Si può essere ottimisti o pessimisti, sostenere che si tratta di un tentativo velleitario, o invece assolutamente necessario per un Partito democratico in perenne crisi di identità, tanto da farsi sottrarre sempre più consensi da Conte nei sondaggi. Ma la candidatura di Elly Schlein – già organizzatrice di OccupyPd, ex europarlamentare, ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna con la presidenza Bonaccini, e deputata ora iscritta al Pd per poter correre alle primarie – rappresenta senza dubbio una novità, e potrebbe essere in grado di arrestare l’emorragia di consensi che affligge il partito. Nell’affollata assemblea di domenica 4 dicembre, “Parte da noi”, tenuta al Monk di Roma, c’era una folla di sinistra che non si sente rappresentata da nessuno, e una significativa presenza di amministratori legati al territorio: tra gli altri, il sindaco di Arquata del Tronto, cittadina ancora in rovina dopo il sisma del 24 agosto 2016.
La storia di Elly Schlein è singolare e internazionale, non esattamente legata a istanze popolari. Un curriculum che ha fatto storcere più di un naso, considerando molti, la sua, una vicenda elitaria. Come se – va ricordato – i dirigenti del Pd fossero legati mani e piedi alle masse. Il nonno materno, Agostino Viviani, era un noto avvocato senese antifascista, mentre il nonno paterno, Harry Schlein, era emigrato negli Stati Uniti da una famiglia di origine ebraica dell’Europa orientale. Elly si è impegnata come volontaria durante la campagna elettorale dell’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Il 13 maggio del 2013 fu una delle organizzatrici di OccupyPd, una veemente protesta contro il vergognoso siluramento dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, in corsa per il Quirinale, da parte di 101 grandi elettori targati Pd, i cui nomi non sono mai stati resi noti, anche se provenivano da ben determinate correnti del partito. In aperto dissenso con la segreteria di Matteo Renzi, uscì dal partito, e nel 2020 sostenne, con la sua lista “Emilia-Romagna coraggiosa”, la candidatura di Stefano Bonaccini alla presidenza della Regione, che si affermò contro la leghista Lucia Borgonzoni. Nell’occasione, Schlein prese ben 22mila preferenze.
La giovane donna – è nata in Svizzera, ha 37 anni – si presenta come una leader che vuole essere protagonista, sì, ma non da sola. “Se lo facciamo insieme io ci sono, non mi tiro indietro, costruiamo insieme questa candidatura per dimostrare che io posso diventare la segretaria del nuovo Pd – ha detto ieri nel corso dell’incontro –, insieme a voi voglio diventare la segretaria del nuovo Pd”. “Siamo qua – ha aggiunto – non per fare una nuova corrente, siamo un’onda, non una corrente nuova. Non ci saranno mai gli schleiniani” – ha detto, anche perché, ha aggiunto sorridendo, sarebbe difficile da pronunciare.
Le sue parole d’ordine sono state molto nette: lotta alla precarietà e alla povertà, emergenza ambientale, lotta per i diritti civili (lei è un’esponente del mondo Lgbtq+) e – udite, udite – lotta al neoliberismo che tanti disastri ha provocato. Un’affermazione così perentoria, da parte di un’esponente del mondo Pd, non si è mai sentita. Nel centro culturale che ha ospitato l’evento non era presente una grossa fetta del partito. C’erano il vicesegretario Peppe Provenzano, Michela Di Biase, Laura Boldrini, Lorenzo Donnoli (del movimento delle Sardine, per la verità scomparso in questi ultimi anni), e c’era Arturo Scotto di Articolo uno. Tutte le buone intenzioni di Schlein si scontreranno, inevitabilmente, con un partito che, anche nella sua componente di sinistra, poco ha a che fare con la nuova candidata alla segreteria. Se il vicesegretario, per la sua giovane età, è più esterno agli ex comunisti, gli altri – Orlando, Zingaretti, Bettini, lo stesso Cuperlo – sono imbambolati, sconfitti (vedi il caso del predecessore di Letta dimessosi per ragioni mai del tutto chiarite), incapaci di contrastare le altre correnti, che peraltro neppure brillano per energie. Questa parte del partito la sosterrà, come pure Franceschini (e sfugge qui, per il momento, il perché di questo appoggio).
Dall’altro lato, Bonaccini sarebbe sostenuto da Base riformista – ovvero dai renziani rimasti all’interno, e di cui Letta non è riuscito a liberarsi nelle scorse elezioni –, dallo stesso segretario e dai sindaci di Firenze e di Bari, Nardella e Di Caro. Come si muoverà l’astro nascente della sinistra in mezzo a queste realtà fatte di “capibastone” attenti solo a logiche di potere? “Io, candidandomi a segretaria del Pd, mi sono impegnata a dire che lavorerò per l’unità, sia che vinca sia che perda” – ha detto Schlein. “Sono sopravvissuta in politica perché ho rinunciato alle logiche di cooptazione, noi non vogliamo fare una corrente, ma un’onda, e superare i meccanismi che non hanno fatto emergere la nuova classe dirigente”.
Restano alcuni inevitabili interrogativi. Se vincerà Bonaccini lei che cosa farà? Resterà all’opposizione, come dice, o sarà attratta da possibili esperienze a sinistra del Pd? E, se dovesse vincere, chi resterà fedele al suo fianco in una battaglia che sarebbe più logico chiamare una guerra? Non ci resta che attendere, ma la sua presenza è comunque qualcosa di positivo nel deprimente scenario offerto dal Partito democratico.