Una delle caratteristiche del meeting di Rimini – in tutte le sue edizioni, come hanno notato molti osservatori – sono i “lunghi e calorosi applausi” riservati a molti oratori. Non è il caso degli esponenti grillini, invitati qualche anno fa con simpatia e curiosità utilizzarono lo spazio loro dato per attaccare frontalmente Comunione e liberazione, con accuse durissime. Fine della storia: da allora non sono stati più invitati e non hanno avuto occasione di ricevere “lunghi e calorosi applausi”. Invece molti altri ospiti li hanno ricevuti, incuriosendo gli specialisti dell’applausometro. Non è facile, infatti, interpretarli. Non si deve sottovalutare che, a motivarli, c’è anzitutto un genuino spirito di accoglienza verso l’ospite – ma naturalmente ciò non spiega tutto.
Curiosità, in particolare, hanno suscitato i “lunghi e calorosi applausi” tributati sia a Giorgia Meloni sia a Mario Draghi, invitati in due giorni successivi. Qualche osservatore ha scritto che non avrebbe potuto esserci nulla di più politicamente contraddittorio. Meloni è stata la leader della principale forza politica che non ha sostenuto il governo Draghi: in pratica, la sua maggiore oppositrice. Chi ha formulato questa osservazione ha trovato una spiegazione nel fatto che molti italiani hanno sostenuto con convinzione il governo da poco sfiduciato, e che molti italiani si apprestano a votare Fratelli d’Italia alle prossime elezioni. La platea di Cl, insomma, sarebbe uno specchio più o meno fedele degli italiani e delle loro contraddizioni. In realtà, per sciogliere pienamente il rebus degli applausi si deve far caso anche al modo in cui i diversi ospiti si sono rapportati al “popolo del meeting”. I casi di Giorgia Meloni e Mario Draghi sono in questo senso illuminanti. La leader di FdI si era preparata bene all’incontro, e ha saputo presentare le sue proposte come se rispondessero a questioni molto sentite dai ciellini, parlando per esempio di “corpi intermedi” e alludendo più volte ad altri temi a loro cari. Il tutto condito con un linguaggio del corpo ad hoc per esprimere la volontà di stabilire un contatto con chi la stava ascoltando. I “lunghi e calori applausi” che ha ricevuto non significano perciò, necessariamente, consenso politico nei confronti della leader di destra (più probabile che molti ciellini votino per politici a loro vicini, come Maurizio Lupi, o per altri “centristi del centrodestra”, con qualche eccezione che vota Pd). Qualcosa di simile è accaduto con Mario Draghi, con cui si è stabilito da tempo un intenso feeling, che ha provocato nell’ex banchiere europeo un momento di commozione in lui piuttosto raro.
Enrico Letta, invece, non ha riscosso lo stesso successo. Forse il meeting è stato un po’ ingeneroso con lui – Letta vantava diverse presenze a Rimini, in tempi non sospetti di interesse elettorale –, ma probabilmente ha pagato per aver parlato più alla testa che al cuore dei ciellini. Per il popolo del meeting, infatti, è importante che chi partecipa parli con il cuore e al cuore. Non che per i ciellini ciò che interroga la loro testa non conti, ma conta di più la storia e in primo luogo la loro storia. Giunto alla 43esima edizione dell’iniziativa, questo popolo ne ha viste tante. Da quel lontano 1980 tutto è diverso, in Italia e nel mondo. Molte cose sono cambiate anche per Cl e in Cl. Venivano Andreotti e Craxi, ma poi sono tramontati. Dopo l’infatuazione per Berlusconi, c’è stata la delusione per Berlusconi. Negli ultimi anni, si è sviluppato un ripensamento profondo, anche grazie all’influenza di don Julián Carrón, il successore di Giussani che ha guidato Cl verso un intenso rinnovamento spirituale. Non tutti l’hanno accettato, com’era inevitabile. Ma molti frutti sono stati positivi. Lo conferma che oggi al meeting si parli tanto di pace, o che una mostra sia dedicata al giudice Livatino, membro dell’Azione cattolica ucciso per il suo impegno contro la mafia.
Ultimamente, poi, Cl ha attraversato passaggi dolorosi. A seguito di un intervento vaticano, Carrón ha dato le dimissioni e si è aperta una stagione lunga e complicata, che dovrebbe portare – dopo cinque anni – all’elezione del suo successore. Come se non bastasse, il cardinale Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, ha scritto ai ciellini una lettera molto dura sulle tentazioni di impadronirsi del carisma. Farrell è un americano generalmente noto per la sua apertura e cordialità. Si immagina che, dietro la lettera, si sia espressa la spinta a un rigido disciplinamento dei movimenti ecclesiali che sembra avere nel neo-cardinale Gianfranco Ghirlanda, un gesuita, il suo principale regista. Si capisce, perciò, perché uno dei più “lunghi e calorosi applausi” sia stato riservato quest’anno al cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e da poco presidente della Cei, che, pur venendo da tutt’altra storia, ha sempre manifestato grande simpatia per Cl.