In un momento così particolare per la storia del nostro Paese, l’unica cosa che cresce è la confusione. I sentimenti di ansia e paura per il futuro, amplificati dalla pandemia, vengono ora sapientemente indirizzati dalla destra contro i nemici interni. L’untore è sempre dietro l’angolo. E questo sembra uno schema funzionale anche nella sfera economico-sociale. I soldi per sostenere una finanziaria postelettorale non ci sono, e nessuno pensa di rompere il tabù di cristallo del tetto al debito pubblico. Così, per dare qualche contentino agli elettori, si devono “redistribuire” le poste in gioco: prendere dai poveri per dare qualche briciola ai più poveri. L’idea geniale – che potrebbe suscitare l’invidia dello stesso ex ministro Tremonti, mago della finanza creativa – viene applicata in tutti i settori del welfare e delle politiche sociali. Insieme con un’altra idea, che si fa strada nel dibattito politico e nell’opinione pubblica sempre più populista: sei povero? È colpa tua. Anzi, dobbiamo cercare di metterti da parte, perché rischi di essere un freno al progresso economico. Sul reddito di cittadinanza precipita un dibattito etico-politico vecchio di tre secoli.
L’avevano promesso e lo stanno facendo, anche se in modo per ora soft, o meglio mimetico. Il reddito di cittadinanza va abolito – e cosa ci sarà dopo, come provvedimento di welfare per sostenere le famiglie povere, nessuno è in grado di dirlo. Il governo Meloni si basa su una propaganda politica che, pur essendo parzialmente camuffata, raggiunge picchi ideologici mai sentiti: e questo si capisce più da cosa scrivono e filmano i politici sui social, che dalle dichiarazioni ufficiali spesso imbarazzate o, peggio, dilettantesche. Il fastidio della premier Meloni, nei confronti dei giornalisti che sarebbero troppo incalzanti nelle domande (con Draghi erano molto più “rispettosi”), è esemplare dello spirito dei tempi. Ci sono perfino cronisti politici ed economici che rimpiangono appunto il ministro più maleducato, quel Tremonti che ti bacchettava pubblicamente dicendoti, “lei non capisce niente…”.
Alle domande sul futuro delle famiglie povere – e su quello che pensa di fare il governo per combattere una povertà che diventa sempre più “assoluta” – la premier non ha mai risposto, e temiamo che se lo avesse fatto avrebbe usato le parole di Albanese nei panni di Cetto La Qualunque: “una beata minchia”. “La mia sensazione è che si voglia abituare il Paese al fatto che non ci sarà più. Questo nel contesto di una operazione di pura colpevolizzazione dei poveri” – lo ha detto l’ex segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, in una intervista nella quale la senatrice Pd spiega che si tratta di un processo che va avanti da tempo: quello di indicare i percettori del reddito come fannulloni. “Qui c’è proprio il disprezzo, ancora di più che la paura. Un disprezzo molto diffuso a destra, a sinistra e al centro. Pensiamo alla filosofia del ‘divano’ che ci ha tormentato in questi anni”. E per citare un’altra intervista a una donna, che di scienza della povertà se ne intende molto, la sociologa Chiara Saraceno: nei confronti di chi prende il reddito di cittadinanza, “c’è prima di tutto una mancanza di conoscenza da cui nasce il disprezzo; è impressionante il modo in cui vengono viste queste persone, dai media e dalla popolazione”.
Nell’epoca dell’ideologia autoritaria, non contano i dati e le statistiche. I numeri e le percentuali contano solo quando ti danno ragione nei sondaggi elettorali. I dati pesanti, i “big data” sociali non fregano niente a nessuno. Così ci riduciamo a dibattere sulle dichiarazioni surreali del ministro Valditara, che ha scoperto il fenomeno dell’abbandono scolastico per usarlo contro il reddito di cittadinanza; mentre i rapporti Istat, Caritas, Banca d’Italia, Credit Swiss, e via nominando, sull’aumento esponenziale della povertà, interessano meno delle scommesse ai mondiali di calcio. Eppure i dati sono pesanti: cinque milioni e 571mila le persone senza mezzi sufficienti per condurre una vita dignitosa. È il bilancio del “21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale”, realizzato da Caritas italiana.
Nel 2021 sono in povertà assoluta 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale da 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% come nel 2020). Pertanto, la povertà assoluta conferma i massimi storici toccati nel 2020, anno d’inizio del Covid-19. 1,4 i minori in povertà. Ma con un consistente aumento dei prezzi quest’anno, superiore al 6%, questi numeri possono dilatarsi, e di molto. E c’è poi il fenomeno nuovo e sconcertante della povertà che non è più “curata” neppure con il lavoro. L’ultimo report Istat mostra come in Italia la condizione di povertà permanga – anche in presenza di un lavoro. Quasi un terzo dei dipendenti, infatti, è a bassa retribuzione oraria o annuale, sotto la soglia dei dodicimila euro. Questo vuol dire che circa un lavoratore su tre, ovvero il 29,5%, guadagna in un anno meno di dodicimila euro lordi. Per quanto riguarda la paga oraria, sono 1,3 milioni i lavoratori che guadagnano meno di 8,41 euro all’ora, il 9,4% del totale
Con riferimento alla classe di età, l’incidenza della povertà assoluta si attesta al 14,2% (poco meno di 1,4 milioni) fra i minori. All’11,1% fra i giovani di 18-34 anni (un milione e 86mila), e rimane su un livello elevato al 9,1% anche per la classe di età 35-64 anni (2 milioni 361mila), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,3%, interessando circa 743mila persone). La platea delle persone che percepiscono il reddito e la pensione di cittadinanza, secondo i dati Inps pubblicati ad agosto 2022, è così composta: 2,17 milioni di cittadini italiani; 226mila cittadini extracomunitari, con permesso di soggiorno Ue; 88mila cittadini europei; cinquemila familiari delle precedenti categorie, o titolari di protezione internazionale. A luglio 2022, inoltre, i nuclei beneficiari, al cui interno sono presenti minori, sono stati 365mila con 1,3 milioni di persone coinvolte. Mentre le famiglie con disabili sono quasi 197mila, con 442 mila persone coinvolte. Che fine farà tutta questa gente? Chiedetelo ai “furbetti del divano”. O a Cetto La Qualunque.