Mai fu così vuota la Hauptbanhof di Berlino, la stazione centrale da cui ci giungono immagini quasi spettrali. Nessuna presenza umana lungo binari congelati in una innaturale immobilità. Deserta e immersa nel silenzio anche la stazione di Wannsee, in genere affollato crocevia di pendolari. Lunedi 27 marzo, il più grande sciopero dei trasporti degli ultimi decenni, che giunge a interrompere un periodo di prolungata pace sociale, ha messo in ginocchio la Germania. Si sono fermati tutti: treni, autobus, aerei, navi e battelli, trasporto locale, autostrade. Lo sciopero è stato di ventiquattr’ore.
I sindacati hanno parlato di una “vastissima mobilitazione”. Secondo il sindacato dei ferrovieri (Evg), hanno scioperato oltre trentamila lavoratori del settore. In tutto il Paese “il traffico ferroviario a lunga percorrenza è stato sospeso, così come le linee regionali”, secondo quanto afferma il portavoce della Deutsche Bahn, l’azienda tedesca delle ferrovie. Nella maggior parte degli aeroporti, compresi quelli principali di Francoforte e Monaco di Baviera, i voli sono stati cancellati. In molte grandi città il trasporto pubblico è stato completamente interrotto. A Berlino, la S Bahn – una rete di tram e metropolitane che avvolge il perimetro della città – è stata bloccata. La mobilitazione ha preso corpo in un contesto di crescenti tensioni sociali, in un Paese in cui, fin dall’inizio dell’anno, si sono moltiplicati gli scioperi per l’aumento dei salari: dalle scuole agli ospedali, fino alle poste. Questo Mega-Streik (“mega-sciopero”), com’è stato ribattezzato dai media tedeschi, paralizza un Paese in cui i prezzi sono in aumento da più di un anno, con un’inflazione che ha raggiunto il 9% a febbraio. I sindacati Evg dei ferrovieri, e Ver.di dei dipendenti pubblici, chiedono un aumento salariale superiore al 10%, e cinquecento euro subito in busta paga. I datori di lavoro (Stati, comuni, aziende pubbliche) propongono un aumento del 5%, con due pagamenti in un’unica soluzione, rispettivamente di mille e millecinquecento euro.
I dirigenti delle ferrovie denunciano che milioni di passeggeri sono stati colpiti da uno sciopero che, a loro giudizio, sarebbe “eccessivo ed esagerato”. I sindacati hanno prontamente replicato che “un conflitto sociale che non ha ripercussioni è un conflitto sociale inoffensivo”. Anche l’opinione pubblica, stando ad alcune interviste riportate dai quotidiani, nonostante i disagi, ha compreso le motivazioni della interruzione del servizio. Certo è che il successo delle adesioni va ricondotto anche all’azione del combattivo sindacato Ver.di, che ha visto crescere i suoi iscritti di oltre sessantamila unità solo nei primi tre mesi del 2023. Mai così tanti nuovi iscritti registrati da quando Ver.di è stato fondato ventidue anni fa. I sindacati in sciopero sono sindacati in crescita.
A favorire la convergenza, insolita per la Germania, dei sindacati dei ferrovieri e di quelli del pubblico impiego, c’è il fatto che la contrattazione collettiva per i circa 2,5 milioni di dipendenti del settore pubblico, a livello federale e comunale, è entrata nel suo terzo round appunto il 27 marzo 2023. Il sindacato dei servizi uniti (Ver.di) ha indetto lo sciopero perché negli incontri precedenti l’offerta dei datori di lavoro era apparsa del tutto inadeguata. Nelle scorse settimane, circa quattrocentomila lavoratori hanno preso parte a scioperi locali; e ora, in occasione dell’apertura del terzo round di trattative, Ver.di sta aumentando la pressione sui datori di lavoro, affinché presentino un’offerta negoziale che soddisfi le richieste dei lavoratori.
Anche per quanto concerne i ferrovieri, il primo ciclo di contrattazione collettiva, che il sindacato Evg sta conducendo con circa cinquanta aziende del settore ferroviario e dei trasporti, si è concluso senza risultati significativi. Invece di presentare offerte negoziabili fin dall’inizio, come chiedevano i sindacalisti, sono state avanzate dalle aziende svariate contro-richieste, che avrebbero comportato ulteriori oneri per i lavoratori. Tra le altre cose, è stato proposto di rinunciare a conquiste sociali come le ferie aggiuntive, allo scopo di aumentare la produttività, in nome dell’interesse nazionale. I lavoratori, che già durante la pandemia hanno rinunciato ad adeguati aumenti salariali in segno di solidarietà, non hanno gradito per nulla la riproposizione di sacrifici che appaiono ancora più gravosi vista l’impennata dei prezzi, e ora si aspettano offerte legate a significativi aumenti salariali.
L’evoluzione della situazione tedesca è molto interessante. Lo sciopero, negli ultimi anni, sta progressivamente sostituendo l’abituale consenso e la celebre compartecipazione (Mitbestimmung), mentre nelle fabbriche e nel mondo del lavoro dipendente le tensioni sociali crescono. Il terreno pare oggi sempre più favorevole ai movimenti sociali in Germania, che si sta allontanando da quella cultura del consenso che l’ha resa famosa. “Negli ultimi dieci anni ci sono stati più scioperi che nei decenni precedenti” – osserva Karl Brenke, esperto dell’istituto economico Diw. Nel 2015 è stato stabilito un record, con oltre due milioni di ore di sciopero nell’anno. Ma è negli ultimi tempi che si è arrivati a una serie di rese dei conti: dopo che i salari reali erano aumentati in maniera costante tra il 2014 e il 2021 – con la sola eccezione del 2020 a causa della pandemia –, la dinamica ascendente è stata bruscamente spezzata nel 2022 dall’inflazione, che li ha abbassati notevolmente e continua a eroderli. Per non parlare dell’effetto sul tenore di vita dei rincari delle bollette e dei prezzi dell’energia. Se ne sono accorti per primi i lavoratori delle poste – che sono 160.000, una parte dei quali organizzata da Ver.di – che, dopo avere minacciato uno sciopero a tempo indeterminato, hanno ottenuto a inizio marzo un aumento medio del salario addirittura superiore all’inflazione, intorno all’11%. Anche nelle fabbriche, dopo settimane di blocchi e scioperi, è stato strappato un aumento dell’8,5 % su base biennale.
Il semaforo è dunque fermo sul rosso in tutto il Paese: molti lavoratori, soprattutto giovani professionisti e apprendisti, sono in sciopero per la prima volta nella loro vita. Si è diffuso uno stato d’animo militante da statu nascenti. I lavoratori e le lavoratrici delle nuove generazioni cominciano a prendere in mano il loro destino; osano entrare in un mondo sindacale che è parso a lungo contraddistinto dall’immobilismo, sbloccando strutture irrigidite, ma soprattutto, come mostra bene la convergenza di questi giorni, avendo compreso quanto sia importante l’azione comune. È ormai evidente che un’ondata di lotte e di rivendicazioni sta nuovamente attraversando l’Europa, come hanno mostrato gli scioperi massicci che hanno chiuso il 2022 nel Regno Unito (e di cui abbiamo dato conto su queste pagine, vedi qui) e i conflitti in corso in Francia. Anche in Grecia c’è stato, l’8 marzo scorso, un grande sciopero contro la politica governativa di tagli e restrizioni ai servizi sociali. Solo in Italia per ora, nonostante il precipitare del potere di acquisto dei salari, la campana sembra suonare a vuoto.