Gli ambientalisti
Lo schieramento sociale e politico contro l’ipotesi di installare nella zona di Santa Palomba, a sud della capitale, un megaimpianto di incenerimento dei rifiuti si sta allargando. Oltre ai comitati locali, cresce un movimento di opposizione che critica la scelta del sindaco Gualtieri. Sui nodi del contendere abbiamo chiesto il parere di un attivista ambientalista, da anni punto di riferimento della sinistra ambientalista romana, Ferdinando Bonessio, consigliere comunale del gruppo capitolino Europa Verde Ecologista. Ecco la sua posizione rispetto a come si dovrebbero trattare i rifiuti della capitale.
Perché siete contrari al termovalorizzatore?
Noi critichiamo il metodo e il merito delle scelte che si stanno attuando per affrontare l’emergenza rifiuti. Intanto, è stata discutibile la decisione di designare il sindaco, oltre che come Commissario straordinario per il Giubileo 2025, anche come Commissario per l’emergenza rifiuti, grazie all’art.13 del DL n. 50/22. Nomina a Commissario speciale stranamente avvenuta con l’inserimento di un articolo in un decreto che riguardava “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali”. Com’è stata anomala la scelta di Gualtieri di puntare tutto sull’inceneritore, anche se nel Piano Rifiuti del 2020, approvato dalla Regione Lazio, non era previsto, mentre si confermavano per l’incenerimento solo gli impianti già presenti e funzionanti. Inoltre, ammesso che l’inceneritore al termine di tutte le procedure previste venga effettivamente realizzato, questo non entrerà mai in funzione per poter gestire l’emergenza rifiuti durante il Giubileo: le previsioni prevedono l’entrata in funzione per il periodo di collaudo alla fine del 2026.
Noi pensiamo che la scelta di costruire un mega impianto a Santa Palomba sia sbagliata e crediamo in soluzioni diverse, come per esempio la realizzazione di piccoli impianti di riciclo e trasformazione della differenziata, diffusi nei municipi, a costi contenuti e ad alto livello occupazionale. Crediamo nella politica delle tre “r”: riduzione della produzione di rifiuti, riuso e raccolta differenziata effettiva (non come quella di oggi che non è una vera raccolta differenziata in quanto di bassissima qualità). Critichiamo poi la scelta di conferire lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati di una megalopoli come Roma a un unico impianto basato sul concetto dell’incenerimento del rifiuto “tal quale”, ovvero senza differenziarlo a monte. In questo modo nell’inceneritore andrà di tutto, dalle plastiche ai rifiuti organici, dalla carta al vetro. Sfido chiunque a dimostrarmi che questa pratica possa rientrare nella “economia circolare” che, a parole, sembrerebbe un obiettivo condiviso. È anche sbagliata la strada dei megaimpianti: quello proposto avrebbe una capacità di trattamento pari a 600mila tonnellate l’anno, che fa inevitabilmente supporre che si stia puntando sulla scelta di abbandonare tutte le altre soluzioni di trattamento dei rifiuti, visto che nell’impianto di Santa Palomba si concentrerebbe quasi tutta la raccolta di rifiuti indifferenziati della capitale. Se invece Roma puntasse realmente sulla crescita contestuale della raccolta differenziata, allora avremmo praticamente la certezza che questo impianto, per ammortizzare i costi di gestione, dovrà bruciare i rifiuti provenienti da fuori regione, mantenendo per decenni tutte le sue potenzialità inquinanti.
Quindi i problemi principali riguarderanno l’inquinamento, i rischi per la salute e il gigantismo dell’impianto?
È ovvio che i problemi della salute dei cittadini devono stare al primo posto nelle scelte politiche ambientali; quello che non ci ha convinto, però, è anche la soluzione dei problemi strutturali e logistici, a partire da quello dei trasporti. Come si porteranno le centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti di Roma a Santa Palomba, una zona che già soffre dei collegamenti stradali da e per la città? (via Ardeatina, ndr). Il Commissario Gualtieri ha fatto sapere che una delle ipotesi allo studio suggerirebbe l’utilizzo del trasporto ferroviario. Ma a quali snodi ferroviari si pensa? Non sembra affatto credibile l’ipotesi di utilizzare gli snodi ferroviari importanti. Faremo partire i rifiuti da Termini? O dalle stazioni Tiburtina, Tuscolana, Ostiense, che sono tutti snodi rivolti ai passeggeri e inseriti nel tessuto residenziale della città? L’unica ipotesi che pare stia prendendo corpo è quella di utilizzare il centro di smistamento ferroviario di Villa Spada, sulla Salaria. Ma anche questa scelta ci sembra piena di difficoltà logistiche e ambientali. Immaginiamo cosa potrebbe significare trasportare con i camion e i compattatori 600mila tonnellate di rifiuti per caricarli sui treni che dovrebbero arrivare poi direttamente all’interno dell’area dell’inceneritore. Secondo noi, la scelta è sbagliata a monte perché, a differenza di tante altre capitali europee che stanno riducendo al minimo l’utilizzo degli inceneritori per privilegiare le forme di selezione dei rifiuti a monte e quindi il ruolo riciclo, da noi si rinuncia ad attivare una raccolta differenziata di qualità (le percentuali a oggi indicate da Ama non sono corrette, perché indicano solo il volume della raccolta differenziata e non specificano le reali quantità di ciò che effettivamente viene riciclato). La dimostrazione di questo dato di fatto è che si parla di rifiuto “tal quale” per Santa Palomba. Ancora una volta l’Ama si dimostra inadeguata. Bisognerebbe invece organizzare campagne di sensibilizzazione dalle scuole elementari. Creare una sensibilità civica che, come massa critica, condizioni anche le scelte industriali. Avete mai visto campagne del Comune o dell’Ama, congiuntamente alle catene della grande distribuzione, sulla limitazione degli imballaggi o sulla riduzione della plastica dei contenitori alimentari?
Voi avete messo in evidenza anche altri problemi economici per l’impianto di Santa Palomba. Quali sono?
Si devono prima di tutto chiarire i termini del contratto di affidamento dell’impianto (che sorgerà sul terreno acquistato da Ama) alle aziende che partecipano alla cordata per vincere l’appalto. In questo momento in campo c’è un pool di aziende: Acea, Hitachi, Caltagirone e Suez. Si parla di una concessione per alcuni decenni, ma si dovranno chiarire i termini del piano economico per chiarire bene il rapporto tra pubblico e privato, ovvero tra l’amministrazione e le aziende che gestiranno l’impianto e i possibili affari che se ne ricaveranno. Si parla di un costo di cento euro a tonnellata. Quali saranno i vantaggi reali per l’amministrazione e quanto spazio avrà invece il guadagno dei privati, che potrebbero proporre di accogliere anche da altre regioni rifiuti da smaltire? Insomma, i nodi da sciogliere sono ancora tanti.
I comitati “no inceneritore”
Marco Alteri, consigliere comunale di Albano, è il portavoce dei comitati e delle associazioni della Rete Tutela Roma Sud, che hanno presentato i ricorsi (in tutto sei) al Tar contro l’inceneritore di Santa Palomba. Gli chiediamo un aggiornamento sulla situazione e sui possibili sviluppi dopo la sentenza del Tribunale amministrativo regionale.
Prima di tutto – dice Alteri – ci tengo a sottolineare un aspetto importante. Tra i ricorrenti, c’è anche un’azienda agricola sita a 600 metri dal terreno acquistato dall’Ama per l’installazione dell’impianto. Si tratta di un’azienda che produce ed esporta Kiwi, vino e olio, con certificazione biologica e biodinamica anche in Svizzera. Com’è successo per tante aziende in varie città europee, dove sono stati messi in funzione impianti di questo genere, rischia di perdere la certificazione e di conseguenza non potrebbe più continuare l’attività. È un fatto grave per l’azienda, ma che ci dovrebbe far riflettere sul fatto che la nostra contestazione non si limita a contrastare gli effetti negativi dovuti alla produzione di diossine in loco, ma si estende a una difesa degli interessi dei consumatori, visto che poi quei prodotti vengono commercializzati anche nei mercati della capitale. Per quanto riguarda il punto della situazione, è presto fatto. Il Tar si è riunito il 5 luglio, e da quella data ha quarantacinque giorni di tempo per esprimere la sentenza che consisterà nell’accettazione dei ricorsi o, al contrario, nella decisione di respingerli. Il presidente del Tribunale ha detto che farà il possibile per accelerare i tempi vista la rilevanza dell’argomento. Ma – vista la quantità di documentazione che i giudici dovranno analizzare – è probabile che la notizia della sentenza si avrà solo a settembre considerando la chiusura estiva del tribunale.
Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a presentare i ricorsi?
Abbiamo posto il problema della costituzionalità del ruolo di Commissario straordinario che è stato attribuito al sindaco Gualtieri per un’opera come l’inceneritore che non è collegata al Giubileo, anzi lo travalica. Se decade questo tassello ovviamente salterebbe tutto l’impianto dell’operazione. Inoltre, sottolineiamo anche alcune stranezze e incongruenze. L’inceneritore non era previsto nel Piano Rifiuti regionale del 2020, e non si sono avute notizie sulla localizzazione prima dell’ordinanza numero 8 del dicembre 2022. Abbiamo avuto notizie informali sul fatto che l’amministrazione capitolina aveva dato indicazioni all’Ama di acquistare il terreno (sette milioni e mezzo di euro) prima dell’ordinanza, senza nessun coinvolgimento dei Comuni confinanti, nonostante Gualtieri sia anche sindaco metropolitano. La motivazione di fondo che ci ha spinto a mobilitarci, oltre alla battaglia in difesa dell’ambiente e della salute di tutte le persone che vivono in quell’area, riguarda il fatto che la scelta dell’inceneritore ci sembra l’accettazione di una sconfitta da parte del Comune. Poiché l’emergenza rifiuti della capitale dipende da inefficienze del sistema di raccolta, e vista l’incapacità di superare la raccolta stradale, adottando anche soluzioni per la riduzione dei rifiuti (come le compostiere per i mercati e le mense), la scelta dell’inceneritore certifica il fallimento dell’amministrazione, in quanto è incapace di rispettare la gerarchia europea dei rifiuti e il Piano regionale che ritiene sufficiente l’inceneritore di San Vittore, in attesa di implementare nuove tecnologie non considerate dal Commissario. Poniamo poi vari problemi anche dal punto di vista della sostenibilità economica, i cui costi ricadranno sui romani. Se in altre zone del Paese, o in altri Paesi europei, il modello del termovalorizzatore può avere anche una funzione di produttore di energia termica (riscaldamento), come nel caso di Brescia, in un’area geografica come quella di Santa Palomba questa motivazione decadrebbe. E comunque ci vorrebbero più energia e più acqua, sempre più carente, per produrre una quota residuale di energia, tanto da rendere antieconomico il progetto. Ci interessa comunque chiarire l’importanza della nostra battaglia anche per la salute alimentare e per i controlli territoriali in tutte le zone dove sono attivi termovalorizzatori o impianti analoghi. Stiamo preparando su questo tema una conferenza stampa specifica per settembre.
Il Comune
Il sindaco Roberto Gualtieri – che, come si è detto, è anche Commissario allo smaltimento dei rifiuti, e che in questo momento vede diminuire di dieci punti la sua popolarità (almeno stando ai dati del 19° sondaggio Governance Poll 2023, pubblicato dal “Sole 24 Ore” sul gradimento dei primi cittadini) – ha scelto con convinzione la via del termovalorizzatore: una scelta strategica che continua a difendere, nonostante le critiche e le battaglie dei movimenti “no inceneritore”. Per capire a fondo la posizione della giunta capitolina, abbiamo girato alcune domande a Sabrina Alfonsi, assessora all’Agricoltura, ambiente e ciclo dei rifiuti. Capolista per il Partito democratico alle ultime elezioni comunali, è risultata la candidata più votata del Pd, e la seconda più votata in assoluto. Ecco le sue risposte.
Il termovalorizzatore è stato proposto sin dall’inizio come una soluzione definitiva al problema storico dello smaltimento dei rifiuti a Roma. Lo sarà davvero o serviranno altre soluzioni complementari?
L’esistenza della discarica più grande d’Europa, a Malagrotta, per decenni ha sollevato le amministrazioni che si sono succedute al governo della città dall’onere di pensare e realizzare un ciclo industriale per il trattamento dei rifiuti di Roma. Con la chiusura della discarica nel 2014, imposta dalle procedure di infrazione comminate dall’Europa, il problema è esploso in tutta la sua virulenza, ma nei dieci anni successivi non è stato fatto nulla per affrontarlo in modo risolutivo. Da quando, ad aprile del 2022, il Sindaco Gualtieri ha annunciato l’intenzione di realizzare un termovalorizzatore a Roma, questa è diventata la notizia che ha catalizzato l’attenzione, dei media soprattutto e anche dei cittadini.
In realtà, il termovalorizzatore è soltanto uno degli impianti previsti dal Piano per la gestione dei rifiuti di Roma Capitale per il trattamento dei rifiuti prodotti a Roma che – vale la pena ricordarlo – ammontano a 1,7 milioni di tonnellate l’anno, di cui oltre 900 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati. Il sistema impiantistico previsto comprende due biodigestori anaerobici per il trattamento della frazione umida, con recupero di biogas; due impianti per la selezione della carta e del multimateriale che ci aiuteranno a elevare la percentuale della raccolta differenziata; un impianto per il trattamento delle terre di spazzamento derivanti dalla pulizia delle strade. Sono previsti anche impianti minori, come per esempio quelli per il trattamento del tessile e dei materiali assorbenti. Un sistema impiantistico integrato, dunque, a servizio della città. Per quanto riguarda il termovalorizzatore, sostanzialmente si tratta dell’impianto che ha il compito di chiudere il ciclo in ambito locale, recuperando energia dalla frazione residua a valle della raccolta differenziata, che comprende anche gli scarti non riciclabili provenienti da quest’ultima. In questo modo, si minimizza il ricorso alle discariche – oggi al 30% circa – e si realizza l’obiettivo posto dall’Europa che prevede un massimo del 10% entro il 2035.
L’idea è frutto ovviamente di uno studio su tutte le possibili alternative: quali sono stati i motivi che hanno fatto abbandonare altre strade legate al riciclo, a nuove forme di raccolta differenziata, di cui parlano i movimenti ambientalisti?
Prima di prendere la decisione finale sono state verificate tutte le possibili alternative, con il contributo di numerosi esperti del settore. A livello di impiantistica industriale per trattare grandi volumi, la tecnologia del recupero energetico dai rifiuti attraverso l’incenerimento è quella più sperimentata e affidabile in assoluto. Le bioraffinerie o gli impianti a ossi-combustione, dei quali si parla come alternative più avanzate, non sono ancora tecnologicamente mature. Non ci sono, nel nostro Paese né altrove, impianti operativi su larga scala, ma solo piccoli impianti pilota. La situazione e i volumi di produzione di Roma non consentono esperimenti, bisogna essere concreti e ridurre al massimo i tempi di realizzazione.
E poi, non corrisponde al vero che siano state abbandonate le strade legate al riciclo e alla raccolta differenziata. Il Piano Rifiuti di Roma prevede obiettivi molto ambiziosi per la crescita della raccolta differenziata al 65% nel 2030 e al 70% nel 2035. Un processo che passa necessariamente attraverso l’ottimizzazione della logistica della raccolta (nuovi mezzi e infrastrutture, la riorganizzazione del servizio su base municipale e nuovi centri di raccolta su tutto il territorio). Pur spingendo al massimo gli obiettivi di riduzione dei rifiuti, recupero e riciclo di materia e aumento della raccolta differenziata, resterebbero ancora centinaia di migliaia (oggi quasi 900mila, nel 2030 circa 700mila all’anno) di rifiuti indifferenziati da trattare. Oggi questi rifiuti finiscono direttamente in discarica e a incenerimento, a San Vittore o in impianti di altre regioni, con costi altissimi sia in termini economici sia ambientali.
Deve essere chiaro che termovalorizzatore e potenziamento della raccolta differenziata – diversamente da quanto viene raccontato – non sono antitetici, ma anelli di una stessa catena. Nella gerarchia europea dei rifiuti dopo la riduzione, il riuso e il riciclo è previsto il recupero di energia, proprio per evitare il ricorso alle discariche. Da decenni, tutte le capitali e le maggiori città europee, tranne casi sporadici, si sono adeguati a queste regole, e hanno costruito inceneritori con recupero energetico. Questo vale anche per le regioni del Nord Italia, quelle stesse dove il ciclo dei rifiuti si chiude, dove i risultati della raccolta differenziata, del riciclo e dell’economia circolare sono i migliori, dove ci sono ottimi livelli di pulizia e decoro, dove le tariffe pagate dai cittadini sono più basse. Roma e il centro Italia sono in ritardo di trent’anni rispetto alle prescrizioni europee di chiudere il ciclo dei rifiuti secondo i criteri dell’autosufficienza e della prossimità. È ora di colmare questo gap.
Quali sono i problemi logistici che si dovranno affrontare? Ovvero come si trasporteranno i rifiuti a Santa Palomba, la zona dove sarà installato il termovalorizzatore?
Ci sono ipotesi in corso di valutazione. Le indicazioni politiche che sono state fornite ai tecnici riguardano il minor carico possibile di mezzi rispetto alla via Ardeatina, con l’individuazione di un mix di percorsi alternativi che utilizzino anche il Grande Raccordo Anulare e la via Laurentina. Soprattutto, c’è il progetto – già annunciato dal sindaco – di utilizzare la ferrovia per il trasporto delle ecoballe fino a Santa Palomba, con verifica della possibilità di far arrivare i vagoni direttamente all’impianto. Attendiamo che siano compiuti tutti i passaggi tecnici e burocratici del caso, per potere adottare le decisioni conseguenti.
Che valutazione dà il Comune del ricorso presentato al Tar da associazioni e comitati? Quali previsioni fate sulla sentenza del Tribunale amministrativo che dovrebbe arrivare prima dell’interruzione estiva?
La scelta operata dal Commissario sulla localizzazione dell’impianto è una scelta legittima, ma ovviamente i cittadini, singoli o riuniti in associazioni e comitati, stanno esercitando un loro diritto chiedendo all’organo della giustizia amministrativa di valutarne l’operato ai sensi della normativa vigente. In pendenza del giudizio di merito, a nessuno è consentito fare previsioni sulla sentenza, tanto meno a un amministratore pubblico.
(6. continua. Le precedenti puntate sono del primo, 6, 13, 20 e 27 giugno)