La vicenda dell’orsa trentina fa pensare ad alcune cose che varrebbe la pena approfondire. La prima è che la richiesta di uccisione dell’orsa si presenta con i caratteri della vendetta, che compatta la comunità e la tranquillizza, perché le fa sentire che a uccidere il runner non è stata una casualità, ma un colpevole, l’animale, che va abbattuto in quanto infido e crudele. Siamo quindi di fronte a una logica del sacrificio, che però non chiude una volta per tutte le violenze ma, in un certo senso, le legittima per il futuro contro tutto ciò che sfugge al controllo umano.
E veniamo alla seconda questione, quella del limite. Il limite è tema fondamentale per la nostra società in genere, e in particolare per la montagna che si troverà, nel giro di pochi anni, ad avere pressoché esaurito la risorsa turismo, perché non nevicherà più, dato che la crisi climatica sta alzando vertiginosamente le temperature. È la tracotanza umana, che non si cura del limite, a causare la crisi climatica – ma di questo non si vuole parlare finché alcuni grandi gruppi vorranno estrarre tutto il valore che c’è in Trentino, per lasciarlo morente e depredato di ogni risorsa, com’è già successo in tante altre parti del mondo, in cui lo sfruttamento intensivo ha ridotto in povertà (e magari senz’acqua) popolazioni indigene e intere regioni. Nel frattempo, uccidere un’orsa può aiutare a non porsi il problema del limite, additando falsi colpevoli.
A questo secondo punto, che riguarda il turismo, se ne aggiunge un terzo a esso collegato: quello dello svago e del nostro stare nella natura. Il bosco è sempre più il luogo della passeggiata, della ricreazione, del benessere, del cosiddetto contatto con la natura, da ricreare nel fine settimana dopo lo stress della vita in città. Il bosco è bello come luogo del benessere e, in quanto tale, è luogo della dismisura, perché pensato come ambiente senza rischi, senza casualità, senza pericoli.
A nessuno viene più in mente che invece il bosco è bello in quanto misterioso, sede di forze non controllabili interamente dall’uomo, natura che interroga sul posto degli esseri umani nel mondo e sul loro rapporto con il creato. Non staremo qui a ricordare quanta letteratura, quanta arte, siano nate, nel corso dei secoli, proprio a partire dal bosco, dal mistero delle sue forze, dall’oscurità che spinge a interrogarsi sulla sua stessa oscurità, e sui fantasmi che abitano la nostra psiche.
Infine, il populismo antipolitico. La comunità si compatta nella vendetta e nell’accusa contro la politica, rea di aver reintrodotto gli orsi senza il placet dei cittadini. I familiari della vittima faranno addirittura causa contro le istituzioni trentine. La comunità non vuole riconoscersi nella dimensione politica e istituzionale: le basta il sangue per sentirsi tale. E le istituzioni, impaurite, sembrano sottomettersi, offrendo il sacrificio dell’animale, e favorendo così la spirale antipolitica.