Mentre i migranti continuano a morire nel Mediterraneo, il ministro della Difesa del governo di destra si serve di quello che, da sempre, è uno degli strumenti propagandistici preferiti dei populismi e dei fascismi: la teoria del complotto. In ciò è stato preceduto dal presidente semi-golpista tunisino, Saïed (vedi qui), che già da un po’ ha denunciato l’arrivo di neri sub-sahariani, con l’intenzione, da parte dei trafficanti di esseri umani, di modificare la composizione arabo-musulmana del suo Paese. La minaccia della “sostituzione etnica”, spaventapasseri agitato dall’estrema destra europea, adattata alla realtà tunisina.
Il ministro della Difesa italiano non è arrivato a tanto, ma, con una furba mossa di politica internazionale, ha attirato l’attenzione dell’Unione europea e della Nato sul gruppo Wagner, l’organizzazione militare ultranazionalista privata ma dipendente dal governo russo, che interviene in Ucraina non meno che in alcuni Paesi africani (soprattutto in quelli, come il Mali, entrati in contrasto con la Francia, ex potenza coloniale della zona). L’intento appare chiaro: attraverso le presunte mene di Wagner e della sua “guerra ibrida”, cercare, una volta di più, il coinvolgimento dell’Europa – e ora anche della Nato – nella “difesa delle frontiere meridionali” dell’Unione, utilizzando allo scopo l’antipatia generalizzata suscitata dai Wagner, impegnati al momento nella distruzione della città ucraina di Bakhmut.
Il fenomeno migratorio è una realtà inarrestabile – Wagner o non Wagner. Lo dimostrano gli arrivi delle ultime settimane sulle nostre coste: uomini, donne, bambini, sfidano il mare in fuga dalle tremende difficoltà di vita nei loro rispettivi Paesi. Tutto ciò che si potrebbe fare – oltre che salvarli quando sono in pericolo, naturalmente – sarebbe organizzare l’accoglienza, anche con un’agenzia europea ad hoc, dotata di fondi e risorse. Scoraggiare le partenze è impossibile. Gridare “al lupo al lupo!”, per smuovere la solidarietà dei partner europei – ma con il rischio, mediante il ricorso a una teoria del complotto, di aprire un altro fronte bellico in Africa –, è semplicemente meschino, per non dire avventurista.
È però nel Dna di un governo come quello di destra creare allarme ed effervescenza nazionalistica per coprire le proprie inadempienze in materia di diritti umani. Del resto non si era cominciato, in campagna elettorale, con l’assurda proposta di un blocco navale per fermare i migranti? La teoria di un complotto è la ripresa, in altro modo, di quella stessa idea, implicando nei fatti la proposta di un intervento militare occidentale nell’Africa sub-sahariana.