È impresa difficile, se non proprio ardua, farsi un’idea della situazione militare sul campo nel conflitto russo-ucraino. Innanzitutto perché, ancora più delle guerre scoppiate nei decenni scorsi, “non esistono osservatori indipendenti in quanto tutti i giornalisti e gli operatori sul campo sono embedded”: così la pensa Francesco Dall’Aglio – ricercatore in “Storia culturale, storia militare e nazionalismi”, presso l’Istituto di studi storici dell’Accademia delle scienze di Bulgaria – che segue molto da vicino il conflitto russo-ucraino, con puntuali aggiornamenti sui suoi canali social. “Buona parte di quello che viene riferito spesso non corrisponde a verità – dice Dall’Aglio –, spesso si tratta di notizie non filtrate, diffuse dai comandi militari ucraini. Lo stesso, ovviamente, avviene dalla parte opposta, quella russa. Il problema è che la stampa occidentale dà spesso per buone anche le notizie raccolte su siti ucraini in lingua inglese e non ufficiali”.
Per raccapezzarci, proviamo a fare il punto sugli equilibri militari al momento: “Innanzitutto, si può dire che la controffensiva ucraina (iniziata un paio di mesi fa a Kharkiv e continuata oggi a Kherson, n.d.r.) sia sostanzialmente terminata. I piccoli avanzamenti compiuti quotidianamente dalle truppe di Kiev sembrano più diretti a individuare i punti deboli del fronte russo che un’offensiva vera e propria. Possiamo dire che, nelle operazioni militari ucraine in corso in questi giorni, c’è molto poco dell’assalto vincente di Kharkiv delle scorse settimane”.
E questo a cosa è dovuto? “Innanzitutto all’aumento delle risorse, anche umane, nel campo russo – dice Dall’Aglio –, e questo è indubbiamente il risultato della mobilitazione parziale voluta da Putin nelle scorse settimane in Russia. Certamente, l’addestramento di queste nuove forze non sarà sufficiente per combattere in prima linea, ma potranno essere utilizzati come tappabuchi (ci permettiamo di definirli così). Inoltre, non va dimenticato il fattore meteorologico: il freddo e le piogge invernali favoriscono chi è in posizione di difesa, non certo chi attacca. In più – continua il ricercatore – l’equipaggiamento militare in arrivo dall’Occidente non è tarato per quelle condizioni metereologiche: l’esercito ucraino, date le temperature, in genere non troppo dissimili tra l’Ucraina e la Russia, era sì attrezzato per affrontare il disagio invernale. Ma quell’equipaggiamento è quasi finito, probabilmente distrutto nei continui bombardamenti russi di depositi militari sul territorio ucraino. La Nato ha a disposizione una dotazione militare, diciamo così, per luoghi caldi: gli interventi militari dell’Alleanza atlantica e degli Stati Uniti, infatti, negli ultimi anni erano indirizzati verso Paesi del Medio Oriente o dell’Africa. Tutt’altra cosa è affrontare un gelido inverno dalle parti ucraine e russe. Un cannone M-777, con la canna in tungsteno, per esempio, potrà reggere i meno venti gradi, se non di più, di quelle aree durante l’inverno?”.
È fuor di dubbio, però, che la Russia abbia perso una parte dei territori conquistati durante la prima parte della campagna militare, e anche con una velocità superiore alle attese. “Questo è assolutamente innegabile. Anche se sono stati pagati a carissimo prezzo, in termini di vite umane, da parte degli ucraini”. Il punto di svolta pare essere stato l’attentato al ponte di Kerch, detto anche ponte di Crimea, lo scorso 8 ottobre. Era considerata una delle linee rosse, stabilite da Mosca. “La risposta militare russa è stata, com’è noto, il bombardamento massiccio delle infrastrutture civili in quasi tutto il territorio ucraino – dice Dall’Aglio –, il fatto è che quegli attacchi continuano quasi quotidianamente, ma se ne parla di meno, dopo il clamore dei primi giorni, dovuto anche alla sorpresa delle prime ore. In realtà, la strategia bellica di bombardare quegli obiettivi nelle città non si è mai arrestata. Soltanto, se ne parla di meno”. Non a caso – continua ancora Dall’Aglio – ora Kiev chiede all’Occidente un altro tipo di armamenti: “Agli ucraini non servono più mezzi militari per l’avanzamento sul campo, o per la stabilizzazione di una o più posizioni, ma principalmente equipaggiamenti anti-aereo, ed è infatti quello che ora chiedono sempre più insistentemente”.