Europa e America latina hanno un legame storicamente radicato, che oggi si sviluppa attraverso una importante rete commerciale tra le economie del vecchio continente e i singoli Paesi latinoamericani. Una serie di trattati regola questi rapporti, come l’accordo multilaterale dei Paesi europei con il Perù e la Colombia, o come quello tra Unione europea e Mercosur. L’Unione europea e i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay), dopo circa vent’anni di negoziati, nel 2019, hanno raggiunto un accordo commerciale, che però non è mai stato ratificato.
Come si legge sul sito della Commissione europea, l’Unione è a oggi il partner commerciale e d’investimento numero uno del Mercosur: le esportazioni verso i Paesi del Mercosur sono state di 45 miliardi di euro in beni nel 2021, e di 17 miliardi di euro in servizi nel 2020. L’Unione europea è, in generale, il più grande investitore estero nel Mercosur, con 330 miliardi di euro nel 2020. L’obiettivo dell’accordo è dunque di aumentare gli scambi bilaterali, riducendo le barriere commerciali e ponendo una particolare attenzione alle piccole e medie imprese, creando al contempo norme più stringenti in materia di investimenti e concorrenza, e promuovendo ideali comuni, come lo sviluppo sostenibile, la sicurezza alimentare e l’estensione dei diritti sociali.
Con l’entrata in vigore dell’accordo, le esportazioni europee verso il Mercosur beneficerebbero della rimozione dei dazi doganali sul 91% dei beni; mentre il mercato europeo eliminerebbe le tariffe sul 92 % dei beni importati dai Paesi del Mercosur, mantenendo tuttavia contingenti tariffari per i prodotti agricoli considerati sensibili.
L’accordo è però in stand by dal momento del suo raggiungimento, poiché diversi Paesi – come Francia e Germania – rifiutano di ratificarlo: questa presa di posizione è essenzialmente una risposta dei governi alle richieste delle Ong e dei gruppi di pressione ambientalisti. L’accordo viene criticato per avere trascurato gli standard di salvaguardia ambientale e la protezione delle popolazioni indigene in Brasile. D’altronde, già nel dicembre 2020, circa 120 organizzazioni della società civile brasiliana hanno definito l’accordo come un vero “disastro asimmetrico, che mira a riprodurre la logica coloniale dei fornitori perpetui di materie prime e degli importatori di beni industriali”. Il 15 marzo 2021, la rete internazionale “Stop Eu-Mercosur”, di cui fanno parte circa 450 organizzazioni dell’Unione europea e del Sud America, ha invitato pubblicamente i propri governi a interrompere l’accordo.
Oltre a questo, a livello politico e istituzionale, ha influito sulla mancata ratifica dell’accordo l’elezione a presidente del Brasile di Jair Bolsonaro, che si è opposto alle richieste di una maggiore attenzione al mutamento climatico, e a mettere in atto politiche in grado di preservare la foresta amazzonica. Oggi, però, dopo il risultato elettorale di ottobre, la vittoria di Lula può riaprire la partita.
Il neoeletto presidente brasiliano ha infatti espresso delle posizioni molto più moderate e aperte al dialogo rispetto al suo predecessore: già in campagna elettorale, ha dichiarato di volere riallacciare i rapporti con Bruxelles, a condizione che l’accordo sia rivisto, in un’ottica di protezione dell’industria del Paese, e di crescita della qualità dell’export brasiliano. Il Brasile, infatti, è uno storico esportatore di materie prime; ma relegarlo in questo ruolo implicherebbe un export con minimo valore aggiunto, che non porterebbe a un’effettiva crescita economica, e ridurrebbe le possibilità di sviluppo industriale. Nel discorso della vittoria, domenica 30 ottobre, Lula ha sostenuto di volere “riprendere le relazioni con gli Stati Uniti e l’Unione europea su nuove basi”, e che non è interessato ad accordi commerciali che condannino il Brasile a essere un eterno fornitore di materie prime.
“Non vedo l’ora di lavorare con voi per affrontare le sfide globali urgenti, dalla sicurezza alimentare al commercio e ai cambiamenti climatici”, ha twittato, lunedì 31 ottobre, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Lula. Nelle parole della presidente, si coglie la consapevolezza europea di doversi ritagliare un nuovo spazio nel commercio latinoamericano, sia per diversificare il suo import-export, allontanandosi dalla Russia e dalla Cina, sia per non perdere un partner storico con cui si hanno legami anche culturali. Nel luglio di quest’anno, infatti, Cina e Uruguay hanno annunciato negoziati concreti per un accordo commerciale bilaterale completo. Questa mossa potrebbe attirare eventualmente il Brasile in un più ampio accordo commerciale Cina-Mercosur, assicurando al Paese asiatico importanti forniture di prodotti agricoli in America latina e l’apertura di un nuovo enorme mercato, e soprattutto ponendolo in una posizione di vantaggio in termini di influenza geopolitica. Se l’accordo di associazione Ue-Mercosur fosse ratificato con successo, invece, la dinamica della politica di potenza sarebbe rovesciata, poiché l’Unione godrebbe di accordi che disciplinano le relazioni commerciali con quasi tutta l’America latina e i Caraibi (a eccezione di Bolivia, Cuba e Venezuela).
La vittoria di Lula non fornisce a Bruxelles la certezza di passi avanti nell’accordo, ma lascia quantomeno uno spazio al dialogo istituzionale: il nuovo presidente si è detto intenzionato a rispettare gli standard ambientali di preservazione e protezione della foresta amazzonica e delle popolazioni indigene che la abitano, rispondendo così alle critiche mosse da Francia e Germania. Nonostante il Brasile avverta la necessità di un maggiore sviluppo industriale, con Lula c’è la possibilità di lavorare sull’accordo e di arrivare alla sua ratifica.