Diverse osservazioni colpiscono tra quelle riportare dagli analisti del Sisde, in un dossier del 1982 dal titolo stimolante, “Rapporto sull’eversione e sul terrorismo di estrema destra” (a cui abbiamo già fatto riferimento qui). Si tratta di un volumetto di un centinaio di pagine richiesto, nel 1982, dall’allora presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani, costruito sulla base di “parte non rilevante” del materiale di archivio già in possesso dei servizi antiterrorismo del Viminale e del Sid: dunque apprendiamo che molte altre carte finirono chissà dove, nelle more della attuazione della “riforma dei servizi”, che nel 1978 istituì Sisde e Sismi, e nel relativo passaggio di consegne.
Il dossier non è ovviamente firmato, come avviene per la gran parte dei documenti interni ai servizi; ma l’ignoto estensore (forse inconsapevole di tanti elementi di conoscenza sulle stragi, perché sottratti) deve esser stato mosso da animo sinceramente democratico, come suggeriscono le valutazioni sul fenomeno del terrorismo nero: “Da quasi tre lustri ormai insanguina il Paese con azioni di efferatezza e di insensibilità verso i più elementari valori umani quali difficilmente si possono riscontrare nel modus operandi dei gruppi terroristici di estrema sinistra”. Da notare che il Sisde viveva la sua fase di rinascita, dopo l’epurazione dei piduisti: e questo non può non aver influenzato il clima generale.
Come che sia, il servizio mette insieme diversi dati, rielaborati in due parti, che affrontano diverse tematiche. Segnaliamo l’indice per darne un’idea: nella prima, dopo una “Premessa”, ecco i titoli dei paragrafi: “Le radici ideologiche e culturali dell’estrema destra neofascista; “Aspetti psicopatologici del terrorismo nero”; “Movimenti e organizzazioni di estrema destra”; “Maggiori episodi o atti terroristici rivendicati dall’estrema destra o ad essa attribuiti”; “Collegamenti internazionali del terrorismo neofascista”; “Ipotesi di collegamento tra aree eversive terroristiche di destra e di sinistra. Collusioni tra neofascismo e criminalità comune”; “Considerazioni”. Nella seconda parte: “Tabella riassuntiva annuale delle violenze e degli attentati compiuti in Italia da organizzazioni di estrema destra dal 1969 al 1982”; “Elenco dei latitanti di estrema destra”; “Analisi statistica della composizione sociale dell’area eversiva di estrema destra”; “Elenco analitico delle pubblicazioni di estrema destra”; “Analisi dell’opuscolo ‘Formazione elementare’”; “Bibliografia” – e, infine, “Scheda sulle iniziative del Sisde per la ricerca e la cattura di Stefano delle Chiaie”.
Va da sé che molte notizie contenute nel singolare rapporto sono oggi note (anche se non così diffuse come meriterebbero).Tuttavia merita attenzione, tra le tante altre cose, una considerazione su tutte: gli analisti dell’intelligence, dopo aver studiato le origini storiche del fenomeno e i caratteri del fascismo post-Ventennio, sostengono che “gli elementi di natura storico-culturale (pseudo-culturale) potrebbero indurre a ritenere che in effetti l’estrema destra eversiva non sia in grado di elaborare un’organica strategia di lotta contro le istituzioni democratiche. Al fine di non incorrere in pericolosi errori di valutazione circa la potenzialità offensiva e destabilizzante dell’estremismo neofascista, è necessario, quindi, operare un’attenta analisi differenziale tra le motivazioni e la prassi dei gruppi organizzati dell’eversione nera e la strategia di chi tali gruppi potrebbero aver strumentalizzato, manipolato e diretto al fine di sovvertire i fondamenti della democrazia in Italia. Ci si riferisce a coloro che, avendo interesse a provocare nell’opinione pubblica italiana diffusi sentimenti di terrore e di incertezza, propedeutici ad una spontanea e generalizzata richiesta di legge ed ordine (e quindi di una svolta autoritaria dell’assetto istituzionale del Paese), potrebbero aver indirizzato coscientemente l’aggressività dell’estremismo nero verso azioni di particolare impatto sociale (e criminale)”.
I nostri esperti dicono di non essere a conoscenza di centrali occulte italiane o straniere, ma più in là riferiscono di “indizi, sospetti e ipotesi ventilati negli ultimi anni da inquirenti, parti politiche e magistratura”, facendo poi concreto riferimento al ruolo eversivo della loggia P2 di Licio Gelli. Le istituzioni hanno subito un attacco armato negli ultimi dieci anni (si ricordi: il rapporto è dell’agosto 1982), come provano i dati elaborati dalla nostra intelligence, e mentre è possibile delineare un quadro comprensibile dell’intervento dei gruppi di sinistra, “sul versante nero dell’eversione si registrano azioni perlopiù isolate, non inserite in campagne, caratterizzate da un’elevata potenzialità terroristica e destabilizzante: per tali motivi si ritiene che il terrorismo nero, seppure incapace di raccogliere seguito e consenso popolare, risulti, sul piano del costo sociale e della vulnerabilità politica del sistema democratico, estremamente pericoloso. Infatti, mentre la ricerca del consenso popolare è uno degli obiettivi primari delle formazioni di estrema sinistra, l’assoluto disprezzo per la vita e la dignità umana, evidenziato finora dalle azioni del terrorismo neofascista, rendono tale fenomeno assolutamente svincolato da remore di sorta”.
Nel linguaggio felpato ma diretto di un rapporto segreto apprendiamo che, nell’agosto del 1982, la nostra intelligence aveva capito molto di ciò che stava accadendo nel Paese. Se davvero nascerà quella commissione d’inchiesta sulla violenza politica, voluta da Fratelli d’Italia, non potrà prescindere da questa dettagliata, appassionata e lucida analisi.