
Fabio Rampelli tiene il punto e non ritirerà la sua proposta di legge per istituire una commissione sui cosiddetti “anni di piombo” (che non furono affatto solo “di piombo”), come gli hanno chiesto di fare le associazioni delle vittime delle stragi e l’Anpi. Il vicepresidente della Camera, storico colonnello di Fratelli d’Italia, si dice pronto a rivedere il testo secondo i consigli di tutti, senza alterare però l’obiettivo finale: “svelare la verità su quegli anni terribili di guerra civile strisciante”. Vi abbiamo già raccontato l’indecenza di questa proposta (vedi qui e qui), che pretende di mettere tutti gli avvenimenti di due decenni in un unico grande calderone, puntando a scandagliare solo alcuni singoli episodi. E partendo dall’anno di grazia 1970: cioè escludendo il 1969, e dunque la strage di Piazza Fontana, il primo atto della strategia della violenza neofascista.
Le associazioni delle vittime delle stragi hanno avvertito nell’aria il pericolo di una grande operazione di revisionismo storico: perciò Manlio Milano (Brescia), Paolo Bolognesi (Bologna), Federico Sinicato (Milano), insieme con il presidente dell’Associazione nazionale partigiani, Gianfranco Pagliarulo, hanno dato l’allarme in una conferenza stampa, tenuta mercoledì primo febbraio alla Camera dei deputati, dove hanno chiamato per nome e cognome l’iniziativa di Rampelli: “operazione politica per riscrivere la storia”, chiedendo, appunto, di ritirarla. Interpellato dall’Ansa, l’interessato ha tentato una flebile drammatizzazione: “Trovo davvero grave una conferenza stampa contra personam, oltretutto contro il vicepresidente della Camera. Penso si tratti della prima volta”.
Probabilmente non lo è: la vera prima volta è quella dei figli del Ventennio alla guida del Paese, dove sono arrivati con una sete di rivalsa che gli ha già fatto fare i primi inciampi (Donzelli-Delmastro, la coppia di Fratelli d’Italia che ha rivelato delicati segreti d’ufficio raccolti dal Gom, reparto della polizia penitenziaria, nei quali è coinvolto anche l’anarchico Alfredo Cospito, detenuto al 41/bis, e perciò in sciopero della fame).
Dunque, la battaglia è aperta. Rampelli ha i numeri e farà la “sua” commissione puntando i fari sugli episodi di violenza nei confronti dei suoi camerati: ma la storia non si può fare assumendo le ragioni della propria parte politica. Non è in discussione la gravità di ciascuna morte, ovviamente. Ma nel testo della proposta di Rampelli c’è un’evidente incongruenza, come ha notato Pagliarulo: “Si limita alla morte di esponenti di destra e, ferma restando la condanna dei delitti, leggo che Acca Larenzia sarebbe stata tra i più tragici eventi della storia italiana. Io ricordo però momenti più tragici, come le stragi o il delitto Moro. Il mio timore è che la commissione, più che fare luce, possa fare ombra”. Paolo Bolognesi teme (molto giustamente) interferenze nei processi in corso sugli eccidi di Bologna e Piazza della Loggia: un organismo parlamentare e procure della Repubblica si troverebbero a dover condividere stesse carte, testimoni, informazioni sensibili, tanto che Manlio Milano sostiene che l’idea di Rampelli “sembra mettere in discussione la magistratura, come fosse un tentativo di modificare la prospettiva sia dal punto di vista giudiziario che storico”. Perché tanto è stato rielaborato e scoperto nel corso degli anni: depistaggio e sentenze assolutorie non sono bastate a cancellare i fatti. Ci fu una diffusa violenza politica, frutto di un contesto e di un uso criminale delle bande fasciste (vi abbiamo raccontato il rapporto del Sisde de-piduizzato); e vi è una certezza giudiziaria sullo stragismo, figlio dei piani paramilitari per bloccare il rinnovamento democratico nei Paesi occidentali, in particolare in Italia. “Non ci serve una indagine parlamentare, che potrebbe aggiungere un giudizio politico”, ha chiosato l’avvocato Sinicato, “solo davanti a un tribunale si può avere carattere oggettivo. Prima serve una totale assunzione di responsabilità politica di quei fatti”, ha detto. Riportando la questione al nodo ormai più importante. Le responsabilità politiche, che la destra non solo non vuole prendersi, ma cerca di mistificare con la proposta Rampelli.