La ricetta è sempre la stessa: prima far sentire minacciate le persone in tutti i modi, con un’ossessione securitaria trasmessa a reti unificate, poi stringere la corda dei diritti. Quando il potere non ha altri mezzi (economici, di credibilità, di autorevolezza, o se volete di idee) per autoconservarsi e autolegittimarsi, soprattutto alla vigilia di una manovra economica classista, iniqua e umiliante per i beni pubblici, ricorre ai vecchi metodi che gli consentono di controllare il dissenso e limitare l’impatto della protesta sociale.
Eccoci dunque di fronte all’appuntamento: ieri, 16 novembre, il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo “pacchetto sicurezza”, introducendo una serie di misure che rafforzano “il sistema di sicurezza nelle città italiane”, rivendicate con orgoglio da Meloni. Le ha fatto eco il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella conferenza stampa tenuta a Palazzo Chigi. Tante belle parole riservate a una micidiale stretta sui diritti. Innanzitutto, il pacchetto “compra” la compiacenza delle forze dell’ordine alle quali si può dare poco in termini di organico e di risorse ma non di armi: l’idea è quella di consentir loro di possedere un’arma privata da portare (esibire, diremmo) anche fuori dal servizio. Le lobby delle armi ringraziano, gli agenti più vivaci si inorgogliscono.
Seconda mossa: repressione delle occupazioni abusive con procedure lampo per la liberazione degli immobili e l’introduzione di un nuovo reato, che prevede la reclusione da due a sette anni contro gli occupanti abusivi. Questa misura – si sostiene subdolamente – potrà essere applicata solamente ai singoli appartamenti: “Penso al caso della vecchina che esce di casa e quando torna la ritrova occupata” – cosa che accade notoriamente ogni giorno ovunque! –, “ebbene, in quel caso, la polizia giudiziaria avrà la facoltà di intervenire per liberarla” – ha spiegato con vocina falsa Piantedosi.
Arriva poi una stretta sulle truffe commesse ai danni degli anziani e delle persone più fragili, con un aumento della pena di reclusione da due a sei anni per il reato di truffa aggravata, e misure specifiche anti-borseggio e contro chi impiega i minori nell’accattonaggio, in particolare nelle metropolitane e nelle stazioni: tutti reati per i quali l’aumento delle pene è del tutto inutile a reprimerli. Via la sospensione della pena per le donne incinte o con bimbi minori di un anno, come previsto attualmente, “per evitare il fenomeno dell’uso della condizione di maternità come esimente in caso di commissione di reato”: qui siamo nel repertorio classico dell’odio “anti-zingari”, considerati un gruppo sociale criminale nel quale le donne sono, appunto, sempre incinte – come in un film famoso Sofia Loren – proprio per evitare il carcere.
Infine, eccoci al reato di rivolta per chi partecipa o organizza proteste nelle carceri o nei Cpr per immigrati, punito con un massimo di sei anni; stop ai blocchi stradali, “fenomeni che si stanno moltiplicando”, ha notato con acume Piantedosi, a cui non interessa che spesso gli operai non hanno altri mezzi per farsi sentire se la loro azienda delocalizza e li sbatte a casa, così come non li hanno i giovani attivisti angosciati dai cambiamenti climatici, che “creano enormi disagi ai cittadini, [impedendo] la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo”.
Questo in sintesi il pacchetto di cui va orgogliosa la prima donna alla guida di un governo italiano: armi e botte. Niente male come esordio al femminile.