(Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2023)
È una città piena di turisti la Montevideo in tempo pasquale, accorsi in massa per godere del sole caldo autunnale e dei tramonti mozzafiato sul Río de la Plata, le cui acque riflettono l’azzurro intenso del cielo, facendo volentieri dimenticare quelle limacciose della dirimpettaia Buenos Aires. A poco più di un’ora di battello dalla capitale, nei fine settimana, è una migrazione continua di argentini benestanti che, dall’altra parte dell’estuario, magari hanno casa, e corrono ad affollare le località rivierasche. Dalla gentile Colonia del Sacramento, ex avamposto portoghese che traspira saudade, fino a Punta dell’Este, paradiso della movida dei vacanzieri da spiaggia. Figurarsi a Pasqua, che qui, in ossequio a una lunga tradizione laica, dal 1919 ha smesso di chiamarsi semana santa, ed è stata ribattezzata “settimana del turismo”, in netto contrasto con la stragrande maggioranza dei Paesi latini.
Quasi del tutto assenti i segni della festa religiosa, anche in questi giorni la capitale uruguaiana è in linea con le statistiche che la vogliono la più laica del continente: dove il 37% dei poco meno di tre milioni e mezzo di abitanti dichiara di non aderire ad alcuna fede, a fronte della media continentale, che non va al di là dell’8%. Così, come già avviene per la riviera, la folla di turisti ha invaso la capitale, in particolare le stradine della ciudad vieja che sbocca nel porto e nei moli foranei, affollati dalle famiglie in passeggiata e dai pescatori della domenica. Uno spicchio cittadino, oggetto da tempo di un recupero e una rivitalizzazione che hanno restituito, seppure ancora non del tutto, una parte storica urbana importante, sottraendola al degrado. Un po’ dimessi rispetto ai cugini argentini, di certo meno fracassoni e ciarlieri, gli abitanti dell’oriente del Rio de la Plata fanno di tutto per confermare l’idea che il Paese funzioni. E, a quanto è dato vedere, funziona. Dai trasporti, alla sanità, alle scuole, fino alla diffusione capillare delle carte di credito: cosicché si può girare l’intero territorio nazionale senza un centesimo in tasca.
Dal novembre del 2020, sindaca di Montevideo è la sessantenne Ana Carolina Cosse, eletta per il Frente amplio, la coalizione di diciassette partiti e movimenti politici, che vanno dagli ex tupamaros di Lucia Topolansky, moglie di Pepe Mujica, ai comunisti, ai socialisti, fino ai democristiani. Nonostante la sconfitta subita nel 2019 – a opera del cartello elettorale chiamato Multicolor, che raggruppava il Partido nacional dell’attuale presidente Luis Lacalle Pou, il Partido colorado, il Cabildo abierto, il Partido independiente e ilPartido de la gente –, lo schieramento progressista, oltre alla capitale, governa anche la città di Canelones con Yamandú Orsi, un ex professore di storia di cinquantasei anni, eletto la prima volta nel 2015 e riconfermato per un secondo mandato due anni fa.
Messi assieme, Cosse e Orsi governano un territorio tra i più moderni dell’intera nazione, in cui vive quasi il 60% della popolazione uruguayana, e rappresentano bene la vitalità del Frente amplio che – dopo quindici anni ininterrotti al potere con le figure storiche di Tabaré Vázquez (presidente dal 2005 al 2010, e dal 2015 al 2020 quando è deceduto), di Pepe Mujica (2010-2015) e dello storico ministro dell’economia Danilo Astori, entrambi con ruoli attualmente secondari per ragioni di età – ha saputo far crescere una leadership che può competere e potrebbe vincere la corsa delle presidenziali, previste per l’ottobre 2024.
Il Frente amplio deciderà a dicembre, nel suo congresso, chi potrà partecipare alle elezioni interne del 2024, in un consesso composto in massima parte dai militanti dei comitati di base, incaricati di elaborare il programma elettorale della coalizione. I prevedibili candidati sono attualmente Carolina Cosse e Yamandú Orsi, anche se quest’ultimo è meglio posizionato nei sondaggi e otterrebbe un sostegno significativo. Ma, visti i mesi che mancano, non è escluso che altri possano emergere. Sta di fatto che, se si andasse alle urne ora, il Frente amplio si imporrebbe con il 43% dei voti. La tabella di marcia prevede che i partiti dovranno prepararsi a presentare i loro pre-candidati, che disputeranno definitivamente le elezioni interne nel giugno 2024. Si tratta di primarie simultanee, aperte e obbligatorie solo per i membri dei partiti, e i cui vincitori parteciperanno alle elezioni presidenziali del 27 ottobre 2024.
Il segreto della resilienza di una coalizione – riuscita a superare senza frantumarsi lo shock di più di otto punti percentuali in meno rispetto alle elezioni del 2014, e la perdita del governo, seppure di misura, imputabile probabilmente al rallentamento della crescita economica e forse anche alla scelta di un candidato sbagliato – si spiega in primo luogo con la natura stessa del Frente, costituito da una estesa rete di comitati di base e da forti rapporti con organizzazioni sociali e sindacati, che funzionano ben al di là dei periodi elettorali. Di fatto, una realtà variegata e ben radicata che esprime proprie forme anche di impresa, come quella di origine obrera che organizza segmenti di trasporto pubblico, facendo circolare degli autobus battezzati octubre rojo.
Dopo tre anni di governo di Lacalle Pou, nonostante il gradimento sia ancora alto, l’essere stati all’opposizione sembra finalmente pagare per il Frente, dato che l’immagine di Lacalle è scesa da 49% a 39% tra agosto e dicembre dell’anno scorso. Mentre, sulla maggioranza della popolazione, pesano le preoccupazioni per l’andamento dell’economia, per la sicurezza pubblica e per l’istruzione. Ciò detto, gioca a favore del Frenteanche il fatto che, dopo il lungo periodo in cui è stato al governo, non dovrà difendersi dalle accuse, che gli venivano rivolte in precedenza, di spaventare gli investitori. E se, a quanto pare, trae beneficio dallo scontento che l’agenda di tagli del governo in carica sta generando nel Paese, sta al contempo dimostrando di essere capace di proporre un credibile cambio generazionale.
Di certo non giova alla popolarità del governo attuale la proposta di modifica del sistema pensionistico, che, oltre a penalizzazioni del trattamento economico, prevede l’innalzamento dell’età, per poter lasciare il lavoro, da sessanta a sessantacinque anni. Una misura che, secondo gli istituti demoscopici, vedrebbe la contrarietà del 41% della popolazione e a favore solo il 26%, e che sta provocando un acceso dibattito e mobilitazioni a livello sociale. Non mancano, inoltre, le voci di corruzione, che hanno portato a settembre all’arresto del capo della sicurezza presidenziale per un’indagine sulla consegna di passaporti falsi a cittadini russi. È a tutti gli effetti un problema, che può avere un forte impatto istituzionale, in base ai risultati che l’indagine farà emergere a carico dell’ex capo della sicurezza presidenziale.
Tutto ciò ha fatto sì che, nel novembre 2022, come già ricordato, uno studio di opinione della società di consulenza Cifra ha registrato una ripresa della coalizione di sinistra. I risultati del sondaggio sono senza alcun dubbio una foto dell’attuale clima politico, che mostra un elettorato diviso, tendente a spostarsi un po’ più a favore dell’opposizione anziché verso la coalizione di governo. Per quanto riguarda quest’ultima, si dà per scontato che il candidato sarà il vincitore all’interno delPartido nacional, che attualmente esprime tre pre-candidati: Álvaro Delgado, attuale segretario della presidenza, Laura Raffo, ex candidata a sindaco di Montevideo per la coalizione di destra, e Beatríz Argimón, attuale vicepresidente. Delgado sembra avere più chance. L’istituto Opción gli dà il 41%, seguito da Argimón, con il 16%, e Raffo col 12%. Mentre, sempre secondo Cifra, il Partido nacional al potere ha oggi il 30% delle intenzioni di voto.
In questa situazione, pare prevedibile che Lacalle Pou allenterà i cordoni della borsa in vista della campagna elettorale, per far dimenticare la sua politica di tagli, e forse anche per alleviare i danni provocati da tre anni di siccità. Per quanto favorita, la coalizione di sinistra sconta, tuttavia, una sua debolezza nei dipartimenti interni dove prevalgono i partiti della destra, e ha difficoltà a raggiungere i settori popolari che vivono di economia informale. Ciò potrebbe in qualche modo danneggiarla. Se anche non portasse – ancora – a un rovesciamento dei pronostici, potrebbe consegnarle un Paese spaccato, difficile da governare.