Entriamo oggi, primo febbraio 2023, nel terzo anno di vita della nostra impresa online. Abbiamo cercato di praticare un giornalismo “selettivo” e “riflessivo”. Occuparsi dei fatti, certo, visto che il giornalismo ruota intorno a ciò che accade. Ma se per qualsiasi giornale la selezione è caratterizzante, in modo particolare lo è per il nostro, che intende mettere in questione gli stessi fatti presi in considerazione. Per questo ci siamo sforzati di allargare il più possibile l’orizzonte, pur nel nostro piccolo, guardando a quello che sta succedendo nei Paesi che vengono in genere relegati alle rubriche “esteri”, o le cui notizie vanno cercate sui grandi siti giornalistici mondiali. Abbiamo prestato molta attenzione alla scena internazionale, soprattutto alla sua parte apparentemente periferica, come l’America latina. Anche sulla guerra, che ha funestato il 2022 e dura tuttora, abbiamo avuto un approccio di scavo tra le notizie. Gli eventi che stiamo vivendo cambiano la storia: l’invasione russa dell’Ucraina, e prima l’esplosione della pandemia, hanno scombussolato gli equilibri interni ed esterni all’Occidente, modificando paradigmi che sembravano consolidati – come indica, del resto, il fenomeno internazionale delle nuove destre radicali che mirano a sconvolgere le istituzioni democratiche.
La domanda che spesso ci siamo posti è questa: è più decisivo il dito che indica – anch’esso, in ogni caso, dell’ordine dei fatti – o la cosa indicata? Se puntiamo il dito, per esempio, contro l’esistenza di una maggioranza di destra nel nostro parlamento, imputiamo al tempo stesso, per una parte cospicua, alla insipienza degli “altri” questo risultato. Così, dopo la mancata presentazione di un’alleanza competitiva con le destre alle elezioni del settembre scorso, la nostra lente si è concentrata soprattutto sulla parte a noi più vicina: quella in cui si collocano coloro che pure avevano suonato un campanello di allarme alla vigilia della consultazione, e non hanno saputo poi mettere in campo una proposta elettorale minimamente credibile. È insomma l’assenza di una sinistra politica il dato centrale della situazione italiana odierna, di cui la maggioranza parlamentare di destra, che esprime oggi il governo, è una conseguenza – sebbene quest’assenza sia certo anche il frutto di cambiamenti sociali profondi, che la sinistra non ha saputo cogliere.
Per parte nostra, pensiamo quindi a un socialismo ecologista che metta al centro la questione di una ridistribuzione del potere, oltre che del reddito, anche mediante un intervento critico nella rete delle nuove tecnologie e dei saperi che sempre più permeano le nostre vite. Si tratta di uno degli aspetti più trascurati dalla riflessione politica (delegato fino a oggi solo a esperti e pensatori). Le dinamiche socio-tecnologiche, che modificano la tradizionale contraddizione tra il capitale e il lavoro, pongono a una sinistra che voglia essere davvero tale il tema di un radicale cambiamento di paradigma teorico e, di conseguenza, quello dell’elaborazione di una visione strategica intorno alle sue componenti sociali di riferimento. Con i soggetti della grande trasformazione, infatti, si dovrebbe costruire un programma capace di mettere in campo forme di negoziazione che limitino il carattere oggi marcatamente privatistico della “rivoluzione digitale”, tornando così a dare senso a un protagonismo di liberazione degli uomini e delle donne, dei lavoratori e delle lavoratrici, per quanto oggi frammentati possano essere. Si tratterebbe di proporre nuove forme di socializzazione nella produzione e nella circolazione delle merci. È uno spunto, sebbene importante, da coniugare con ciò che va ancora realizzato come estensione dei diritti – da quelli degli immigrati a quelli dei lavori precari, fino ai diritti civili. Sarebbe da prospettare così una risposta alla destra, nel segno della costruzione di un blocco sociale alternativo. E un analogo discorso andrebbe svolto a proposito dell’altra grande questione del secolo, quella riguardante l’ambiente e la difesa del pianeta, su cui riteniamo che sia necessario e urgente superare un ecologismo di facciata, scarsamente incline a considerare la matrice capitalistica della crisi climatica.
A volere rimanere sul terreno della semplice politica politicante – che poi è quello di un colpo al cerchio e uno alla botte – ci sarebbe comunque da prendere le mosse da una serrata critica di come il Pd si sia formato e di come abbia operato in questi anni, arrivando a consegnare il Paese alla destra. Nemmeno questo però sta avvenendo nella fase congressuale del Partito democratico. Perciò, secondo noi, ci si deve preparare a un periodo, con tutta probabilità non breve, di completa assenza di una sinistra politica nel nostro Paese. L’opposizione sembra oggi principalmente affidata a un Movimento 5 Stelle che, nonostante i passi avanti compiuti, resta irrimediabilmente marcato dalla sua origine di associazione privatistico-populistica, quella messa su da Casaleggio e Grillo. Ciò non è in alcun modo accettabile. Non bisogna rassegnarsi all’assenza di una sinistra socialista in Italia.
È evidente che il lavoro che ci sta davanti va molto al di là delle nostre forze attuali. Abbiamo alle spalle, per il momento, la Fondazione per la critica sociale (che rispetto a “terzogiornale” funziona da editore), costituita in Firenze nel 2014 e riconosciuta dalla Regione Toscana nel 2017. Ma oggi, festeggiando i nostri primi due anni, immaginiamo una prospettiva di costruzione, intorno alla testata, di una comunità di ricerca più ampia che si attivi – anche, eventualmente, attraverso forme di autofinanziamento – per produrre inchieste, reportage, approfondimenti e analisi. Rivolgiamo quindi l’invito ai nostri lettori a inviarci critiche, suggerimenti, proposte. Buon compleanno “terzogiornale”!
*La direzione di “terzogiornale” si è formata il 9 gennaio scorso, a seguito dell’avvenuta registrazione della testata presso il tribunale di Roma, e comprende Paolo Andruccioli (responsabile), Rino Genovese e Michele Mezza