“L’Unità”, giornale fondato da Antonio Gramsci, è morto da tempo, e l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo non potrà farlo rinascere, anche se oggi è proprietario della testata. L’ha acquistata all’asta per 910mila euro: solo diecimila in più di quanto sarebbe stato offerto da Silvio Pons, presidente della Fondazione Gramsci, stando a quanto riportato da altri organi di stampa, ma smentito dall’ufficio stampa della stessa Fondazione a cui ci siamo rivolti per un commento sui fatti: “Il professor Pons in realtà non è coinvolto nella vicenda. Non ha partecipato a nessuna asta. La notizia data dalle agenzie è falsa” – ci è stato detto. Secondo quanto ha scritto il giornale “Prima comunicazione”, l’operazione è stata portata avanti dal gruppo Romeo, già editore del “Riformista”, insieme con il direttore del quotidiano, Piero Sansonetti, che all’“Unità” aveva lavorato per trent’anni, anche come condirettore, all’epoca della gestione Caldarola. Il giornale era, dallo scorso luglio, nelle mani del curatore fallimentare del tribunale di Roma.
Si tratta di una mossa avventurosa, un’iniziativa economica e di prestigio tentata dal duo Romeo-Sansonetti, che però parte male: fino a ora è stato completamente escluso il vecchio comitato di redazione dell’“Unità”, che rappresenta ventuno dipendenti (diciassette giornalisti e quattro poligrafici) travolti dal fallimento della testata e rimasti “senza ammortizzatori sociali e senza prospettive di occupazione. Una situazione insostenibile, iniziata – scrivono in un comunicato – con la società editrice “Unità srl”, e, a partire dal 27 luglio data del suo fallimento, proseguita con il curatore fallimentare che, a tutt’oggi, non ha assunto alcuna decisione sulla sorte dei lavoratori. Accertato, inoltre, che si va verso la formazione di una nuova redazione, il cdr chiede che il nuovo editore e il nuovo direttore tengano conto delle professionalità degli attuali dipendenti, parte integrante della storia del giornale, i quali hanno pagato un prezzo altissimo, e hanno lottato tenacemente per tenere in vita la testata, opponendosi a chi poi, per imperizia e incompetenza, l’ha condotta alla fine indecorosa del fallimento” – conclude il comunicato del comitato di redazione dell’“Unità”.
Giuridicamente, Romeo non è tenuto ad assumerli, visto che ha acquistato solo la testata. Vedremo cosa decideranno. Se è vero che in Italia, e ovunque, considerato lo straordinario processo di concentrazione economica, non esistono editori puri, Romeo spicca per “impurità”, nel senso della varietà dei suoi affari, oltre che per la condanna, in primo grado, a due anni e sei mesi, per corruzione in uno dei filoni della maxindagine sul caso Consip. Si tratta della tranche del procedimento che coinvolgeva anche l’ex dirigente della centrale unica di acquisti della pubblica amministrazione, Marco Gasparri. Quest’ultimo ha accusato l’imprenditore di avere ricevuto da lui, dal 2012 al 2016, complessivamente centomila euro in cambio di notizie e aiuti relativi ai bandi di gara in Consip (esclusa la responsabilità della società Romeo Gestione). Una vicenda nella quale è emersa anche l’estrema competitività tra i soggetti che vogliono accaparrarsi appalti pubblici, in particolare la rivalità tra Romeo e Verdini, ma su cui si pronuncerà il tribunale di secondo grado.
Certamente a un imprenditore ambizioso un giornale “di famiglia” può fare molto comodo, soprattutto se guidato da un amico con cui si condivide l’avventura, com’è Sansonetti. Dopo la lunga esperienza all’“Unità”, iniziata nel lontano 1975, Sansonetti si è fatto notare per la direzione di “Liberazione”, affidatagli da Fausto Bertinotti, giornale finito in dissesto, e poi ancora del “Dubbio”, nel quale diede sfogo a uno sfrenato senso del garantismo. A tutti noi sta a cuore la garanzia dei diritti, quando non è peloso mezzo per porsi al di sopra della legge – non è il caso di Sansonetti, naturalmente, ma di Berlusconi e di altri come lui –, ma è un fatto che la linea garantista mise in difficoltà l’editore del giornale: il Consiglio nazionale forense, un organismo istituzionale, non politico, della classe forense. Così venne cacciato e approdò al “Riformista” di Romeo.
Sansonetti, da direttore, avrebbe intenzione di riportare il quotidiano in edicola nel gennaio prossimo, lasciando la guida del “Riformista”. Vuole farne un giornale di sinistra, di area Pd. Mentre il “Riformista” rimarrebbe “calendiano”, nel senso di Carlo Calenda. Gli auguri vanno soprattutto ai ventuno colleghi da tempo senza prospettive di lavoro.