(Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2024)
Segretario, cominciamo dall’ultima tragedia del lavoro. Avete capito qualcosa di più sulla dinamica del crollo di Firenze? I giornali parlano anche di lavoratori non registrati. Siamo ai sub-subappalti sommersi e all’utilizzo del lavoro nero?
È ancora presto per avere un quadro chiaro e completo. Aspettiamo i risultati dell’inchiesta della magistratura, intanto però stiamo indagando anche noi su quello che è successo. Il quadro che emerge è molto preoccupante, perché siamo di fronte a un pulviscolo indistinto di aziende. La Aep (Attività edilizie pavesi), ha infatti affidato a circa quarantatré imprese la realizzazione del cantiere per la costruzione del centro Esselunga di Firenze. Stiamo parlando di piccole e piccolissime imprese, in qualche caso composte solo da una persona. Il foglio di cantiere, dove dovrebbero essere registrate le imprese subappaltatrici – se c’è –, è rimasto sotto le macerie. Quindi vedremo che cosa si riuscirà a sapere. Sappiamo per certo, tuttavia, che l’impresa appaltatrice era in ritardo con la consegna, e probabilmente ha dato indicazione di accelerare i lavori. Dentro quel cantiere c’erano comunque decine di soggetti giuridici, adesso aspettiamo la magistratura. Potremmo comunque trovarci di fronte non solo a casi di dumping contrattuale rispetto al contratto nazionale dell’edilizia, ma anche a vere e proprie forme di illegalità e di utilizzo del lavoro nero. Al di là della questione contrattuale, è la logica del ribasso permanente quella che porta a sfruttare i lavoratori e a rendere sempre più frammentato il ciclo produttivo.
Il ministro Salvini ha accusato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, di speculare ideologicamente sulle notizie tragiche a proposito del Codice appalti. Ma non dovrebbe essere evidente il fatto che l’aumento delle morti sul lavoro, in particolare nei cantieri edili, sia dovuto soprattutto al dilagare del subappalto e quindi alle coperture di responsabilità?
Il ministro Salvini ha voluto speculare sostenendo la tesi che il Codice appalti si applica solo al pubblico, e quindi con il cantiere di Firenze non c’entra nulla. Ma anche il ministro, a parte la propaganda, sa bene che le dichiarazioni di Landini si riferivano all’estrema frammentazione del lavoro, e proprio alla mancata applicazione delle regole del Codice nel privato. Salvini dovrebbe proprio tacere: è questo governo che ha introdotto i subappalti selvaggi e senza limiti, tipici degli appalti privati, nei lavori pubblici. Fino a luglio 2023 (quando è entrato in vigore il nuovo Codice appalti pubblici, il dlgs. 36/2023), in Italia, negli appalti pubblici, era vietato subappaltare oltre il primo livello. Quello che ha detto il segretario generale della Cgil, affermazioni che condivido totalmente, riguarda il trionfo della logica del profitto, delle gare al ribasso, della compressione dei costi della manodopera, della sicurezza e dei mancati controlli. Si evadono le responsabilità e nessuno sa veramente chi entra e chi esce dai cantieri. Non ci si domanda come mai il prezzo proposto sia così basso, l’importante è che sia basso per risparmiare. Come mai l’Esselunga, che è un’azienda seria e importante, non si è domandata come mai i prezzi del preventivo erano così bassi? Non si è domandata chi entrava e usciva da quel cantiere, se tutti i lavoratori erano regolati, formati, con il Ccnl, il contratto nazionale di lavoro, applicato corretto, cioè quello edile, e che orari facessero? Come mai non ci si è posti delle domande sulla qualità dei prodotti usati per realizzare il manufatto? Com’è stato possibile che un architrave di più di trecento metri sia potuto venire giù in quel modo accartocciandosi su stesso? E poi, gli ispettori lo hanno mai visitato quel cantiere? Questo è il sistema che Landini ha denunciato. Noi sappiamo che in media gli ispettori del ministero visitano un cantiere ogni sette anni, secondo la Fp, il sindacato della funzione pubblica Cgil, ogni undici. Purtroppo però sappiamo anche che la vita media di un’azienda edile è di circa cinque anni. E questo vuol dire che ci sono centinaia di imprese che non verranno mai controllate.
Avete proposto di estendere gli articoli 41 e 119 del Codice appalti pubblici a tutti gli appalti privati. Perché?
L’articolo 41 e l’articolo 119 del Codice dicono che si deve applicare per i lavori edili che rientrano nell’allegato X, del decreto ’81/2008, ovvero il Testo unico sulla sicurezza, il contratto dell’edilizia, e che non ci può essere ribasso dei costi della sicurezza e della manodopera lungo tutta la filiera, e ci deve essere parità di trattamento economico e normativo anche con l’applicazione dello stesso contratto tra lavoratori in appalto e lavoratori in subappalto. E poi ci deve essere il “settimanale di cantiere” e l’autorizzazione preventiva del committente al subappalto, e che comunque non può essere subappaltato più della metà del valore complessivo dell’opera. Questi articoli 41 e 119 non si è riusciti a stravolgerli da parte del governo Meloni, perché erano chiarissimi i principi di delega presenti nella legge 78/2022 (il dlgs. 36/2023 è il decreto attuativo della legge delega, ndr). Principi che furono condivisi tra governo, parlamento e organizzazioni sindacali al tempo del governo Draghi, anche grazie al ruolo svolto dalla relatrice della legge, l’onorevole Braga, e dal ministro del Lavoro dell’epoca, Andrea Orlando. Per questo noi, da una parte, ci battiamo contro il subappalto a cascata nel privato, e ora anche nel pubblico, ma, dall’altra, chiediamo l’estensione dei due articoli sopra indicati al privato. Potremmo disboscare così almeno la metà della giungla dei subappalti e appalti privati.
Nei cantieri edili dov’è che si risparmia?
Ovviamente sui costi manodopera (un terzo del totale mediamente), sulla sicurezza (che vale il 10 per cento) e sui costi del materiale: acciaio “scamuffo”, il calcestruzzo che magari si allunga con la sabbia, la qualità del ferro con cui si arma il cemento… insomma, la qualità dei materiali… e poi si risparmia sul lavoro con gli operai cottimisti e con la miriade di ditte individuali (partita Iva, ecc.), risparmiando su contribuiti, formazione, iscrizione alla Cassa edile.
Quindi la vostra è una sfida, prima di tutto, al governo sia sul decreto sia sul badge elettronico?
Sfidiamo la premier Meloni a fare un decreto che porti le tutele degli articoli 41 e 119 del Codice degli appalti pubblici anche nei cantieri privati. E invitiamo tutti i partiti a votarlo. Il governo, invece, non solo non vuole il badge elettronico per operai edili nei cantieri non in appalto e subappalto, ma vuole addirittura abolire il cartellino di riconoscimento cartaceo, sostenendo che questo alleggerirebbe la burocrazia. Per noi non solo non va cancellato, ma andrebbe esteso. E, come nelle grandi opere, dovrebbe essere elettronico, con un chip per rilevare l’orario e la presenza georeferenziata in cantiere. Così da sapere quante ore lavora un addetto e ricostruire gli spostamenti nel cantiere. Con l’obbligo della formazione e dei rappresentanti territoriali della sicurezza, non avremmo avuto squadre di cottimisti e di ditte individuali. Il badge era nato per la necessità di geolocalizzare i lavori impegnati in grandi scavi e in caso di incidenti (per individuare magari il luogo dov’è caduto il lavoratore ferito), e oggi può essere usato anche con l’intelligenza artificiale per dialogare con le macchine in cantiere, mettendole in sicurezza (come già succede con le nostre automobili private). Si può fare: costano solo 35 centesimi l’uno. Per fare più profitti in tempi brevi, e risparmiare sui costi di manodopera, sicurezza e materiale, si continua invece a far morire gli operai. Una volta i minatori usavano dire che ogni cinque chilometri di un tunnel scavato ci sarebbe stato un morto. Oggi gli edili dicono che ogni dieci palazzi ci sarà un morto. Ma cambiare si può, come abbiamo verificato con il Protocollo per il Giubileo, firmato dalle imprese e dai sindacati col sindaco Gualtieri: no al massimo ribasso, no al subappalto a cascata, sì agli stessi diritti per tutti i lavoratori.
Molti degli edili impiegati nei cantieri sono immigrati dal Nord Africa e dai Paesi dell’Est. Quanto pesa la manodopera straniera?
La manodopera immigrata in edilizia rappresenta ormai il 35-40% del totale degli addetti. Ma stiamo parlando di medie nazionali. Nelle grandi realtà del Centro-nord, a partire da Roma, siamo su livelli più alti. A Roma, a Milano e Torino il 50% della forza lavoro edile è composta di immigrati o di lavoratori italiani ma di origine straniera.
Ultima domanda: come vivono i vostri iscritti e i lavoratori queste tragedie? Che cosa si può fare concretamente per interrompere la strage?
Noi abbiamo proclamato subito due ore di sciopero nazionale insieme ai compagni della Feneal Uil (gli edili della Uil) e insieme a Fiom e Uilm: mercoledì 21 febbraio sciopereremo le ultime due ore a fine di ogni turno. Oggi e domani andremo in giro per i cantieri a parlare con i lavoratori, e per utilizzare poi le due ore di sciopero per fermarci con loro nei cantieri a discutere o partecipare ai vari presidi organizzati insieme alle Confederazioni. Noi, amaramente, in queste ore registriamo un doppio sentimento. Nei cantieri delle grandi opere, dove ci sono più lavoratori organizzati e la sindacalizzazione è più avanzata, c’è una coscienza chiara dei problemi e delle lotte da sviluppare. Nel settore dell’edilizia diffusa, invece, dove si intrecciano i contratti e si sovrappongono le ditte di subappalto, dai lavoratori percepiamo più rassegnazione che rabbia. Si percepisce quasi un senso di fatalismo, ed è un fatto terribile. Quando sentiamo la battuta di un morto ogni dieci palazzi costruiti, dovremmo davvero interrogarci. Queste morti, queste tragedie, parlano a tutti, anche al sindacato. Abbiamo davvero presidiato tutti i cantieri? Quando andiamo in un cantiere per verificare le condizioni di lavoro e non ci fanno entrare, andiamo poi a sporgere denuncia o passiamo a un altro cantiere? Parlando con i nostri delegati, dopo il crollo del cantiere di Firenze, un nostro delegato anziano ci ha detto: “Guardando quel pilone accartocciato, mi è sembrato di vedere Gaza. Possibile che non possiamo fare niente, siamo impotenti come di fronte alla strage di innocenti?”. Ecco, questo mi interroga sempre di più e penso che dovrebbe interrogare ogni militante sindacale, non solo edile o metalmeccanico, ogni lavoratore, ma mi permetto di dire ogni cittadino con un minimo di coscienza civica.