Guardiamo i lampi della guerra oltre l’ex cortina di ferro, e sentiamo le bombe esplodere verso Oriente. Il mondo ci appare sempre più cupo ma non ci accorgiamo che a pochi chilometri da noi, in Libia, è solo questione di tempo prima che esploda virulenta una nuova guerra. E, anche in questo caso, Europa e Stati Uniti giocheranno un ruolo importante. Tripoli, Bengasi, Sirte e Sebha non sono poi così lontane da Kiev, Mosca e Washington: le loro storie si intrecciano e hanno un denominatore comune nei mercenari della Wagner, l’esercito “parallelo” russo, che ha due basi aeree militari nella Cirenaica e nel Fezzan (oltre ad avere altre postazioni nell’Africa centrale, in Ciad, Sudan e Mali). La presenza più avanzata dei mercenari filorussi nel Mediterraneo è dunque la Libia. E per le potenze occidentali questa presenza rappresenta una minaccia. Tanto grave che, negli ultimi due anni, abbiamo assistito a un rimescolamento delle carte delle alleanze e delle presenze straniere nel Paese.
La Cirenaica del generale Haftar voleva conquistare Tripoli, e si alleò con l’Egitto, i Paesi arabi e, appunto, i mercenari della Wagner. La Tripolitania rispose stringendo un’alleanza con la Turchia. Oggi sono tutti dalla parte del governo di Tripoli del premier Abdel Hamid Dbeibah, nonostante non abbia più una sua legittimazione, violando gli accordi di Ginevra che prevedevano una durata del governo di diciotto mesi, al termine dei quali la Libia avrebbe dovuto andare a elezioni. Dbeibah, dalla sua parte, ha la gestione dell’estrazione del petrolio e del metano e la Banca centrale. Insomma, il potere economico.
I diciotto mesi sono trascorsi e le elezioni sono state rinviate. Anche la mediazione del rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, il senegalese Abdoulaye Bathily, per il momento si è rivelata inconcludente. Naturalmente, il generale Haftar continua a servirsi dei mercenari della Wagner per difendere i propri territori. C’è un governo eletto dal parlamento (anch’esso scaduto), con sede a Bengasi e Sirte, presieduto da Fathi Bashaga, che controlla la Cirenaica, il Fezzan e una parte della Tripolitania.
Ad oggi, non si intravede nessuno spiraglio di possibile mediazione. Le due fazioni in lotta, Tripoli contro Bengasi, avevano fatto entrare nel Paese eserciti stranieri per avere il sopravvento nella guerra civile. Oggi questi eserciti sono tutti schierati contro il governo eletto dal parlamento. Ma fino a quando potrà andare avanti l’ingovernabilità del Paese, a quasi dodici anni dalla rivoluzione che depose il colonnello Muammar Gheddafi?
Non è solo la Libia a far paura. Nei paesi rivieraschi del Maghreb la crisi potrebbe essere devastante. In Tunisia, innanzitutto – ma poi anche in Niger, Ciad, Sudan (dove già si sta combattendo) e nello stesso Egitto potrebbero scatenarsi conflitti violenti. La crisi economica morde, e a farne le spese potrebbe essere anche la ricca Libia. Non si nasconde la preoccupazione, soprattutto a Roma, che decine di migliaia di persone possano voler attraversare il Mediterraneo.