali – Pd, 5 Stelle e Avs – si è affermata a fatica solo per la sciagurata scelta di Soru di presentarsi per conto proprio: dunque il bilancio finale è stato positivo. In Abruzzo, invece, il “campo largo” o “larghissimo”, che in un primo momento sembrava poter funzionare, si è rivelato un fallimento; ma non è affatto detto che un’alleanza come quella sarda avrebbe portato a un risultato diverso.
L’unica cosa positiva è l’ottimo risultato del Pd, che per ora mette a tacere il “fuoco amico” contro la segretaria. Per la destra, invece, è una festa – anche se la Lega ha poco da brindare visto il risultato deludente, che equivale a una ulteriore precarizzazione della leadership salviniana. Non ci resta che aspettare. Per quanto riguarda ancora le regionali, le prossime saranno quelle lucane – 21 e 22 aprile –, dove si sta lavorando per trovare un unico candidato sia a sinistra sia a destra. Per lo schieramento progressista, è in ballo Angelo Chiorazzo, dirigente delle cooperative bianche, ma anche l’“azionista” Marcello Pittella, mentre per la destra dovrebbe prevalere il forzitaliota presidente uscente, Vito Bardi. Situazione peggiore in Piemonte – 8 e 9 giugno, in concomitanza con le europee – dove i vecchi attriti tra il Pd e i 5 Stelle rendono complicata l’individuazione di un candidato unico. Il Nazareno al momento ne ha due: il consigliere regionale Daniele Valle, molto vicino al sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e al presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, e la vicepresidente del Pd, Chiara Gribaudo, vicinissima a Schlein, la quale ha il compito di ricucire con i 5 Stelle per arrivare a una candidatura unitaria che affronti l’uscente Alberto Cirio, candidato della destra. In Umbria, ex “regione rossa” che la sinistra deve assolutamente riconquistare, regna il caos. Per l’appuntamento autunnale, alla presidente uscente – la leghista Donatella Tesei, la cui ricandidatura è in discussione – non è ancora chiaro chi si contrapporrà. Pd, 5 Stelle e Alleanza verdi-sinistra sono per ora impegnati a porre uno stop ad alcuni sindaci dem, pronti a un qualche accordo con l’inquietante primo cittadino di Terni, Stefano Bandecchi. Della serie “la fantasia al potere”.