
È possibile che un libro riesca a stimolare un turismo responsabile, che non cannibalizzi luoghi ed esperienze e che sia non soltanto sostenibile, ma anche rispettoso e aperto verso le persone e le comunità dei residenti? Ci provano Sara Bruno e Ylenia Sina, autrici di Roma – La guida ecologica, sostenibile e solidale, ultima uscita nella collana Guide che Altreconomia dedica a “chi viaggia con la testa e con il cuore”. Per ora un turismo non distruttivo è solo un capitolo nel libro dei sogni di molti che a Roma vivono e lavorano, dribblando ogni giorno disservizi, immondizia e cantieri interminabili, a cui vanno a sommarsi le masse dei visitatori che, dopo l’emergenza pandemica, sono tornate ad abbattersi sulla capitale con la delicatezza di una mandria di gnu in fuga.
“Scrivere una guida sostenibile di Roma all’inizio mi sembrava un ossimoro”, ha spiegato Sara Bruno durante la presentazione a “Più libri più liberi”, fiera annuale della piccola e media editoria italiana (nella foto di Flavia Todisco). “A Roma in certi giorni non sei tu a decidere cosa puoi fare, ma è la città che decide per te”. Tuttavia questa metropoli disfunzionale riserva ancora scoperte e splendori, che, come ha evidenziato Ylenia Sina, vengono raccontati con l’obiettivo di “condividere il sapere sulla città” e “rendere vivo il patrimonio e la memoria collettiva”. Un patrimonio spesso ignoto a tanti romani, che nel comune più esteso d’Italia (parliamo di 129mila ettari), dove la mobilità è tutt’altro che agevole, si limitano a conoscere – a volte superficialmente – solo le aree disegnate da doveri e bisogni personali. La guida è dunque pensata anche per quei residenti che avessero voglia di uscire fuori dai confini dello stretto quotidiano.
Già per l’introduzione, curata da Ylenia Sina, che riassume in modo limpido e incisivo gli ultimi 150 anni di Roma capitale d’Italia, il libro può essere utile proprio a tutti, turisti e romani da sette generazioni. Questa antiguida (così la definisce Nicola Villa di Altreconomia) non pretende però di essere esaustiva. Propone scelte di area e di campo, “perché parla a persone, e non a consumatori”, come scrive nella prefazione Tomaso Montanari.
Sono cinque le sezioni del libro: “Itinerari”, “Identità della città”, “Cultura e divertimento”, “Città equosolidale”, “Mangiare e dormire bene”; il tutto integrato da numerosi box di approfondimento. Se è ineludibile partire dall’itinerario che percorre il centro “dove è nata Roma”, di cui vengono rintracciati strati e trasformazioni, è interessante l’intreccio fra la storia (urbanistica, artistica e architettonica) e i fatti di un passato più recente. Un esempio per tutti, l’occupazione nel 19 febbraio 1968 della cupola di Sant’Ivo alla Sapienza, chiesa capolavoro del Borromini, attuata da tre studenti della facoltà di Architettura che in seguito saranno fra i protagonisti di altre lotte, come l’occupazione delle terre pubbliche da parte dei disoccupati.
Di movimenti cittadini, disagio abitativo, vertenze lavorative e ambientali e di politica capitolina, Ylenia Sina si è a lungo occupata come giornalista (prima per “RomaToday” e oggi come freelance per diverse testate). Autrice, nel 2017, del libro Chi comanda a Roma, inchiesta sui poteri forti della capitale, dal 2022 Sina è nella redazione di “Sveja”, progetto giornalistico di podcasting indipendente sulle tematiche romane (questo il link per ascoltare i podcast). Di “Sveja” fa parte anche Sara Bruno, formazione da filosofa morale, attiva nella comunicazione, nella scrittura per il web, nel copywriting creativo e social media management. Per realizzare il progetto della guida, le due autrici hanno ammesso di essersi accollate (tradotto dal romano contemporaneo: “mettersi pesantemente a carico di un altro”) a una serie di persone e associazioni, che hanno contribuito all’approfondimento di alcune delle tematiche trattate e alla mappatura delle realtà più vivaci nelle iniziative dal basso, fra occupazioni, centri sociali e cooperazione (vedi il capitolo “Città equosolidale”).
Nascono così gli itinerari insoliti fra Testaccio, con la sua storia operaia, e l’area di Roma Est, considerata il quadrante più vitale e identitario; si fa trekking lungo le tracce della via Latina, in quella natura ancora interna all’area urbana (con i suoi tanti alberi monumentali), sconfinando fra Capranica Prenestina e Genazzano. Strada facendo – si cammina tanto in questa guida – affiorano le tracce del passato coloniale, quelle della Resistenza, nei luoghi e nelle vite partigiane (un indice analitico avrebbe facilitato la ricerca dei tanti elementi intersecati). Viene fuori che, vista dal Tevere, la città assume contorni inediti e un po’ disorientanti. Scopriamo musei, biblioteche e chiese fuori dai giri collaudati. Aleggiano gli artisti e gli scrittori che a Roma approdarono per scelta. Scopriamo anche una Roma multietnica, e viene fuori che nella capitale mondiale del cattolicesimo abbondano i luoghi di culto di altri credi e religioni: dalla più grande moschea d’Italia al più grande tempio buddista d’Europa, passando per il centro sikh di Casal Lumbroso, in una varietà politeista degna della migliore epoca imperiale. Scopriamo che questa città, così frettolosa e ruvida, sa ancora accogliere e talvolta anche integrare. Tante Rome diverse, che richiedono tempo, dedizione e scarpe buone per essere svelate.
L’impatto del turismo di massa in ogni luogo è una questione di scala planetaria. Tuttavia, dipende anche dalle nostre personali scelte, più o meno consapevoli, sul dove e – soprattutto – come viaggiare. A chi, volente o nolente, continua a voler bene a questa Roma, al suo centro storico (ora un ibrido fra il luna park e un lungo tubo digerente fatto di ristoranti e bar), dove ormai si fatica persino a camminare, il compito di continuare a interrogarsi sul futuro della capitale (qui Paolo Andruccioli ne parla con l’urbanista Paolo Berdini). “La polis è il prodotto, e insieme la matrice, della politica – scrive Montanari nella prefazione alla guida –, e forse è proprio questo il nostro vero problema. La crisi della città si inizia ad affrontare tornando a dire e a pensare la cosa più ovvia, e insieme più negata e più rivoluzionaria: una città è una città. Cioè un fatto politico”.