Erano sempre in prima fila a difendere i magistrati. Se la battevano con l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro e, prima ancora, con la Rete di Leoluca Orlando; facevano a gara in parlamento con la pattuglia della Lega Nord a chi mostrava i cappi migliori per impiccare i politici collusi. I loro miti erano Paolo Borsellino, magistrato di destra, trucidato dalla mafia corleonese. E poi hanno avuto come magistrati di riferimento, per loro “intoccabili”, tra gli altri, i calabresi Agostino Cordova prima e, adesso, Nicola Gratteri. E quella stagione delle pene severe, del carcere duro, della intolleranza verso gli immigrati aiutarono gli eredi di Salò – cioè il Movimento sociale – a cambiare pelle. Erano i conati della “seconda Repubblica” che annunciavano profondi cambiamenti, un’intera generazione di giovani militanti del Msi prima, e di Alleanza nazionale poi, sono diventati classe dirigente, si ritrovano adesso a Palazzo Chigi o nei ministeri chiave. Sono politici dalla doppia vita. “Duri e puri” di giorno, ma di notte, pronti a violare i loro comandamenti, vivono con quei fantasmi che hanno sempre combattuto. Come se il potere li avesse contagiati e trasformati.
Prendete i due “studenti fuoricorso” – si fa per dire – che convivono come giovani universitari e non si scambiano le storie di vita, i sogni, le speranze. Si passano le carte di lavoro che non potrebbero circolare. La cultura violenta della destra è ancora viva; e il lessico politico è condito da dossier segreti della magistratura, delle forze di polizia. Si nutrono di questa cultura. Prototipi di quei giovani intellettuali e politici che ci hanno spiegato che “la vera storia d’Italia” si legge nelle sentenze e nelle carte della magistratura.
Il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove dovrà subire un processo per rivelazione di segreto d’ufficio. È inutile che lui e i suoi avvocati “d’ufficio”, i “camerati” dei gruppi parlamentari, si appellino al fatto che ben due pubblici ministeri avevano chiesto l’archiviazione. Il gip ha deciso diversamente, come prevede l’ordinamento giudiziario. Il sottosegretario, per fini meramente propagandistici, ha passato delle informazioni riservate al “camerata” coinquilino, Giovanni Donzelli: informazioni sui colloqui tra detenuti al 41-bis, condannati per reati di terrorismo (come l’anarchico Cospito) o per mafia, che hanno incontrato una delegazione di parlamentari del Pd che, così come prevede la legge, volevano accertarsi di persona sulle condizioni di salute dell’anarchico Cospito, che da diverse settimane era in sciopero della fame contro il 41-bis. Avrà pensato di aver fatto bella figura, Donzelli, accendendo il ventilatore delle ingiurie e delle offese contro i parlamentari del Pd; ma adesso l’uomo di governo ha perso punti nella classifica dell’affidabilità degli uomini delle istituzioni.
Questa vicenda si inserisce in un momento di tensione tra politica e magistratura. Diciamo che anche il governo Meloni vive la “sindrome dell’accerchiamento”, vede complotti di una parte della magistratura contro di esso. Fa confusione, questa maggioranza, che ricorda il primo governo Berlusconi e la storica frase di un altro ministro della Difesa, Cesare Previti, che disse: “Non faremo prigionieri”.
Di ritorno da una missione all’estero, l’attuale ministro della Difesa con l’elmetto, per tanti anni lobbista della industria delle armi, Guido Crosetto, ha annunciato di essere disponibile a riferire in parlamento, a spiegare la sua affermazione che ha provocato non poche reazioni contrarie. “Una parte della magistratura trama contro il governo”. C’era stato, a Palermo, il congresso della corrente di Area, e naturalmente tutti hanno pensato ai soliti giudici politicizzati di sinistra. Secondo indiscrezioni di Palazzo Chigi, un magistrato vicino al governo aveva riportato scampoli di conversazioni da bar tra magistrati. Ma c’è anche che queste frasi bugiarde servono per fare fumo. Fumogeni lanciati alla vigilia di Natale come misure preventive, nell’attesa di iniziative giudiziarie contro esponenti di governo.
È sempre la stessa storia. Quella della giustizia a orologeria, “comunista”. Al di là dell’inchiesta Delmastro, sappiamo delle indagini fiscali e penali sulle società della ministra del Turismo, Daniela Santanchè. Per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è finito indagato Vittorio Sgarbi. E poi c’è l’inchiesta sulla violenza sessuale per il figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha giurato sull’innocenza del figlio Leonardo “Apache”. E poi si vocifera di altre inchieste arrivate a snodi cruciali. Ma sono banalità. La verità è che questa maggioranza di governo è intontita dal potere; travolta dalla sua stessa volontà di impunità, non si rende conto che ripercorrere la strada di un regime rischia di trasformare la nostra vita in una tragedia.