A poche ore dall’inizio della campagna elettorale per le regionali, che partirà sabato prossimo, i giochi sembrano ormai fatti. Il “campo largo”, in realtà “stretto”, è il campo di una sinistra che sopravvive e si sta scomponendo, a causa della crisi di idee, programmi, valori e per lo scollamento dalla sua base sociale di riferimento: è il campo di quel magma progressista che si sta inabissando, e che appare destinato comunque a perdere. Sicuramente nel Lazio, forse anche in Lombardia. Che spiri un vento che premia il governo di destra di Giorgia Meloni è innegabile. La luna di miele della premier con il Paese prosegue senza ostacoli. E i sondaggi del resto lo confermano. Anche quelli riguardanti i candidati nel Lazio. Quello della destra, Francesco Rocca, è oltre il 40%; il candidato del Pd, di Azione e Italia Viva, +Europa, “Verdi e Sinistra”, Alessio D’Amato, sfiora il 35%; la candidata dei 5 Stelle e di “Coordinamento 2050”, Donatella Bianchi, non arriva al 20%. Mentre in Lombardia il Pd e i 5 Stelle hanno trovato un’intesa sul candidato unitario Majorino, nel Lazio la divisione delle forze che si oppongono alla maggioranza di destra sarà il dato politico delle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio.
Claudio Marotta è il candidato di punta di “Sinistra civica ecologista” che, con Europa verde di Angelo Bonelli, ha dato vita a “Verdi e Sinistra”. Marotta è il capo staff dell’europarlamentare in quota Pd (ex Sel), Massimiliano Smeriglio. Un’esperienza politica fortemente radicata a Roma e in alcune parti del Lazio.
Marotta, non parte bene questa campagna elettorale che probabilmente consegnerà la Regione Lazio alla destra, dopo le giunte Zingaretti.
Adesso è il tempo di correre, rafforzare la coalizione delle forze che possono provare a battere la destra sul campo. Perché c’è un avversario da battere: la destra a guida Meloni che gode di un vantaggio straordinario. Proprio la presidente del Consiglio ha voluto rimarcare che le imminenti regionali saranno un banco di prova per il governo. Ecco, le abbiamo già regalato il vantaggio di confrontarsi contro forze disgregate, ora non perdiamo altro tempo.
Con il Pd impegnato in un congresso di rifondazione, il dialogo con i 5 Stelle è congelato. Diciamo per merito, o anzi demerito, sia del Pd, in cerca di un segretario e di un’identità, sia dei 5 Stelle. Nessuno dei due “campi” ha cercato un’intesa.
Alessio D’Amato ha radunato attorno a sé una coalizione plurale, che vuole tentare un’impresa straordinaria: una rimonta difficile ma non impossibile.
Marotta, accantoniamo un attimo gli slogan e la propaganda, che serviranno alla campagna elettorale. È innegabile che rischia di essere inutile anche la presenza di una forza che si batte per il dialogo e per un progetto rifondativo della sinistra, che vuole vincere guardando al nuovo millennio e non al secolo scorso.
Dal canto nostro, abbiamo insistito fino all’ultimo minuto disponibile per trovare un accordo con i 5 Stelle e il “Coordinamento 2050”; ma purtroppo, in questo caso, è stato il movimento di Giuseppe Conte a imboccare una strada senza ritorno, a compiere una scelta radicale: rompere l’alleanza che già governava la regione. Perché – è bene ricordarlo – la maggioranza della giunta Zingaretti era unitaria. Il lavoro alla Regione Lazio della giunta del Pd e dei 5 Stelle, oltre le altre forze della coalizione, si è chiuso con un bilancio positivo. Ed è stata una scelta sbagliata e velleitaria rompere quell’alleanza.
Diciamo le cose come stanno. Da tempo, il candidato indicato da Carlo Calenda e sponsorizzato dal Pd, l’ex assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, si è presentato facendo sua la richiesta del sindaco di Roma di un inceneritore per gestire la crisi del ciclo dei rifiuti. Quando anche il piano regionale di Zingaretti non contempla la costruzione di inceneritori…
Il Movimento ha sollevato questioni programmatiche che in parte condividiamo; ma quello che abbiamo detto, più volte, è che le coalizioni si fanno tra diversi, nel tentativo di fare sintesi tra programmi differenti. Condividiamo i valori che ci hanno unito in questi anni, e per questo è ancor più incomprensibile la scelta adottata dai 5 Stelle. Noi siamo in campo con un solo obiettivo: lavorare a un futuro più giusto per le cittadine e i cittadini del Lazio.
Sicuramente il Pd è partito con il piede sbagliato, presentando il candidato e il programma senza cercare di allargare il campo della coalizione. Quando poi, in extremis e in dirittura d’arrivo, D’Amato ha lanciato l’appello ai 5 Stelle di sedersi al tavolo delle trattative, il movimento di Conte ha rifiutato. Questo significa consegnare il futuro del Lazio alla destra. Complimenti.
Il futuro della Regione Lazio non potrà essere garantito da Rocca e dalle forze che lo sostengono. Abbiamo scelto di stare in campo per D’Amato, con una proposta autonoma, indipendente. Sosterremo – e mi candiderò – la lista ‘”Verdi e Sinistra”, e non rinunceremo alle battaglie per la giustizia sociale e la giustizia ambientale, che ci hanno sempre contraddistinto. Per noi l’assillo è sempre lo stesso: praticare le alleanze più larghe possibili, senza rinunciare ai nostri valori, alla nostra identità. Così daremo il contributo migliore possibile per fare in modo che non sia la destra di Fratelli d’Italia a governare per i prossimi cinque anni in Regione. Ci battiamo per vincere, ma in democrazia garantire un’opposizione combattiva è comunque fondamentale.
Siamo all’ottimismo dei sentimenti più che della volontà. Colpisce che il dibattito congressuale del Pd sia inesistente. Quattro candidati alternativi tra loro, ma nessuno che abbia contestato la scelta del candidato per forza e del programma con la costruzione dell’inceneritore.
Vorrei ragionare ancora sulla novità del governo Meloni. Questa è una destra che sostanzialmente non cambia l’agenda di governo che ha caratterizzato gli ultimi anni del nostro Paese, ma c’è un di più: il governo strizza l’occhiolino agli evasori, tenta di incidere sugli stili di vita, rimette al centro l’idea di nazione, quando il nazionalismo è il motore che ha portato l’Europa nel baratro più profondo della nostra storia. Mi candido, con il sostegno di tutta la nostra comunità, per dare rappresentanza alle forme del conflitto che si svilupperanno nei prossimi mesi.
E allora?
Ecco, di fronte a tutto questo, c’è bisogno di un’invasione di campo da parte di una nuova generazione che pratichi pacifismo, accoglienza, solidarietà, ambientalismo – e antifascismo. Ne è disseminato il Paese di esperienze positive e radicali, che praticano questi valori nella società ogni giorno. La sinistra si rifonda nelle strade, non nei palazzi. Adesso è il tempo di invadere anche il campo della politica e della rappresentanza. Senza uno scarto, senza una giusta radicalità, le forze progressiste saranno costrette all’irrilevanza nei prossimi anni.
Sull’orlo del baratro è da tempo che cammina questa sinistra: senza ossigeno, programmi e valori. Con metà Paese che rifiuta di andare a votare. Anche nel Lazio.
Intanto, bisogna salvare le buone pratiche messe in campo dalla giunta Zingaretti: penso per esempio a “Torno subito”, lo straordinario programma di reddito di formazione della Regione Lazio. E bisogna insistere sulla battaglia da fare per il reddito di cittadinanza. Poi è indispensabile ripartire dalla scuola pubblica, dalla formazione professionale, dall’università, dalla ricerca, dal diritto allo studio. Una ulteriore sfida che parta dalle città ha a che fare con la conversione ecologica che esse riusciranno a produrre. E poi “no al nucleare”, e stop al consumo di suolo. Vogliamo incentivare le comunità energetiche e ampliare i parchi naturali. Mi batterò per un Lazio meno disuguale, che adotti il reddito di cittadinanza su base regionale e rilanci strumenti di reddito per cittadini in formazione. Voglio una Regione che attui nuove politiche abitative, riformando il governo delle case popolari e istituendo l’Agenzia sociale per la casa. Mi batterò affinché, nella prossima legislatura, la Regione possa stanziare un miliardo di euro per la telemedicina e l’abbattimento delle liste d’attesa.