C’è una parte della “sinistra che fu” che si sente attratta dai 5 Stelle di Giuseppe Conte. E non è solo un ripiego: per esempio è forte, in questo mondo, la delusione per come si è chiuso il capitolo delle liste per le regionali nel Lazio, perché il Pd ha indicato un suo candidato come presidente della Regione e la costruzione di un inceneritore come programma. Prendere o lasciare, insomma. E anche se in zona Cesarini il candidato del Pd, Italia viva, Azione e +Europa, Alessio D’Amato, ha proposto di riaprire un tavolo del “campo largo”, quella “sinistra che fu” non ha accettato l’offerta, e ha deciso di presentare una sua lista (“Polo progressista”) dove si ritrovano insieme ambientalisti, Sinistra italiana, esponenti del terzo settore e dei sindacati. Paolo Cento, storico ambientalista romano, è con l’ex Pd Stefano Fassina, uno dei leader di “Polo progressista”.
Cento, la lista che sosterrà la candidata a presidente della Regione Lazio, Donatella Bianchi, indicata dai 5 Stelle, quali obiettivi si pone?
Le elezioni regionali nel Lazio arrivano in un momento di transizione turbolenta dopo la vittoria delle destre alle elezioni politiche. Una destra-destra al governo, liberista e nazionalista, filo americana e sovranista, reazionaria nei valori e orgogliosa della propria storia, che ha le radici nel Msi.
Ma il “Polo progressista” è consapevole che, presentandosi divisi, la sinistra consegna la Regione alla destra-destra?
Il campo alternativo, democratico e di sinistra, non appare ancora in grado di riprendersi dalla sconfitta: balbetta in Parlamento, senza politica estera, o peggio con una politica estera appiattita sulla guerra e sul riarmo, il cui partito principale, il Pd, ha aperto un dibattito congressuale senza idee forti.
Fatta la premessa, quale ruolo vi assegnate?
In questo quadro l’unica forza che appare in grado di segnare una rottura politica e una spinta alla mobilitazione sociale è il Movimento 5 Stelle di Conte. Le elezioni nel Lazio risentono di questo passaggio storico. È finito il centrosinistra a trazione Pd, e non sono ancora maturate le condizioni per una nuova alleanza progressista in un rapporto equilibrato tra Pd, 5 Stelle e le forze ecologiste e della sinistra.
Ma almeno potevate verificare la disponibilità del candidato D’Amato a una verifica per una intesa sul programma e sul candidato?
Sono stati inutili gli appelli dell’ultima ora, e non vale la pena mettersi ora a rinfacciarsi le responsabilità. Certo, il termovalorizzatore deciso unilateralmente dal Pd e dal sindaco di Roma Gualtieri non è cosa di poco conto: riguarda non solo la gestione dei rifiuti, ma l’idea di futuro della regione e della transizione ecologica.
Siamo consapevoli di consegnare il Lazio alla destra-destra?
Vincerà la destra anche nel Lazio? È possibile ma non è scontato, e comunque è illusorio pensare che gli elettorati si sommano a sinistra con la bacchetta magica.
Vero, in politica due più due può anche fare cinque o tre.
Io penso che la sfida di un’alleanza tra i 5 Stelle e una lista progressista che stiamo promuovendo sia competitiva non solo nei confronti del Pd, ma anche e soprattutto utile per battere questa destra. La nostra lista, non a caso, sarà guidata da una donna esponente della Cgil, con una storia limpida in questa regione: Tina Bali.
Ci prepariamo a un suicidio politico. Per voi è più importante ridurre il Pd a comprimario, dando ai 5 Stelle il podio più alto?
La nostra candidatura mostra una novità importante con cui bisogna fare i conti: è finita la rendita di posizione e di potere del Pd. Sono convinto che farà bene anche a loro misurarsi con una sfida non minoritaria. D’altra parte, il voto regionale è anche un voto politico. Un’affermazione della lista progressista, a sostegno di Donatella Bianchi, è anche il migliore investimento affinché possa rapidamente chiudersi questa fase di transizione e ricostruire, a partire dalla crisi climatica e dall’emergenza sociale, una nuova alleanza capace di fare opposizione alle destre e, in prospettiva, diventare alternativa di governo.