Se digitate il suo nome comparirà una voce dell’Enciclopedia Treccani a spiegarvi chi sia Daniela Santanchè: “Donna politica italiana (n. Cuneo 1961). Laureatasi in Scienze politiche, nel 1990 è stata nominata amministratore unico della Dani Comunicazione (società che si occupa di relazioni pubbliche)…”. E poi giù tutto il suo curriculum politico nella destra italiana: da Berlusconi, prima ancora La Russa, fino a Giorgia Meloni che l’ha nominata ministra del Turismo – chi meglio di lei che fa soldi nel settore? Sarà un sintomo della crisi dell’enciclopedia italiana, ma tant’è. Non fa piacere la scoperta, visto che la signora di Cuneo è nota, oltre che per le sue sguaiatezze, anche per le vicende giudiziarie che vedono al centro la società Visibilia e che vi abbiamo già raccontato (vedi qui e qui).
È di qualche fa giorno la notizia che la procura di Milano chiede l’azione di responsabilità non solo per i passati amministratori di Visibilia – a partire dalla ministra e dal suo compagno Dimitri Kunz, come richiesto dai soci di minoranza –, ma anche per i nuovi amministratori, contestando inoltre le garanzie date da Santanchè per ripagare debiti per 1,6 milioni. Dunque si allarga l’indagine sulla possibile truffa sulla cassa integrazione Covid.
A tratteggiare anomalie e presunti illeciti è una relazione della Guardia di finanza, che è tra gli allegati della memoria con cui la procura ha proposto l’ispezione e il commissariamento di Visibilia editore, al centro di una causa civile che riprenderà il prossimo 28 settembre. In sedici pagine la Gdf riassume la vicenda denunciata da Federica Bottiglione, ex responsabile Investor Relations della società: Daniela dice di essersi ritrovata “esposta” a una serie di irregolarità a sua insaputa, perché per lei, così come per altri dipendenti, era stata ottenuta dall’azienda l’indennità straordinaria, nonostante avesse continuato a lavorare fino al dicembre 2021, senza che fosse stata avvisata.
Del beneficio erogato nel corso dell’emergenza Covid, a suo dire, se n’era accorta con l’arrivo delle buste paga del primo semestre 2020. Dalle conversazioni telefoniche del novembre 2021, registrate dalla Bottiglione e portate in tribunale, emerge non solo come la mossa di ricorrere alla Cigs sarebbe stata architettata per lo meno da Dimitri Kunz, il compagno della senatrice, e da Paolo Giuseppe Concordia, responsabile delle tesorerie di Visibilia, ma anche come la manager abbia poi temuto di finire in seri guai. Come scrivono le Fiamme gialle (riferito dall’agenzia Ansa) sarebbero stati effettuati “bonifici bancari a favore di Bottiglione, aventi causali relative al rimborso di spese mai sostenute dalla collaboratrice, finalizzati a compensare la retribuzione netta mensile che la società si era impegnata a erogare, rispetto alla percezione della cassa integrazione a zero ore”. A riprova ci sono le parole di lei: “Ma se un giorno mi fanno un controllo, vedono i bonifici tuoi”. E lui, Kunz: “Ma lì sono delle note spese”. E la donna: “Ma io non ci ho le pezze d’appoggio”. Inoltre, la manager chiedeva a Kunz che la sua posizione venisse “sanata”: cosa che non fecero e tuttora non risulta. Il che avrebbe comportato restituire i soldi all’Inps, e quindi “sarebbe come ammettere – le diceva Kunz –, non lo puoi fare, sennò metti nei casini tutti”. Il signor Kunz è stato dunque beccato sul fatto.
Nelle telefonate spunta anche il tema delle “prestazioni svolte e fatturate nel periodo Covid, con la propria partita Iva” per alcuni senatori di Fratelli d’Italia, mentre Visibilia editore aveva dichiarato, per suo conto, “la mancata percezione di ulteriori redditi rispetto alla cassa integrazione”. Una situazione che ha spinto la Bottiglione a rivolgersi alla magistratura, e che potrebbe aggravare la posizione del compagno della ministra e del tesoriere. Al momento risulta che almeno altri due dipendenti del gruppo abbiano percepito l’ammortizzatore sociale pur lavorando, anche se nelle indagini per truffa aggravata si stanno verificando le posizioni di altri dieci dipendenti messi in Cig dal 2020 al 2022, per un totale di oltre 126mila euro versati dall’Inps.
Di fronte a tanto materiale, ci si può chiedere come sia possibile che la signora continui ancora a posare le sue terga sulla poltrona ministeriale. Sarà forse per l’idea di promuovere l’Italia con quel filmato sulla Venere del Botticelli-influencer, ritirato sommessamente dopo avere fatto spendere ai contribuenti italiani nove milioni di euro? O forse per il suo progetto di legge per contrastare il caro-affitti nelle città: una mano tesa ai proprietari che nulla potrà (se venisse votato) per la vivibilità delle persone nei centri urbani, soffocati da un turismo predatorio. O forse ancora per quell’altra mano tesa ai vecchi gestori delle spiagge, che pagano zero e incassano mille?
In definitiva, non c’è garantismo che tenga di fronte a Santanchè: lei ministra è un insulto (e anche la voce della enciclopedia lo è).