Non è la prima volta (vedi qui) e probabilmente non sarà l’ultima. Il bulletto reazionario, sempre alla ricerca di visibilità, che risponde al nome di Matteo Salvini ha ritenuto di dimezzare lo sciopero nei trasporti di venerdì 17 novembre. Così i ferrovieri e i lavoratori nel settore dei mezzi pubblici urbani dovranno interrompere l’agitazione alle ore 13, anziché come previsto in serata. Resta il fatto che le altre categorie chiamate a scioperare da Cgil e Uil, attueranno uno sciopero di otto ore, e, come annunciato da Maurizio Landini, la protesta proseguirà in modo articolato nelle prossime settimane. Siamo allora dinanzi a una ripresa, magari ancora a livello di un “minimo sindacale”, del conflitto sociale?
Sì e no. Uno sciopero generale (pur tenendo conto dell’autoesclusione della Cisl) dovrebbe essere organizzato in modo da coinvolgere tutte, ma proprio tutte, le categorie dei lavoratori e delle lavoratrici. Deve puntare a paralizzare il Paese. Anche se poi non ci riesce, l’ambizione di uno sciopero generale non può che essere quella: certo, non si proclama lo sciopero “fino alla caduta del capitalismo”, come ai tempi protonovecenteschi del mito anarco-sindacalista, ma in ogni caso si tratta di una prova di forza, da parte del movimento sindacale, che spinga la controparte (nel caso il governo) a trattare. In questo senso, uno sciopero generale è sempre politico. Non si ferma alle singole rivendicazioni di settore; punta a costruire, mediante l’agitazione, un blocco di forze sociali che aspira a intervenire sugli indirizzi generali di un Paese. E, a nostro avviso, oggi gli scioperi dovrebbero essere tendenzialmente orientati a una scala continentale europea, perché le decisioni dei singoli Stati nazionali contano fino a un certo punto.
Pur senza correre così tanto, e approvando senza riserve l’operato di Cgil e Uil in questi ultimi giorni (soprattutto la loro decisione di tenere il punto), bisogna dire che qualcosa di più si dovrebbe cercare, a poco a poco, di far venir fuori da un’agitazione annunciata in più puntate. Questo qualcosa sarebbe uno sciopero generale simultaneo, che mostri al governo di destra-centro una volontà di rivolta, capace di incidere al tempo stesso sull’indirizzo delle forze politiche che al momento stanno difendendo il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici a scioperare nelle modalità che ritengono più opportune, senza intralci anticostituzionali.
I giudizi della Commissione di garanzia sugli scioperi (non qualcosa di sacro, ma neppure da rifiutare in maniera pregiudiziale) sono oggi quelli provenienti da professori universitari acquiescenti alle esigenze del governo in carica. È uno dei problemi di vecchia data del Paese il leccapiedismo opportunistico, la scarsa tempra, del suo ceto intellettuale. La professoressa che presiede la Commissione (ordinaria di Diritto del lavoro nell’università di Teramo, non un ateneo di primo piano) ha trovato però uno spiraglio, nel modo in cui lo sciopero del 17 è stato proclamato, per sostenere che non si tratta di uno sciopero generale vero e proprio, perché dall’agitazione sono escluse ben sedici categorie. Pur essendo del tutto evidente che siamo dinanzi a un pretesto – si potrebbe dire, al tipico nascondersi dietro un dito –, è chiaro, tuttavia, che lo sciopero di venerdì prossimo dovrebbe essere considerato soltanto un assaggio di uno sciopero generale più comprensivo ancora, capace di mostrare la rabbia e la voglia di contare di una serie di persone, e di categorie di lavoratori e lavoratrici, da troppo tempo silenti.
L’Italia è la “nazione” europea in cui più bassi sono i salari, erosi ulteriormente da un’inflazione di cui ci eravamo scordati il carattere dirompente che ha sui meno abbienti. C’è il rifiuto di introdurre un salario minimo contro il fenomeno del “lavoro povero”. C’è un’evasione fiscale da record, non solo non contrastata ma elettoralmente corteggiata dal governo in carica. Ci sono le morti sul lavoro – due soltanto nelle ultime ore, una ragazza nel trevigiano, e un lavoratore anziano nel ravennate – e la tendenza a eludere le regole sulla sicurezza da parte di padroni e padroncini. C’è, in poche parole, una situazione sociale virtualmente esplosiva, che, come già accaduto in altri Paesi europei, potrebbe e dovrebbe dare luogo a un’ondata di lotte sociali.