Qualcosa si muove. Oltre cinquemila manifestanti, lo scorso 25 marzo, hanno sfilato a Genova per dire no all’ampliamento del porto nel ponente, intervento che dovrebbe interessare in particolare la zona di Prà. Almeno, così prevederebbe il piano regolatore portuale, peraltro ancora in gestazione, che contempla anche la fabbricazione, sul Lido di Pegli, dei cassoni di cemento necessari per la realizzazione dell’ambizioso (e contestato) progetto della nuova diga foranea, di cui abbiamo già parlato (vedi qui). Si moltiplicano, dunque, le voci contrarie all’allungamento della diga in quella zona dell’area portuale e allo spostamento del porto petroli. Lo slogan dei comitati spontanei, sorti per dire di no allo stravolgimento di ciò che rimane del lungomare a ponente, è il seguente: “Non prenderete il nostro mare”.
La fabbrica dei cassoni prevista a Pegli Lido è considerata inquinante, ed è ormai evidente che l’ampliamento del porto di Prà, con nuovi tombamenti sul mare, sottrae spazi e peggiora la qualità della vita e dell’acqua nella zona. Non solo: con molta ragione, si paventa che, in conseguenza della trasformazione delle ultime strisce di spiaggia rimaste in cantieri all’aperto, gli immobili si svalutino, come sottolineano alcuni dei manifestanti. Il corteo è stato aperto da uno striscione che recitava a chiare lettere: “Il ponente dice no”. In piazza, anche diversi consiglieri comunali, municipali e regionali dell’opposizione. Al corteo non hanno partecipato i componenti della giunta del Municipio VII Ponente, serbatoio elettorale del sindaco Marco Bucci.
Il sindaco, riferendosi alla manifestazione, è stato come al solito brusco: “Il ponente bistrattato? Non credo proprio, i numeri lo dicono chiaro e tondo, non è vero che tutte le servitù sono a ponente; io dico solo che, durante il mio operato, le scelte non sono mai state fatte sulla base di ponente o levante, ma su ragionamenti razionali, per avere il risultato migliore in termini di sviluppo per Genova; il porto c’è e deve essere sviluppato, sennò cosa lo teniamo a fare?”
Bucci si è molto innervosito per la fuga di notizie, e si è scagliato contro alcuni giornalisti accusandoli di “comunicazione di tipo terroristico”, e di avere fatto una “carognata” per avere diffuso, prima del tempo, alcuni stralci del non ancora approvato piano regolatore portuale. A tentare di calmare le acque, è intervenuto il vicesindaco, Pietro Piciocchi, nonché assessore al Bilancio e ai lavori pubblici, che ha cercato una interlocuzione con i manifestanti, commentando: “Non sono qua per avanzare soluzioni, ma per discutere assieme ai cittadini di tutte le istanze, per ascoltare e per raccontare quanto è stato detto e fatto, e quanto ancora ci sia da fare e da decidere”. Detto in altri termini: stiamo parlando solo di ipotesi e non c’è niente di definitivo. Peccato, però, che la disponibilità al colloquio si affacci solo dopo una manifestazione particolarmente partecipata
La questione va molto oltre la scarsa propensione partecipazionista della giunta. Cresce la preoccupazione per un nodo molto sentito in città, e di non facile soluzione: da una parte, c’è un porto che cerca spazi per poter crescere, dall’altra, invece, ci sono i quartieri dell’estremo ponente genovese, che chiedono di non dover pagare altre servitù oltre quelle storicamente cumulatesi. Sarà difficile conciliare le due diverse istanze. Secondo i manifestanti in piazza, serve chiarezza da parte del Comune su quali siano i progetti che verranno realmente attuati, da presentare in un confronto pubblico, che per il momento non c’è stato, fatta eccezione per alcune sedute in consiglio comunale, in cui i comitati avevano già portato le loro rimostranze. D’altro canto, il sindaco ha ribattuto che “non c’è ancora nulla di definito, prima delle proteste e dei ‘no’ bisognerebbe aspettare di avere una proposta concreta sul tavolo”. Parole che non rassicurano chi vuole difendere il mare e l’ultima, frequentatissima spiaggia libera che rimane nel ponente genovese, a Voltri.
La preoccupazione c’è: sembrano rafforzarla, appunto, le notizie trapelate dai giornali. Non sono pochi i cittadini che vogliono difendere quel che rimane del litorale, e che sognano da tempo una riqualificazione, soprattutto in aree lungamente trascurate come Prà e Multedo, sedi di impianti industriali e di smaltimento container. I progetti che stanno interessando il porto, e il suo discusso ampliamento, riportano allo scoperto una storica ferita aperta: quella delle “spiagge perdute”. Oggi pochi ricordano che un tempo, almeno fino ai primi decenni del Novecento, era il ponente genovese a essere celebre per le sue spiagge e i suoi stabilimenti balneari, non il levante, roccioso e caratterizzato da aspre scogliere. Su quella che fu la bella spiaggia di Cornigliano, la nobiltà genovese organizzava le corse dei cavalli, e, in un’epoca successiva, veniva a fare il bagno Guido Gozzano. Lì sorse poi l’Italsider, cancellando completamente la spiaggia, e, nel corso del suo ampliamento, venne poi demolito il romantico Castello Raggio, a ridosso del mare, rimasto nel cuore dei genovesi, come attesta la diffusione delle stampe e dei quadri che lo ritraggono. L’urbanizzazione e l’industrializzazione hanno progressivamente eroso le spiagge; l’ultima divorata dalle necessità della logistica e dei trasporti è stata quella di Prà. Dell’antico litorale sopravvive ormai solo lo spiaggione di Voltri, nel mirino appunto per le necessità costruttive comportate dall’ampliamento del porto e dalla nuova diga foranea.
Certo, un’amministrazione non assillata dalla frenesia del fare, e dalla necessità di spendere i soldi del Pnrr, dovrebbe tenere conto di questo passato, e prestare una maggiore attenzione a tutto il territorio cittadino: la città ha il diritto di poter godere di un proprio affaccio sul mare. Ma Bucci mira al bersaglio grosso – i quattrini pubblici. Ha il suo comitato di affari che lo sostiene, il resto a lui appare accessorio. Il sindaco, finora, si è venduto dei bei rendering della sistemazione portuale a venire; la manifestazione ha però mostrato che un pezzo sempre più importante di città comincia a non crederci e a pensarla diversamente.