Istruzione, logistica, banche, shopping, intrattenimento, sanità, politica, relazioni sociali sono invasi e permeati dalla tecnologia digitale. Stiamo parlando di un nuovo capitolo della storia umana. Naturalmente, molti altri capitoli l’hanno preceduto. Erano tutti ugualmente significativi. L’umanità ha sperimentato un mondo prima e dopo la ruota, la lavorazione del ferro, l’alfabeto, la stampa, il motore, l’elettricità, la televisione o il telefono. Ogni trasformazione è unica. Alcune di queste hanno cambiato in maniera irreversibile il modo in cui comprendiamo noi stessi, la nostra realtà e l’esperienza che ne facciamo, con implicazioni complesse e di lungo periodo.
È inimmaginabile ciò che l’umanità potrà ottenere grazie alle tecnologie digitali. Nessuno, negli anni Sessanta del Novecento, avrebbe potuto immaginare come sarebbe stato il mondo solo cinquant’anni dopo. I futurologi sono i nuovi astrologi. È anche vero che la rivoluzione digitale accade una volta sola, e cioè adesso.
Le generazioni future non sapranno mai com’era una realtà esclusivamente analogica, offline. Quelli della nostra età sono l’ultima generazione che l’avrà vissuta. Il prezzo di un posto così speciale nella storia lo si paga con incertezze che destano preoccupazioni. Tuttavia, il nostro posto speciale in questo spartiacque storico, tra una realtà completamente analogica e una sempre più digitale, porta con sé anche straordinarie opportunità. Proprio perché una rivoluzione è appena iniziata, abbiamo la possibilità di plasmarla in modi positivi, che possano far progredire sia l’umanità sia il nostro pianeta.
Come disse una volta Winston Churchill, “prima siamo noi a dare forma agli edifici; poi sono questi a dare forma a noi”. Siamo nella primissima fase di costruzione delle nostre realtà digitali. Possiamo costruirle bene, prima che inizino a influenzare e modellare noi e le generazioni future nel modo sbagliato. La discussione sul bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno è inutile, perché la questione davvero interessante è come possiamo riempirlo. Non dovremmo sonnecchiare nella creazione di un mondo sempre più digitale. L’insonnia della ragione è vitale, perché il suo sonno genera errori mostruosi.
Comprendere le trasformazioni in atto sotto i nostri occhi è cruciale, se vogliamo guidare la rivoluzione in una direzione che sia preferibile (equa) dal punto di vista sociale e sostenibile da quello ambientale. Ciò può tradursi solo in uno sforzo collaborativo. L’intelligenza artificiale costituisce un divorzio senza precedenti tra l’intelligenza e la capacità di agire, e richiede con urgenza una riflessione, ma ancora di più un’etica.
Sarebbe errato e anche inutile un discorso che polarizzi la questione: pro e contro l’intelligenza artificiale. La sfida sta nel mezzo: né l’inferno né il paradiso, ma il laborioso purgatorio degli sforzi umani.
È inutile cercare di capire se la coscienza possa sorgere da segnali elettrici o biochimici. Invariabilmente, i segnali elettrici possono solo produrre altri segnali elettrici o altre conseguenze fisiche come forza o movimento, mai sensazioni e sentimenti, che sono qualitativamente diversi. È la coscienza che capisce la situazione e fa la differenza tra un robot e un essere umano. In una macchina non c’è nessuna “pausa di riflessione” tra i simboli e l’azione, perché il significato dei simboli, il dubbio, e il libero arbitrio esistono solo nella coscienza di un sé, ma non in un meccanismo. Questi sono gli assunti che spengono ogni tipo di ragionamento superfluo perché dicotomico.
Se ci lasciamo convincere da chi ci dice che siamo soltanto il nostro corpo mortale, finiremo col pensare che tutto ciò che esiste abbia origine solo nel mondo fisico. Che senso avrebbero il sapore del vino, il profumo di una rosa e il colore arancione? Finiremmo col pensare che i computer valgano più di noi. La vita non può essere definita soltanto dai meri aspetti biologici, ma anche e soprattutto dal trionfo della natura spirituale dell’universo, che ci guida silenziosamente.
Alcuni dei problemi che stiamo affrontando oggi, per esempio, nella sanità digitale o nei mercati finanziari, sorgono già in ambienti in cui tutti i dati rilevanti (e talora gli unici disponibili) sono leggibili da macchine, cosicché decisioni e azioni possono essere compiute automaticamente da applicazioni e attuatori in grado di eseguire comandi e completare le corrispondenti procedure: dall’avvertire o esaminare un paziente, all’acquistare o vendere obbligazioni. Anche nella scuola, nelle università, nei processi di apprendimento, il digitale è diffuso e ormai dominante. Gli esempi potrebbero facilmente moltiplicarsi. Ma un esempio in particolare è molto significativo e ricco di conseguenze, e può essere introdotto qui a titolo di conclusione: gli esseri umani possono diventare inavvertitamente parti del meccanismo. Questo è proprio ciò che Kant raccomandava di non fare mai: trattare gli esseri umani solo come mezzi anziché come fini. Di fronte a un cambiamento di grande portata: se lo conosci puoi governarlo, se non lo conosci soccombi di sicuro. Mettiamoci a studiare.