È passato abbastanza inosservato il breve discorso di papa Francesco di questo mercoledì, nel quale ha avvertito che siamo arrivati alla Terza guerra mondiale. Lo ha detto rivolgendosi così ai fedeli polacchi: “Domani ricorderete lo scoppio della Seconda guerra mondiale, che ha segnato così dolorosamente la nazione polacca. E oggi stiamo vivendo la Terza. La memoria delle esperienze passate vi spinga a coltivare la pace in voi stessi, nelle famiglie, nella vita sociale e internazionale. Preghiamo in modo speciale per il popolo ucraino. Maria vi sostenga nella scelta quotidiana di bontà, giustizia e solidarietà con i bisognosi, generando nei vostri cuori speranza, gioia e libertà interiore”.
Questa constatazione drammatica forse non la si vuole sentire, per proseguire il comodo gioco delle contrapposte tifoserie. Ma l’indicazione è chiara: la soluzione, la risposta, sta dentro di noi. Ecco perché la sua posizione appare netta: no agli opposti integralismi. Ed ecco – nell’enorme incertezza che ci assilla non soltanto sul domani, ma anche sull’oggi ormai –, una cosa è chiara. L’imperatore dell’Occidente non ha il suo chierichetto a San Pietro. Quando Francesco ha detto che il patriarca di Mosca (e di tutte le Russie) non può essere il chierichetto di Putin, più che attaccare la visione imperiale del suo interlocutore moscovita ha messo in chiaro ciò che lui mai sarà: il chierichetto di Biden, o della Nato, o dell’Occidente. Questo non accadrà.
Ma nel gioco delle opposizioni e contraddizioni questa scelta di estremo coraggio crea un problema, perché Kirill, almeno a tutt’oggi, opera e agisce davvero come il chierichetto di Putin. Resistere alla contrapposizione diventa difficile. Se la religione viene presentata come la giustificazione di un impianto imperiale, dispotico, belligerante, sfidare questa visione nell’identico ma opposto modo sarebbe la cosa più semplice, ma anche quella esiziale. Dobbiamo ammetterlo tutti: dal 2001 bin Laden ci ha convinto a ragionare con la logica “o noi o loro”, ecco perché la scelta di Francesco è difficilissima. Quanti si sentirebbero sollevati se lui dicesse: “Noi siamo il bene, abbiamo ragione, loro sono il male, vanno sconfitti”. È quello che fa Kirill, rovesciando i ruoli. È quello che non fa, non vuole fare, non deve fare Francesco.
La gestione di una linea che non divide il mondo in figli del bene e figli del male può sembrare una linea connivente, ambigua, addirittura complice. Il papa latinoamericano avrà pure qualche antipatia per Washington, no? E allora ecco la simpatia per Mosca, la comprensione per Mosca che molti vedono come realtà, evidenza. In realtà Mosca continua a dirgli sempre di no, anche sull’incontro nei prossimi giorni in Kazakistan. In realtà, cosa è successo? Il papa e Kirill dovevano partecipare a un incontro di leader religiosi di tutto il mondo, ma, pur di non incontrarlo, il “chierichetto di Putin” ha preferito negarsi. Non andrà. Parlare con il mondo per chi si sente al vertice della Terza Roma, cioè dell’impero del bene, non è tanto importante. Ma è soprattutto parlare con l’altra Roma, quella che per lui non è tale, che va evitato.
Siamo arrivati a questo nelle ore in cui è stata uccisa la figlia di Dugin, una giovane impegnata nell’ideologia dominazionista. Per lei, molti hanno scritto, gli ucraini sarebbero sub-umani da sottomettere, dominare. Non è proprio l’esempio della persona “innocente”. Parlando dell’azione terrorista che l’ha eliminata il papa ha parlato delle “vittime innocenti della guerra”. Inappropriato, perché i cattivi maestri se non sono colpevoli dei reati commessi da altri non sono neanche stinchi di santo. Ma il terrorismo è terrorismo, da qualunque parte provenga. Così l’incidente diplomatico con Kiev ha consentito al Vaticano di chiarire in modo appropriato parole che andavano spiegate: “Nel contesto della guerra in Ucraina, sono numerosi gli interventi del Santo Padre Francesco e dei suoi collaboratori al riguardo. Essi hanno come finalità per lo più quella di invitare i Pastori e i fedeli alla preghiera, e tutte le persone di buona volontà alla solidarietà e agli sforzi per ricostruire la pace. In più di un’occasione, come anche nei giorni recenti, sono sorte discussioni pubbliche sul significato politico da attribuire a tali interventi. A tale riguardo, si ribadisce che le parole del Santo Padre su questa drammatica questione vanno lette come una voce alzata in difesa della vita umana e dei valori connessi ad essa, e non come prese di posizione politica. Quanto alla guerra di ampie dimensioni in Ucraina, iniziata dalla Federazione russa, gli interventi del Santo Padre Francesco sono chiari e univoci nel condannarla come moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”.
È qui che emerge quanto faccia male alla difficilissima posizione che il papa ha deciso di assumere e tenere, in un contesto così pericoloso, la diffusione di ideologismi “totali”. L’Occidente vissuto come roccaforte di tutti i beni è la prima, pari a quella dell’Occidente sentina di tutti i mali, e la Russia patria indiscutibile della sopraffazione, del male, dell’odio per la libertà. Se ci si pensa bene, la critica all’Occidente – che riverbera spesso qui in Occidente – è proprio la linea che il patriarca di Mosca ha dichiarato, affermando che quella in Ucraina è una guerra “esistenziale” tra la Russia, il bene, e l’Occidente, il male. Per fortuna, chi vuole che il papa dica lo stesso dalla prospettiva opposta non l’avrà vinta. Ma il fraintendimento con Kiev impone di porsi una domanda: un certo pacifismo, soprattutto di sinistra, non vive dentro di sé la certezza che Mosca sia una specie di Terza Roma? La Terza internazionale non ne è stata, in passato, la liturgia mondiale? L’impero che avrebbe portato l’uomo nuovo a tutto il mondo… E un certo pacifismo cattolico non ritiene di dover capovolgere l’Occidente, convertirlo, renderlo davvero l’impero del bene e non, come molto spesso è, quello del male? Un certo bellicismo occidentale, infine, non ritiene che fuori di sé ci sia solo barbarie, inciviltà, esseri primitivi? Per evitare la Terza guerra mondiale, liberarsi da queste tre prospettive è lo sforzo che ognuno di noi, volendo, potrebbe fare.