Previsioni della vigilia rispettate. Il cartello delle destre vince le elezioni trainato dal partito di Giorgia Meloni che arriva intorno al 25%. Si apre una fase apparentemente scontata – quella del conferimento dell’incarico da parte di Mattarella alla leader di Fratelli d’Italia –, ma il governo di destra-centro che nascerà avrà al suo interno la grossa incognita della sorte di Salvini, che crolla all’8-9%: la Lega lo farà fuori? Berlusconi salva la pellaccia ottenendo un risultato molto vicino a quello leghista. Si conferma un’analisi che vuole Meloni come l’erede del berlusconismo, oltre che del fascismo, e che vede la sua formazione come espressione emergente, ormai, del blocco borghese del Nord, pronto a orientarsi opportunisticamente verso una destra vandeana, guidata da una romana di estrazione popolare.
Per quanto riguarda la “non destra”, il Pd, come previsto, non supera il 20%: e si porrà di fatto la questione della segreteria Letta, che ha condotto una inesistente campagna elettorale, oltre ad avere sbagliato il modo di presentarsi alle elezioni. Un fallimento su tutta la linea. Che ha fatto, in gran parte, le fortune di Conte e dei suoi che rimontano, come previsto, fino al 17% circa. Al palo – ma sopra lo sbarramento – resta la lista unitaria tra i verdi e la sinistra di Fratoianni.
I compiti di una sinistra possibile sono difficili e apertissimi, dopo un risultato elettorale certo molto amaro, ma che almeno non vede raggiunto l’obiettivo dei due terzi del parlamento nelle mani delle destre. Si dovrà lavorare a lungo, mettere in questione gli stessi partiti esistenti, cercare nuove strade. Un dato tra tutti, quello al momento definitivo: l’affluenza, rispetto al 2018, è scesa di nove punti, attestandosi al 63%. È l’indice di una disaffezione a cui si potrà porre rimedio solo con un’autoriforma della politica di sinistra. (Pubblicato alle ore 02:25)