Alcuni giorni fa, l’Istituto Cattaneo ha pubblicato un’interessante ricerca (vedi qui) dal titolo Studenti universitari, ebrei e Israele prima e dopo il 7/10/2023. La ricerca si basa su interviste fatte a 2759 studenti universitari di atenei del Nord Italia, in grande maggioranza di età compresa tra i 19 e i 21 anni. Le interviste consistevano nel richiedere se certe affermazioni erano considerate “vere” oppure “false”. Queste affermazioni erano divise in tre gruppi, cui se ne aggiungeva un quarto che potremmo definire “di controllo”. Il primo gruppo conteneva affermazioni definite dagli autori della ricerca “tipiche dell’antisemitismo ‘classico’, che vede gli ebrei a capo di una cospirazione mondiale attuata grazie al controllo della finanza, o dei mezzi di comunicazione di massa, o altro”. Il secondo gruppo (tipico di ambienti antisemiti come quelli che portarono, nella Francia di fine Ottocento, alla condanna dell’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus sulla base di false prove) consiste in accuse “di doppia lealtà, per cui gli ebrei costituiscono un corpo estraneo delle società in cui vivono”. Il terzo gruppo (definito dai ricercatori del Cattaneo “nuovo antisemitismo”) rappresenta “una cornice in cui l’unicità della Shoah è negata o fortemente ridimensionata”, permettendo così di rivolgere “agli ebrei l’accusa di usare quell’esperienza per scopi giustificazionisti, di essersi trasformati da vittime a aggressori, e allo Stato di Israele di agire come quello nazista”.
Il “gruppo di controllo” consiste invece di affermazioni positive sugli ebrei, riguardanti il loro contributo allo sviluppo della scienza e della cultura occidentale in genere. Le risposte sono suddivise, anzitutto, in base all’orientamento politico dichiarato dai vari intervistati, ripartiti nei seguenti gruppi: sinistra, centro-sinistra, centro-destra, destra, nessuna opinione. Il risultato generale della ricerca è che, mentre per i primi due gruppi di affermazioni i giudizi definiti antisemiti raccolgono consenso maggiore man mano che ci si sposta da sinistra verso destra, per le affermazioni di “nuovo antisemitismo” la tendenza è contraria (anche se non sempre, come vedremo). Per quanto riguarda le domande “di controllo”, cioè del gruppo denominato “il contributo intellettuale e scientifico degli ebrei”, le opinioni positive prevalgono largamente su quelle negative, anche se si riscontra una loro diminuzione andando da sinistra verso destra. Quello che più preoccupa i ricercatori del Cattaneo, dunque, è che l’accusa a Israele “di comportarsi come la Germania nazista” sia “decisamente più radicata tra chi si colloca a sinistra”. La ricerca esamina anche la percentuale delle risposte “antisemite” in base alla votazione ottenuta dagli intervistati all’esame di maturità: in generale (ma anche qui con qualche eccezione, come vedremo) gli studenti che hanno avuto le valutazioni più alte sono quelli che meno sottoscrivono affermazioni “antisemite”.
Qui vorrei esaminare il tipo di alcune affermazioni proposte agli intervistati, nonché fare qualche valutazione ulteriore sui dati raccolti dai ricercatori del Cattaneo. Prima di tutto, però, è opportuno soffermarci brevemente sulla definizione di “antisemitismo” che si trova nei dizionari più autorevoli di alcune lingue, come il Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI), l’Oxford English Dictionary (OED) e il Trésor de la Langue Française (TLF). Le definizioni rispettive sono queste (per comodità, traduco quelle dell’OED e del TLF): “Avversione esasperata e lotta violenta contro gli Ebrei” (GDLI); “pregiudizio, ostilità o discriminazione nei confronti degli ebrei per motivi religiosi, culturali o etnici” (OED); “l’ostilità manifestata contro la razza ebraica e talvolta eretta in una dottrina o in un movimento che chiedeva misure eccezionali contro gli ebrei” (TLF).
Come si vede, tutte e tre queste definizioni si applicano immediatamente ai primi due tipi di antisemitismo nella classificazione dei ricercatori del Cattaneo, mentre non è così per quello che gli stessi ricercatori chiamano “nuovo antisemitismo”: manca infatti qualunque riferimento a Israele. (Si noti che tutti e tre i dizionari sono stati pubblicati dopo il 1948, cioè dopo la fondazione dello Stato di Israele: il volume del GDLI da cui è tratta la definizione è del 1961; l’OED è stato consultato online pochi giorni fa; e il TFL è un’edizione online risalente agli anni Novanta). Il “nuovo antisemitismo” si basa quindi su un’identificazione dell’antisemitismo “classico” o “antidreyfusardo” con l’ostilità alla politica di Israele. Notiamo infatti come, mentre nei primi due gruppi di affermazioni antisemite proposte dai ricercatori del Cattaneo (come, del resto, nel gruppo di controllo), si parla sempre e solo di “ebrei”, nel terzo, cioè quello relativo al “nuovo antisemitismo”, compaiano, una di seguito all’altra, queste due domande: “Gli ebrei approfittano dello sterminio nazista per giustificare la politica dello Stato di Israele” e “Il governo israeliano si comporta con i palestinesi come i nazisti si comportarono con gli ebrei” (corsivi miei). La prima affermazione è giudicata vera dal 31,6% per cento degli studenti che si dichiarano di sinistra e dal 40,1% di quelli che si collocano a destra; la seconda, dal 59,7% degli studenti di sinistra contro il 47,4% di quelli di destra. Il confronto tra questi due dati (che, a quanto sembra, i ricercatori del Cattaneo non hanno svolto) mostra perciò che non sempre il “nuovo antisemitismo” prevale a sinistra rispetto a destra, ma, in realtà, solo quando si parla della politica israeliana nei confronti dei palestinesi (anche per le altre tre affermazioni del gruppo, la percentuale di risposte “antisemite” degli studenti di sinistra è inferiore a quella degli studenti di destra, come si può vedere consultando il rapporto della ricerca, pag. 6). Può essere interessante, quindi, domandarci il perché di queste differenze, e, soprattutto, del prevalere, in un caso, del “nuovo antisemitismo” tra gli studenti di sinistra.
Prima, però, vorrei soffermarmi su un’altra dimensione analizzata dai ricercatori del Cattaneo, ossia il rapporto tra – per così dire – il tasso di antisemitismo e il voto di maturità. Nella stragrande maggioranza dei casi, al calare del primo parametro corrisponde una crescita del secondo: cioè gli studenti migliori sembrano essere meno “antisemiti”. Il risultato è interessante (e i ricercatori del Cattaneo lo mettono in particolare rilievo) per quanto riguarda proprio l’affermazione (unica, come si è detto) in cui gli studenti di sinistra si rivelano più “antisemiti” di quelli di destra, ossia l’assimilazione del comportamento israeliano verso i palestinesi a quello nazista nei confronti degli ebrei: la percentuale di chi condivide l’affermazione passa dal 49,9% degli studenti che hanno avuto tra 60 e 69 alla maturità, al 44,5% di chi ha ottenuto più di 90; un calo dell’11%, come sottolineano gli autori della ricerca.
Purtroppo, non essendo questi dati suddivisi in base alle diverse posizioni politiche, non c’è modo per valutare se c’è un rapporto tra le due variabili e quale. C’è però un dato curioso che emerge dalla ricerca, e riguarda l’unica affermazione in cui l’antisemitismo cresce passando da chi ha avuto voti più bassi a chi li ha avuti più alti. Si tratta dell’affermazione “gli ebrei preferiscono frequentare i membri del loro gruppo escludendo gli altri”, che è, come qualunque persona di buon senso può notare, assolutamente strampalata, almeno nella situazione italiana, dove trentamila ebrei circa preferirebbero stare tra loro anziché frequentare qualcun altro tra i sessanta milioni degli altri connazionali. Eppure, il consenso a tale affermazione cresce, passando dal 31,5% degli studenti “peggiori” al 33,2% dei “migliori”: la differenza, in assoluto, è piccola, ma, comparativamente, si tratta di un aumento del 5,7% circa, quindi più della metà della diminuzione che si rivelava in merito all’affermazione che Israele si comporta con i palestinesi come la Germania nazista si comportava con gli ebrei. Non in tutti i casi, quindi, il crescere del profitto coincide con l’abbandono delle opinioni antisemite, anche le più infondate, come in questo caso.
Ma torniamo al punto in cui ci eravamo fermati, ossia l’asserito “antisemitismo” degli studenti che si collocano politicamente a sinistra. Non potrebbe trattarsi, invece, di un moto di solidarietà nei confronti di una popolazione, quella palestinese, che dopo il 7 (o, più esattamente, il 17 ottobre, data dell’attacco israeliano a Gaza) subisce bombardamenti che colpiscono indiscriminatamente miliziani di Hamas e civili, anzi soprattutto questi ultimi, tra i quali numerosissimi bambini? E, anche prima del 7 ottobre (la ricerca del Cattaneo, ricordiamolo, è partita prima di tale data), non potrebbe essere l’occupazione violenta da parte dei coloni di molte terre nella Cisgiordania ad avere suscitato sentimenti anti-israeliani? Attenzione: anti-israeliani, non antisemiti.
Sono ben note le risposte a questo genere di considerazioni: la prima si fonda sull’assunto che “anti-israeliano” e “antisemita” siano sinonimi; ma l’antisemitismo, come si è visto sopra, non è “l’odio per Israele”, quanto piuttosto “l’odio per gli ebrei” (a meno che i compilatori del GDLI, dell’OED e del TFL non siano tutti antisemiti). Inoltre, essere anti-israeliani non significa necessariamente odiare Israele e volerne, con Hamas, la distruzione: significa essere critici della sua politica nei confronti dei palestinesi. Uno dei più severi critici di questa politica è (non da ieri, ma da oltre mezzo secolo) Noam Chomsky, ebreo che da giovane ha anche vissuto per qualche tempo in un kibbutz: dovremmo concluderne che è un antisemita? Significherebbe attribuirgli pulsioni suicide.
Quanto alla prima considerazione, cioè il moto di solidarietà per i palestinesi suscitato dai bombardamenti su Gaza, la solita obiezione è che “Israele è l’aggredito e deve difendersi”: ma l’aggressore è Hamas, non i palestinesi (una distinzione, questa, che almeno a parole è riconosciuta da tutti o quasi). Il fatto poi che questa posizione anti-israeliana sia più diffusa a sinistra che a destra si può spiegare con il razzismo generalizzato che ancora alligna in molti di questa parte politica: se da destra gli ebrei sono disprezzati perché presuntamente a capo di un complotto finanziario internazionale (antisemitismo del primo tipo, nella classificazione del Cattaneo) o perché non li si giudica disposti a integrarsi completamente con gli altri concittadini (antisemitismo del secondo tipo), anche gli arabi lo sono perché musulmani e comunque “diversi” da noi (del resto, una certa percentuale di arabi è cristiana; ma questo è un dettaglio che sembra sfuggire a molti).
In sintesi, il maggiore “antisemitismo” degli studenti di sinistra rispetto a quelli di destra per quanto riguarda il comportamento di Israele nei confronti dei palestinesi può essere interpretato come segno della islamofobia del secondo gruppo di studenti. Che poi il paragone tra Israele e la Germania nazista sia più o meno fondato, è un altro discorso: probabilmente è esagerato; ma è altrettanto probabilmente frutto dello sdegno per la sorte di un popolo che, per responsabilità di tutta la comunità internazionale (non solo di Israele, quindi) vive da tre quarti di secolo in una situazione spaventosa. In conclusione, se la ricerca del Cattaneo mette in luce un dato preoccupante, cioè la persistenza di un antisemitismo “classico” in una percentuale non trascurabile della nostra popolazione giovanile, sulle cui cause è certamente opportuno indagare al fine di rimuoverle, non sembra corretto etichettare ugualmente come “antisemitismo” ogni critica a Israele. Se si vuole estirpare una malattia, è opportuno individuare esattamente in che cosa consiste.