Nel Lazio ci sono importanti risorse da spendere nella lotta contro il carovita e per lo sviluppo sostenibile, ma sono bloccate. In attesa delle elezioni regionali si vive, infatti, in una sorta di surreale esercizio provvisorio. Lavoro, sanità, politiche sociali, tutto è fermo. È questa la denuncia della Cgil di Roma e del Lazio, che ha chiuso il suo congresso regionale con l’elezione del nuovo segretario generale, Natale Di Cola, che succede a Michele Azzola. Lo abbiamo intervistato per capire quali sono i problemi più urgenti da affrontare e qual è il percorso che immagina il sindacato in questo momento di grandi trasformazioni.
Siciliano, 39 anni, in Cgil dal 2008, Natale Di Cola è stato segretario organizzativo e poi, dal 2012, segretario generale della Fp Cgil regionale, il sindacato dei lavoratori pubblici. In questi anni, è stato protagonista di importanti vertenze, a partire dal primo sciopero dei lavoratori del Comune di Roma, nel 2015, per sbloccare l’impasse del mancato rinnovo del contratto decentrato dei dipendenti capitolini. Si è occupato poi dei grandi fallimenti nella sanità privata accreditata del Lazio, come Idi e Fatebenefratelli. In un periodo di forte instabilità amministrativa e grandi inchieste, come quella di Mafia Capitale, ha portato avanti denunce e messo in campo azioni di tutela dei lavoratori delle società partecipate e del sistema degli appalti. Ha svolto un importante ruolo a sostegno del rinnovo dei contratti pubblici e del rilancio della pubblica amministrazione. Al congresso regionale che lo ha eletto segretario generale hanno partecipato circa novantamila lavoratori.
Di Cola, quali sono le emergenze che dovrete affrontare?
Come sindacato noi abbiamo rapporti con il mondo dell’associazionismo sociale e ovviamente con le istituzioni. Ma scontiamo un grande assente: la politica. Il sindacato è infatti costretto a trattare con chi ha la responsabilità istituzionale. Ma non incontriamo quasi mai soggetti politici con una visione di futuro. Non esiste un pensiero lungo. Si pensa alla gestione del presente. Ma questo crea problemi seri anche nella gestione dell’ordinario come dimostra la situazione attuale: è stato per esempio deliberato uno stanziamento regionale di venti milioni di euro per contrastare il carovita, ma la Regione (in attesa dell’esito delle elezioni) non ha prodotto gli atti amministrativi che servono per sbloccare quelle risorse. Discorso analogo per le risorse del Pnrr. Non abbiamo ancora nessuna informazione su come si spenderanno i soldi europei che ammontano a circa cinque miliardi. Per questo abbiamo chiesto l’incontro di domani (7 febbraio) per capire come si può sbloccare la situazione che diventa drammatica. La mancata chiusura del Bilancio ha avuto effetti anche sulla sanità. Nel momento della più grave crisi, siamo in presenza di una tempesta perfetta, con una Regione e un Comune in esercizio provvisorio. Tutti in attesa. L’ennesima dimostrazione che i partiti della sinistra sembrano non avere capito la lezione del 25 settembre. E non è solo la sanità l’unica emergenza. Dobbiamo discutere di leggi sugli appalti, piano energetico, piano strategico per la transizione ecologica.
Segretario, nella crisi generale, viviamo anche la crisi del lavoro e delle trasformazioni tecnologiche che cambiano i paradigmi. Che cos’è il lavoro oggi?
Viviamo in un’epoca in cui il lavoro, quel lavoro “che eleva gli uomini e li rende migliori e li affratella”, per usare le parole di Giuseppe Di Vittorio, è messo a dura prova. E allora la nostra missione sarà prendercene cura, rimettendolo al centro del nostro agire. Perché, il lavoro crea il futuro. In questa fase difficile, che ancora risente dei contraccolpi sociali ed economici della pandemia, cui si sommano quelli della guerra in Ucraina, il sindacato deve mostrarsi ancora più forte e vicino ai lavoratori e ai cittadini. In questi anni, pur tra mille difficoltà, molte pagine importanti, in ambito negoziale, sono state scritte insieme a Cisl e Uil. Sarà importante non disperdere questo patrimonio unitario. Nella nostra regione il lavoro è una vera emergenza sociale. Veniamo da una stagnazione lunga dieci anni. Il numero degli occupati a Roma è lo stesso dal 2008, e le politiche messe in campo non risolvono. Nel frattempo, peggiorano le condizioni individuali. Il mercato del lavoro si precarizza sempre di più e oggi solo diciotto contratti su cento risultano a tempo indeterminato. Non è vero che sono aumentati i posti di lavoro. È solo statistica. Aumenta solo la precarietà. Nello stesso tempo i redditi del Lazio non aumentano, siamo fermi alla media del 2015. Abbiamo poi altri primati negativi. Nel Lazio, dopo cinque anni dall’inizio di un contratto di lavoro, il 20% risulta ancora precario. La media nazionale è del 16%. Abbiamo quindi un mondo del lavoro più povero e più precario. Risultano in aumento i part time involontari, richiesti dalle aziende per esigenze di produzione e di risparmio sui costi. Aumentano lavoro nero ed elusione fiscale.
In vista del congresso nazionale di marzo, la Cgil parla di nuovo modello di sviluppo e della necessità di impostare le politiche di oggi guardando al futuro. Come si traduce per voi tutto questo?
Noi pensiamo che serva radicalità nelle scelte per cambiare l’assetto, ci vuole un nuovo modello. Per questo pensiamo che i fondi europei, che fanno da cardine della programmazione europea, non dovranno essere usati come i vecchi incentivi a pioggia alle imprese. Dobbiamo pensare in grande, altrimenti rimarremo sempre il fanalino di coda. Pensiamo a Roma. Oggi c’è una rassegnazione, mentre, essendo la capitale, Roma potrebbe essere all’avanguardia del cambiamento. Dobbiamo uscire dal provincialismo e guardare alle altre capitali europee, fare tesoro degli esempi di Berlino, Parigi e delle altre grandi capitali. Noi vogliamo battere la strada dell’economia circolare. Sulla gestione dei rifiuti, per esempio, dobbiamo rivoluzionare il sistema dalla base, creando un grande aggregatore multiutility che superi la frammentazione degli enti attuali. Sarebbe anche il modo per superare l’idea del termovalorizzatore con tecnologie più all’avanguardia (su questo abbiamo presentato una proposta con Legambiente). Pensiamo insomma a una economia circolare dei carburanti, dell’energia, della transizione energetica. I rifiuti possono diventare il volano per l’attività di ricerca e per il riuso. Con un aggregatore pubblico che si occupi di tutte queste cose, Roma può porsi come avanguardia nella programmazione. Abbiamo però bisogno di politiche industriali innovative per settori strategici, dai porti, all’eolico off shore a Civitavecchia, alla riconversione dell’industria meccanica. Una piattaforma logistica per le rinnovabili e un processo di innovazione nell’industria farmaceutica e nell’automotive. Ma purtroppo, anche in tutti questi settori, riscontriamo la mancanza di idee forti. Quello che manca è il pensiero lungo.
Quali sono le richieste che presenterete alla nuova giunta dopo le elezioni?
Al presidente della Regione Lazio, che sarà eletto a breve, solleciteremo tre interventi concreti: l’approvazione della legge di Bilancio regionale per il 2023, confermando lo stanziamento di almeno trecento milioni di euro da destinare alla riduzione dell’Irpef per i redditi medio-bassi; lo sblocco dei fondi che abbiamo conquistato con l’ultimo provvedimento legislativo della giunta Zingaretti per contrastare il carovita; che il primo atto del nuovo Consiglio regionale sia l’istituzione di una commissione, al proprio interno, che s’incarichi di realizzare in breve tempo il Piano sanitario regionale del Lazio. Al sindaco Gualtieri continueremo a chiedere, unitariamente, di dare concretezza al Patto per il lavoro e lo sviluppo sostenibile con Roma Capitale, un modello di relazioni sindacali e politiche di bilancio, dieci azioni strategiche per rilanciare la capitale. Il prossimo banco di prova, per capire se l’amministrazione comunale intenderà o meno costruire percorsi partecipati per rilanciare la capitale, sarà l’incontro sul bilancio di domani 7 febbraio. Per quanto ci riguarda, noi poniamo l’accento sulla sanità e sulla lotta alle diseguaglianze. Ormai la sanità del Lazio è ridotta alle emergenze. Non si cura più, e se si sbaglierà nella gestione del Pnrr corriamo il rischio concreto di avvantaggiare soprattutto il privato sanitario. Oggi nel Lazio la sanità è per il 50% pubblica e per il 50% privata. Che succederà nei prossimi anni?