Secondo i dati resi pubblici dal Sistema nazionale di pubblica sicurezza (Sesnsp), nel giugno scorso, il Messico ha registrato ottanta femminicidi, una media di 2,6 al giorno: il che lo rende il mese con il record di questo crimine finora quest’anno. Per quanto riguarda la prima metà del 2023, il Sesnsp ha registrato 426 femminicidi certi, e ha contato altri 1300 casi di presunte vittime. Ieri, 6 settembre, dopo anni di lotte da parte dei movimenti femministi, la Corte suprema di giustizia della nazione (Scjn) ha depenalizzato l’aborto in tutto il Paese, e ha invalidato gli articoli del Codice penale federale che puniscono le donne incinte che effettuano l’interruzione della gravidanza.
Article 19 è un’organizzazione che difende i diritti di espressione in Messico e in Centro America. Dal 2000 a oggi, ha documentato 161 omicidi di giornalisti in Messico, in possibile relazione al loro lavoro. Di questi, quarantuno sono stati registrati durante l’attuale governo di Andrés Manuel López Obrador e quarantasette nel precedente mandato di Enrique Peña Nieto. Il caso più recente ha riguardato Nelson Matus Peña, direttore di “Lo Real de Guerrero”, ucciso il 15 luglio ad Acapulco.
Sempre ieri, un rapporto di Wola, un’organizzazione di ricerca e difesa con base a Washington, il cui scopo è la promozione dei diritti umani nelle Americhe, ha denunciato che le forze armate in Messico non riportano adeguatamente gli arresti, e che persistono gli abusi perpetrati dai loro membri. Il rapporto segnala gli arresti extralegali effettuati dalle forze dell’ordine, e avverte che il governo di López Obrador ha promosso un’“ampia militarizzazione” nel Paese, senza che ci sia un sufficiente controllo civile. Stephanie Brewer, direttrice per il Messico di Wola, ha dichiarato che “lo Stato messicano sta concentrando sempre più potere in istituzioni note proprio per la loro opacità, e lo sta facendo senza adeguati controlli civili, in un processo che sarà difficile da invertire”. Il rapporto denuncia anche che, nonostante ci sia stata una “riduzione dei livelli” di violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate, da quando López Obrador ha preso il potere nel dicembre 2018, queste “continuano ad accadere”.
Oraculus, un sito internet specializzato in elezioni, segue e aggrega i risultati dei principali sondaggi che riguardano l’approvazione dell’operato presidenziale. Secondo le sue rilevazioni, dal suo insediamento il primo dicembre del 2018, López Obrador ha toccato una punta di gradimento dell’80% nel 2019 e, nello scorso agosto, godeva ancora dell’approvazione del 67% dei messicani. La spiegazione del successo di Amlo, come viene chiamato l’attuale presidente, si trova nelle riforme del lavoro, negli investimenti chiave nelle infrastrutture e nei programmi sociali che ha attuato.
Grazie alle politiche messe in atto, 5,4 milioni di persone sono uscite dalla povertà tra il 2016 e il 2022. Mentre il notevole aumento del salario minimo, cresciuto del 135%, ha migliorato il potere d’acquisto delle famiglie. La spinta del governo ad aumentare i salari dei lavoratori ha avuto un effetto simile a quella riforma fiscale che Amlo non ha attuato, probabilmente per evitare pericolosi scogli politici. Gli investimenti in infrastrutture nel sud-est, con progetti come il treno Maya, la raffineria di Dos Bocas, il corridoio interoceanico e l’aeroporto di Tulum, hanno portato progressi significativi. Il reddito medio degli Stati del sud-est è aumentato di circa il 20% tra il 2018 e il 2022.
Oaxaca e Tabasco, due degli Stati più poveri, sono quelli che più sono cresciuti nel 2022. Nei primi cinque anni del suo mandato, sono stati attuati programmi sociali come la pensione per gli anziani, come Sembrando Vida, il cui obiettivo è quello di seminare più di un milione di ettari di terreno, e come le borse di studio Benito Juárez per l’istruzione di base per i minori di 18 anni a basso reddito. La Comisión económica para América Latina y el Caribe (Cepal), l’agenzia delle Nazioni Unite che ha sede a Santiago del Cile, ha fatto sapere che il Messico, un Paese la cui valuta è rimasta forte, “sta anche avendo risultati migliori del previsto”. Il che, spiega la Cepal, ha a che fare con la crescita degli Stati Uniti, primo partner commerciale del Messico, e con tutti gli investimenti stranieri. Di fatto, il Paese si espanderà del 2,9% grazie soprattutto alle esportazioni: uno dei quattro pilastri dell’economia messicana insieme al turismo, alle rimesse e al petrolio.
Sono rimasti a livello di promesse, invece, gli interventi in materia di verità, giustizia, istruzione, ma soprattutto in materia di salute e sicurezza, tematiche che rappresentano i punti fragili dell’operato del governo. Per quanto riguarda la sicurezza, López Obrador ha ereditato una situazione critica al momento dell’avvio del mandato, e, sebbene sia riuscito a fermare l’aumento degli omicidi, il numero rimane allarmante. L’anno scorso si è chiuso con 32.223 vittime, equivalente a 88 persone al giorno, rendendo palese che la strategia per affrontare le cause dell’insicurezza adottata dal presidente non ha avuto successo. I seguaci di López Obrador chiedono che si ricandidi: il che sarebbe una forzatura della Costituzione che permette un solo mandato di sei anni. Ma per fortuna Amlo, a differenza di altri suoi colleghi latinoamericani, esclude una ricandidatura, “perché sono maderista” – ha detto – alludendo all’ex presidente Francisco Madero, che in Messico è visto come il paladino della democrazia. Il suo gradimento personale è un riflesso del successo della sua gestione, che ha persino spinto l’opposizione ad abbandonare i suoi cavalli di battaglia per adottare posizioni più progressiste. E si è verificato ciò che fino a soli cinque anni fa sarebbe parso impossibile, ovvero un sostanziale venire meno dei discorsi precedentemente dominanti, egemonizzati dalla destra, a favore dell’attenzione alle politiche che perseguono la giustizia sociale.
“I diritti delle donne messicane cambieranno quando una donna governerà e avrà un governo con un approccio di genere”, ha dichiarato Beatriz Paredes, esponente del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), che fino a poco tempo fa era una delle candidate alle primarie dell’opposizione di destra che, oltre al suo partito, vede per la prima volta uniti nel Frente amplio por México, il Partito d’azione nazionale (Pan), e il Partito rivoluzione democratica (Prd), di centrosinistra. E di fatto, da oggi, il Messico ha due candidate donne alla presidenza, per eleggere la quale i messicani saranno chiamati alle urne il 2 giugno del 2024.
È stato per primo il Frente amplio por México ad annunciare ufficialmente, il 31 agosto, che il suo candidato presidenziale per le elezioni del 2024 sarà Xóchitl Gálvez, senatrice del Partito d’azione nazionale, di destra. Gálvez affronterà il partito dell’attuale presidente, il Movimento di rigenerazione nazionale (Morena), che ieri ha annunciato che la gara per la candidatura è stata vinta da Claudia Sheinbaum. López Obrador aveva bollato come una “farsa” il processo per eleggere il candidato presidenziale dell’opposizione, dopo che il resto dei candidati aveva fatto un passo indietro a favore di Gálvez, evitando la consultazione dei cittadini prevista per il 3 settembre.
Gálvez ha risposto a López Obrador che sarà la candidata presidenziale dell’opposizione per merito suo. “Sono qui, e lo dico al presidente, per il mio merito personale, non sono qui per nessuno, sono qui perché i partiti mi hanno aperto la loro casa, perché i partiti sono stati generosi nell’ascoltare i cittadini”, ha dichiarato in una conferenza stampa. Gálvez, imprenditrice e donna indigena originaria dello stato centrale di Hidalgo, è stata l’oppositore che si è scontrato frontalmente con López Obrador, ed è diventata popolare nell’opposizione dopo aver cercato di entrare, senza successo, quest’anno nel Palazzo nazionale per replicare alla conferenza stampa quotidiana del presidente. “Ho ricevuto un messaggio molto potente, che quella porta doveva essere aperta per i messicani, che quella porta è chiusa per le donne, per i bambini con il cancro, per i sindaci”, ha dichiarato. “Lì ho capito che questo presidente, invece di governare, si è chiuso nel suo palazzo, e non ascolta nessuno, e sì, mi sono incazzata, e sì, ho detto: deve essere aperto, e lo apriremo”, ha concluso. Data la sua popolarità, ha annunciato lo scorso giugno la sua intenzione di presentarsi per la presidenza nelle elezioni del 2024, e ha incentrato il suo messaggio sulle donne che “chiedono solo una fine della violenza, il rispetto dei diritti umani, la giustizia. Molte donne devono sopportare la violenza perché non hanno indipendenza economica”, ha dichiarato. E ha promesso cambiamenti per le donne in Messico, che, essendo la maggioranza, potrebbero darle la vittoria l’anno prossimo.
Xóchitl Gálvez, ha promesso domenica scorsa “unità” e rispetto di fronte alle “bugie” e agli “insulti” che ha attribuito al presidente López Obrador. Gálvez, sessant’anni, alla manifestazione pubblica svoltasi all’Ángel de la independencia nell’Avenida Paseo de la Reforma, a Città del Messico, durante la quale è stata ufficialmente candidata dall’opposizione, ha voluto accanto a se Ceci Flores, la messicana che ogni giorno attraversa il Paese nella speranza di trovare i suoi due figli scomparsi, Elsa Ortigoza, l’imprenditrice che è riuscita a pagare l’università dei suoi figli vendendo prodotti della spazzatura, e Nicolás Olguín, abitante del comune di Ixmiquilpan, Hidalgo, una comunità indigena dimenticata dall’attuale governo. Anche se non è entrata nei dettagli del suo programma, oltre alle madri in cerca dei figli scomparsi, ha nominato gli ambientalisti, i migranti centroamericani, e gli anziani, ai quali ha garantito rispetto e rivalutazione. In tour nello Stato del Chiapas, uno degli stati più dimenticati dai presidenti, a San Cristóbal de las Casas ha promesso che, in caso di vittoria, farà rispettare gli accordi firmati con l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) nel febbraio 1996. “Solo pochi mesi fa l’opposizione era in calo, dicevano ovunque che non c’era opposizione e oggi c’è opposizione, ecco l’opposizione, abbiamo ribaltato il pessimismo. Insieme recupereremo la speranza e oggi sono felice, determinata e piena di speranza”, ha detto Gálvez accettando la candidatura. In una recente intervista, ha dichiarato che “non ho formalmente un partito. (…) Sono politicamente daltonica. Vedo solo un colore, il colore del Messico”, definendo se stessa come di centro, centrosinistra.
Infine, ieri è stato reso noto il risultato del processo di individuazione della candidatura di Morena, che ha premiato Claudia Sheinbaum, ex sindaco di Città del Messico e fedele di López Obrador, a scapito dell’ex ministro degli Esteri, Marcelo Ebrard, che, a risultati ancora non ufficializzati, ha denunciato irregolarità chiedendo la ripetizione del voto. Sheinbaum, che ha dichiarato di voler continuare sulla strada dell’attuale presidente, si è imposta con il 39% delle preferenze sul 25,8% di Ebrard. Alle sue spalle, ha una carriera politica lunga più di due decenni durante i quali è sempre stata vicina all’attuale presidente, la cui popolarità rappresenta per lei un sicuro vantaggio, che dovrà riuscire a prolungare nei mesi che mancano alle elezioni.
Secondo un recente sondaggio di “Reforma”, Sheinbaum vincerebbe con il 46%, mentre il 31% andrebbe a Gálvez, e il 23% degli intervistati non ha risposto. Questo nel caso in cui il partito Movimiento ciudadano si presenti unito alla coalizione dell’opposizione. Secondo “El Financiero”, se i candidati alla presidenza nel 2024 fossero Sheinbaum, Gálvez e – per il Movimiento ciudadano – l’attuale governatore di Nuevo León, Samuel García (che non ha ufficializzato la sua partecipazione), il candidato del partito al potere otterrebbe il 46% delle preferenze, Gálvez il 37% e García l’8%. Mentre il 9% non ha scelto nessuno, non sa o non ha risposto.
Ieri sera, dopo l’annuncio del risultato, tutti gli altri candidati delle primarie di Morena hanno presenziato assieme alla vincitrice, tranne Ebrard, all’evento organizzato al World Trade Center di Città del Messico. In base a un accordo, tutti troveranno un posto nel governo di Sheinbaum, se vincesse nel 2024. Solo Ebrard, che ieri ha dichiarato “non ci sottometteremo a questa signora”, ha già detto che non accetterà alcun premio di consolazione, e ha anticipato la possibile uscita dal partito, anche se in seguito il suo entourage ha cercato di smorzare. Di fatto, Ebrard potrebbe lasciare Morena secondo voci persistenti diffuse dai media messicani. Si sostiene persino che possa lanciare una candidatura presidenziale indipendente, qualcosa che sarebbe controproducente per gli interessi di Morena. Scherzando, dall’opposizione Xóchitl Gálvez gli ha già offerto di unirsi alla sua squadra.
Da ieri, la sessantunenne Claudia Sheinbaum è l’erede del movimento politico costruito da López Obrador, il quale, quanto al suo futuro, ha assicurato che abbandonerà la vita pubblica alla fine del suo mandato, per dedicarsi al suo ranch. Spesso i critici hanno messo in dubbio la sua indipendenza da Amlo, e hanno detto che è stata praticamente una cinghia di trasmissione dei suoi desideri. Sheinbaum ha studiato fisica e ha un master e un dottorato in ingegneria energetica, e ha compiuto un soggiorno all’Università della California. Ha risposto che queste critiche sono falsità misogine. “Vediamo, una donna forse non può? Deve avere dietro di sé un uomo che gli dice come fare le cose?” ha dichiarato all’autore di un libro recente su di lei.
Se vince lei, come dai sondaggi sembrerebbe, dovrà riempire il vuoto che la personalità di López Obrador lascia nel Paese e a sinistra. Se invece avrà la meglio Xóchitl, il prossimo 2 giugno, dovrà saper dimostrare di poter condurre il Messico verso nuove mete, probabilmente anche a discapito di quanto vorrebbero le forze di destra che ora la sostengono e l’hanno scelta come la carta che può scompigliare il gioco. A entrambe l’arduo compito di far fare un passo avanti al Paese, che vive una occasione unica per lasciarsi alle spalle i pregiudizi misogini duri a morire.