Il 28 settembre scorso il parlamento tedesco si è espresso, a larga maggioranza, contro una mozione presentata dalla Cdu-Csu riguardante la consegna di armi pesanti e carri armati all’Ucraina. Nella mozione, il gruppo parlamentare cristiano-democratico chiedeva che “il permesso per l’esportazione di carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e carri armati da trasporto all’Ucraina, tratti dalle nostre scorte militari, sia concesso immediatamente e che, inoltre, siano consegnate armi pesanti, in particolare veicoli corazzati da combattimento e artiglieria a più lungo raggio, sempre dalle scorte della Bundeswehr”. Seguiva una dichiarazione di intenti che prefigurava “un aumento immediato e sostanziale del sostegno tedesco in termini di quantità e qualità”.
Il dibattito al Bundestag è stato acceso. Johann Wadephul, vicepresidente del gruppo parlamentare della Cdu, ha insistito sulla necessità di fornire l’aiuto militare ora, nel momento in cui l’Ucraina sta sferrando una controffensiva e la Russia lancia la mobilitazione parziale; e ha aggiunto che sarebbe un “grave errore” non fornire maggiore appoggio. La maggioranza però ha controbattuto: in particolare, la socialdemocratica Gabriela Heinrich ha affermato che la reazione del governo tedesco alla guerra di aggressione russa è stata “prudente, chiara e lungimirante”, e che quanto è stato già consegnato è ben più della “miseria” di cui parla la Cdu, e sta giocando un ruolo importante nella fase attuale della guerra.
Il dibattito si è fatto ancora più acceso quando l’estrema destra dell’AfD ha insistito sul fatto che la guerra in Ucraina è “una disputa che non ci riguarda”. Ali Al-Dailami della Linke, invece, ha chiesto all’Unione europea “offensive diplomatiche” in luogo di “offensive con i carri armati”, riscuotendo solo critiche e un generale scetticismo.
Quando l’ex dell’AfD, Robert Farle, ha preso la parola, l’assemblea gli ha gridato “sei troppo di destra persino per l’AfD!”. Il deputato, fuoriuscito dal partito e ora indipendente, ha parlato di una provocazione della Nato e di una “Ucraina controllata dagli americani”. Ne è scaturito un parapiglia e sono volati insulti.
In conclusione della discussione, il Bundestag, cioè la Camera bassa della Germania, ha respinto la “offensiva dei carri armati”, ossia la proposta della Cdu-Csu, e i nuovi invii di armi pesanti, con 476 voti contro 179. La maggioranza dei deputati ha detto no a un ulteriore sostegno militare a Kiev, con una sola astensione.
In realtà, il dibattito ha ripreso a grandi linee quanto era già stato espresso a fine aprile, nel momento della Zeitenwende annunciata da Olaf Scholz, quando faticosamente era stata approvata la consegna di armi pesanti. In quella occasione, il Bundestag aveva votato per la prima volta per fornire un “sostegno completo all’Ucraina”. Tuttavia il parlamento, in quel frangente, aveva anche esortato il governo tedesco a “sostenere tutti gli sforzi del governo ucraino per raggiungere un cessate il fuoco in negoziati diretti con la leadership russa”. E anche ora oggetto del contendere sono, in buona sostanza, i carri armati Leopard, a più riprese richiesti dall’Ucraina per lanciarli nella controffensiva contro la Russia, ma che i tedeschi continuano a non fornire.
Se anche la coalizione “semaforo” ha votato compatta contro la mozione, cresce però la pressione sul cancelliere, dato che, nelle ultime settimane, alcuni rappresentanti dei due partner di coalizione – i verdi e i liberali – si sono espressi a favore della consegna immediata dei carri armati. Scholz e la ministra della Difesa, Christine Lambrecht, hanno finora respinto questa ipotesi. Lambrecht ha dichiarato: “L’Ucraina riceverà molto presto dei carri armati, in particolare 40 carri armati dalla Grecia e 28 dalla Slovenia, e la Germania contribuirà a colmare le lacune negli invii dai due Paesi”. Omid Nouripour, presidente dei verdi, ha rilevato che è penoso discutere di livelli di armamento all’interno della coalizione: “Alla fine, si deve trovare l’equilibrio giusto tra le considerazioni all’interno dell’alleanza e le esigenze dell’Ucraina” – ha commentato. La presidente della commissione Difesa, Marie-Agnes Strack-Zimmermann, liberale, se l’è presa invece con la Cdu-Csu, affermando che i loro dirigenti sono stati a capo del ministero della Difesa per sedici anni, “ed è colpa loro se ora, visto il pessimo equipaggiamento della Bundeswehr, ci si deve scervellare su dove la Germania si debba procurare le armi da dare all’Ucraina”.
D’altro canto, le resistenze alle forniture di armi, e il malcontento per l’operato del governo, sono forti sia nella stessa Spd – come attesta l’appello pacifista “Le armi devono tacere” lanciato da quaranta deputati un po’ di tempo fa (e di cui abbiamo già parlato qui) – sia tra i verdi, dove non mancano critiche feroci alla ministra degli Esteri, Annalena Baerbock. Tra le numerose uscite discutibili della Baerbock – che è su posizioni apertamente atlantiste e di energico sostegno all’Ucraina –, ci sono le dichiarazioni rilasciate in un incontro bilaterale con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, a Kiev l’11 settembre: un duetto tutto impostato all’insegna di “il tempo stringe”, e “diamo più armi all’Ucraina”, che ha anche condotto a uno scontro con la ministra della Difesa Lambrecht.
L’opinione pubblica tedesca, in ogni caso, è tutt’altro che compatta. L’Unione europea è oggetto di aspre critiche per la mancanza di coordinamento: si valuta che molte promesse di invio di armi siano state finora, in parte, disattese dai Paesi che si erano impegnati; e si ritiene che sulla Germania siano stati scaricati molti dei costi e delle responsabilità dell’aiuto all’Ucraina, con tutti i rischi aggiuntivi derivanti dalla questione del gas russo. Nonostante le sue esitazioni, il cancelliere prosegue nella politica di cautela, che ne fa una figura a parte tra i leader europei. L’impressione è che si stia progressivamente configurando una “linea tedesca” sulla guerra, non completamente allineata con l’Unione europea.
D’altronde, anche la scelta di finanziare con duecento miliardi famiglie e imprese, a fronte dei rincari dei costi energetici, pare profilare una via nuova. La Germania fa da sé, senza molto curarsi delle ripercussioni a livello europeo. Scholz ha giustificato il provvedimento come misura che mira a rintuzzare l’uso della fornitura di gas come arma che Putin sta mettendo in campo. In particolare, è previsto un freno al prezzo del gas, ma i dettagli non sono ancora definiti. Gli elogi sono arrivati dai rappresentanti delle imprese e dai gruppi di tutela dei consumatori. Secondo il progetto presentato da Scholz – con il ministro dell’Economia, Robert Habeck (verde), e con il ministro delle Finanze, Christian Lindner (liberale) – il “consumo di base” di gas sarà sovvenzionato dallo Stato fino alla fine dell’inverno 2023-2024. I dettagli saranno elaborati da una commissione, già nominata, entro la metà di ottobre.
Si tratta di un “ombrello difensivo” di duecento miliardi di euro, che equivalgono a circa sei finanziarie italiane: una simile spesa – a difesa unilaterale della industria tedesca – equivale a dire che una politica economica europea comune non esiste; come sta avvenendo in campo militare, anche in campo economico ognuno va per conto suo. Non a caso, non sono mancate reazioni stizzite in Europa al provvedimento, soprattutto in Italia, dove è vivo il timore che le nostre imprese non reggano la competizione con quelle tedesche, abbondantemente sovvenzionate.
In Germania, invece, le organizzazioni di tutela dei consumatori e le associazioni sociali hanno reagito positivamente ai piani del governo. “Alla luce degli orrendi prezzi dell’energia”, il freno al prezzo del gas dev’essere attuato rapidamente – ha spiegato la presidente della Federazione delle organizzazioni dei consumatori tedeschi, Ramona Pop. Anche la presidente dell’Associazione sociale, Verena Bentele, ha esortato a fare in fretta: “Una quota base di energia a un prezzo accessibile deve arrivare prima che faccia davvero freddo”. Pure le associazioni imprenditoriali hanno espresso soddisfazione. La Confederazione tedesca dell’artigianato specializzato ha parlato di un “buon segnale”, ed elogi sono giunti inoltre dall’Associazione delle camere di commercio e dell’industria tedesche.
Rimane, in ogni caso, il fatto che la Germania sembra assumere posizioni sempre più “nazionali” sulle questioni fondamentali della guerra e della crisi energetica. In un momento in cui la Banca centrale europea alza i tassi di interesse, la scelta di tutelare i propri cittadini pare andare in una direzione difficilmente compatibile con gli equilibri europei.