Il ventennio berlusconiano ci aveva lasciato un Paese stremato dopo un costante e prolungato terremoto che, in quegli anni Novanta e nel primo decennio del nuovo secolo, aveva minato alle fondamenta i valori della nostra Carta costituzionale. Nell’era berlusconiana si è abbassata sempre di più l’asticella della moralità pubblica, ed è diventata abnorme l’invasività del conflitto d’interessi. Quello di Berlusconi si è tradotto nella capacità di condizionare e modificare il sistema di regole e di leggi. Ricordate la depenalizzazione del falso in bilancio o la legge Cirielli che allungava o riduceva a fisarmonica i tempi della prescrizione?
Oggi il tribunale di Milano ha assolto Silvio Berlusconi per la vicenda delle “olgettine”, perché le ragazze dovevano essere sentite come indagate di reato connesso, quindi potevano anche mentire o fare scena muta, e non come testimoni. Il Cavaliere è stato “riabilitato” dai suoi, e da una propaganda che lo ha proposto come un martire che ha vissuto un calvario decennale, che lo ha visto perseguitato dai magistrati. Il fatto che, da Parigi, nel corso di una visita istituzionale, Berlusconi avesse chiamato la questura di Milano per far rilasciare la “nipote di Mubarak” per evitare un incidente diplomatico, e avesse mandato in questura la sua “consigliera ministeriale”, Nicole Minetti, a prelevare la minorenne che “sparlava” delle serate ad Arcore, non vuol dire nulla secondo loro.
Pensavamo che con il declino della stagione berlusconiana il nostro Paese potesse tornare alla normalità; invece stiamo andando velocemente verso un altro buco nero della nostra democrazia. Ciò che sta succedendo in queste ore con la vicenda Cospito, infatti, allarma molto. Il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove, sicuramente farà sapere che ha chiarito tutto davanti ai magistrati della procura di Roma, che lo hanno interrogato da indagato per rivelazione di segreto d’ufficio.
Non c’è stata solo una solidarietà “patriottica” del governo e della sua parte politica, Fratelli d’Italia, che hanno respinto al mittente la richiesta di dimissioni del sottosegretario da parte delle opposizioni. C’è stata, ed è in corso, una torsione dell’agire del governo per garantire l’impunità ai suoi esponenti e per coprire un disegno organizzato di aggressione alle opposizioni.
Altro che Giorgia Meloni “capace”, “migliore di quanto ci aspettassimo”! In realtà è lei che guida la manomissione delle regole per giocare sporco contro chi si oppone. E se non è lei, lascia fare. Il terminale della rivelazione del segreto d’ufficio è il coinquilino di Delmastro, Giovanni Donzelli, che non è ancora iscritto nel registro degli indagati. La “spugna” Carlo Nordio, ministro della Giustizia, si è compromesso al punto tale da sostenere in parlamento che quelle informative del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) non fossero materiali sensibili, perché avevano solo la dicitura di “limitata divulgazione”.
La procura di Roma, in questi giorni, ha raccolto testimonianze e preso visione della documentazione, arrivando alla conclusione che in questo caso esiste il segreto d’ufficio che vale per tutti gli uffici pubblici. Il sottosegretario ha chiesto al Dap di avere le due relazioni del personale penitenziario, nelle quali si faceva riferimento alla visita dei quattro parlamentari del Pd e ai colloqui tra Cospito e un detenuto camorrista e un altro della ’ndrangheta. Non aveva diritto a farlo perché la sua delega non contempla il trattamento detenuti.