Non solo il Papeete. Dalla vasta area sociale delle imprese che gestiscono le concessioni degli stabilimenti balneari, e occupano centinaia di chilometri di spiagge da decenni, i partiti del centrodestra si attendono un bel bottino per le prossime elezioni di settembre. Il partito di Giorgia Meloni ha mandato messaggi chiari contro il disegno di legge sulla concorrenza, che prevede la riforma del sistema delle concessioni (con l’introduzione delle gare per l’assegnazione) e contro un’Europa che vorrebbe imporre all’Italia un sistema minimo di concorrenza, anche nel settore del turismo balneare. Ma in campo non ci sono solo i “Fratelli di ombrellone”. Anche l’onnipresente Matteo Salvini, massimo esperto di Papeete, si è fatto sentire.
Salvini: “Troveremo un accordo per i balneari come sul catasto”, aveva detto alla vigilia della discussione delle nuove norme sulla concorrenza. “Sui balneari – ha chiarito Salvini – significa riconoscere gli investimenti fatti e la fatica fatta in questi anni ai piccoli imprenditori, che sono trentamila, e quindi riconoscere un indennizzo qualora nella loro spiaggia subentri qualcun altro e dare il diritto di prelazione ai piccolini a continuare a fare il loro lavoro. Ma penso che l’accordo sia a portata di mano”. Poi il blitz della cancellazione degli articoli sulle concessioni balneari è fallito (a differenza di quello che è successo sullo stralcio delle norme sui tassisti), il governo Draghi è arrivato al capolinea, e si è rimandato tutto il pacchetto concorrenza e liberalizzazioni al dopo elezioni. Sarà il prossimo governo a decidere. Ma, comunque andrà, è già chiaro che ancora una volta la destra italiana si schiera contro la modernizzazione chiesta dall’Europa anche per la realizzazione del piano di aiuti tradotto in Italia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. In cambio di migliaia di voti.
A parole tutti d’accordo
Eppure una riforma della normativa sulle concessioni demaniali marittime, che dia certezze al settore e tuteli imprese e lavoratori, era stato il punto d’incontro di tutti i partiti, sia di destra sia di sinistra. I politici sembrano essere tutti d’accordo sulla necessità di introdurre delle regole chiare in un sistema che non è mai stato regolato, e che dagli anni Sessanta è andato avanti per gestioni famigliari, imprese poco trasparenti e perfino qualche infiltrazione della criminalità organizzata (soprattutto in alcune regioni).
Ma quando si parla dei contenuti della riforma riemerge lo scontro tra chi vorrebbe la concorrenza e chi difende le imprese a prescindere. Da una parte, c’è chi ritiene assurdo che l’importo speso per la concessione annuale sia di poche migliaia di euro, ripagabile da una manciata di ombrelloni affittati con abbonamento stagionale. Dall’altra, c’è chi ritiene che la priorità debba essere quella di difendere gli interessi di chi oggi gestisce le attività e usufruisce delle concessioni a basso costo. Il compromesso ha portato all’accordo raggiunto nella maggioranza per sbloccare l’articolo 2 del disegno di legge sulla concorrenza.
Il pronunciamento della Corte dei conti
La situazione era già molto chiara alla fine del 2021. Un quadro di frammentarietà della normativa e delle competenze amministrative, caratterizzato anche dalla separazione tra la titolarità delle responsabilità nel rilascio delle concessioni, affidata agli enti territoriali, e la titolarità dei proventi pubblici che ne derivano, che sono in capo allo Stato. Era il quadro emerso dall’analisi condotta dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti. Sul piano amministrativo, la molteplicità degli enti, che a vario titolo intervengono nella materia, ha determinato una gestione del flusso delle entrate derivanti dai canoni demaniali marittimi non del tutto efficiente, pur se l’introduzione del nuovo modello di versamento “F24-Elide”, a partire dal 2017, ha fatto registrare sul piano finanziario-contabile una diminuzione dello scostamento tra previsioni definitive di competenza e versamenti totali.
Per la magistratura contabile, permane la necessità di un riordino e di una semplificazione delle procedure di riscossione dei canoni demaniali, sia riguardo al gettito da riscossione ordinaria sia riguardo a quello derivante da riscossione coattiva mediante ruolo. La Corte segnala, fra l’altro, la necessità di una revisione complessiva del sistema delle concessioni demaniali, anche alla luce dell’ulteriore procedura di infrazione del 3 dicembre 2020, avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per il non corretto recepimento della “Direttiva Bolkestein”.
Tutto è partito dalle proroghe
“I ritardi in questo settore sono notevoli e si scontano vari errori della politica nazionale e di quella locale” – dice Paolo Montalti, segretario generale della Filcams (il sindacato Cgil del turismo e commercio) dell’Emilia-Romagna –, “tutti i governi che si sono succeduti in questi ultimi anni hanno preferito scegliere la proroga piuttosto che affrontare di petto il problema e risolverlo una volta per tutte. La proroga del sistema vigente non fornisce però nessuna certezza, né ai cittadini che frequentano le spiagge e neppure alle imprese che vivono perennemente nell’attesa, rimandando gli investimenti e l’innovazione. Per questo noi sosteniamo la necessità di una legge che regoli il settore e siamo contenti che a sostenere questa posizione ci siano ora anche vari politici nazionali e locali. In Emilia-Romagna, dove ovviamente il problema è molto sentito vista la presenza di un forte settore turistico e balneare, anche il centrosinistra sembra prendere coraggio a favore della riforma, come abbiamo visto dalle dichiarazioni dei rappresentanti del Pd a livello locale. È chiaro però che il centrodestra si attende di raccogliere a piene mani in termini di voti le promesse elettorali di questi giorni. Lo abbiamo percepito con chiarezza in un recente flash mob organizzato dai gestori degli stabilimenti del riminese”.
Le spiagge di Legambiente
In una recente ricerca, Legambiente ha fornito alcuni dati aggiornati della situazione delle coste italiane. In Italia è sempre più complicato trovare una spiaggia libera lungo le coste. A pesare, ci sono prima di tutto la crescita in questi anni delle concessioni balneari, che toccano quota 12.166, l’aumento dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.
Il dato sui canoni di concessioni è fermo al 2021. Si parla di 12.166 concessioni per stabilimenti balneari. In alcune Regioni, troviamo dei veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione; ma anche a Pietrasanta (Lucca), Camaiore (Lucca), Montignoso (Massa), Laigueglia (Savona) e Diano Marina (Imperia) siamo sopra il 90%, e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate. Non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. Un’anomalia tutta italiana.
Come mette in risalto la ricerca di Legambiente, sono diverse quindi le questioni da chiarire: la scarsa trasparenza sulle concessioni balneari, i canoni per buona parte ancora irrisori, la non completezza dei dati sulle aree demaniali e l’assenza di un regolare e affidabile censimento delle concessioni balneari, e in generale di quelle sul Demanio marittimo. Parlare di spiagge significa anche parlare di sostenibilità ambientale: “Occorre accelerare nella direzione della qualità e sostenibilità ambientale, replicando quelle esperienze virtuose e green messe in campo già da molti lidi e apprezzate sempre più dai cittadini che cercano qualità e rispetto dell’ambiente” – sottolinea Sebastiano Venneri, responsabile territorio e innovazione di Legambiente.
I dati delle imprese
Se la fotografia delle concessioni si guarda con gli occhi delle associazioni di impresa, i numeri paradossalmente crescono. Uno studio della Confcommercio ha calcolato che le concessioni sul demanio marittimo censite sul Sid (il Sistema informativo demanio del ministero delle Infrastrutture) sono 103.620, concentrate soprattutto in Liguria (20.513), Emilia-Romagna (15.649), Sardegna (11.884), Marche (10.402), Toscana (9.788) e Puglia (9.599). Di queste, le concessioni a fine turistico-ricreativo sono 79.577, e quelle relative agli stabilimenti balneari sono 6.318. La regione con il maggiore numero di stabilimenti balneari censiti dal ministero delle Infrastrutture è l’Emilia-Romagna (962), seguita da Toscana (830), Liguria (711), Campania (608), Marche (549), Lazio (497), Calabria (489), Puglia (451), Abruzzo (448) e Sicilia (407). Insomma 103.620 concessioni, 6.318 stabilimenti balneari, meno di un’impresa per chilometro di costa e un miliardo di fatturato annuo complessivo, che significa una media di 159.000 euro per azienda.
Sono i numeri dell’economia che gira intorno al demanio marittimo, secondo un’indagine elaborata dal Sindacato italiano balneari aderente a Fipe-Confcommercio. “Lo studio – dicono provocatoriamente i balneari – mette finalmente fine alle fake news della stampa generalista sul nostro settore” – ha rimarcato il presidente del Sindacato italiano balneari (Sib), Antonio Capacchione, che aveva fatto presente come gran parte dei giornalisti, quando si trovano a parlare degli introiti del settore balneare, citano sempre e solo la cifra fuorviante di 13 miliardi di euro, tratta da una vecchia indagine di Nomisma risalente al 2004, che in realtà “non fa riferimento ai presunti guadagni miliardari dei balneari, bensì al valore aggiunto che la balneazione produce all’interno di una località marina”, ovvero alle spese complessive dei turisti tra alberghi, bar, tassisti e tutte le altre attività economiche del luogo in cui soggiornano.
Manifestazione a Roma
A marzo, prima ancora delle proteste roboanti dei tassisti, i balneari erano scesi in piazza a Roma “per la più grande manifestazione dei balneari degli ultimi anni”, come ha spiegato Enrico Schiappapietra, vicepresidente del Sib, aderente a Fipe Confcommercio. “Non c’è più tempo, siamo qui per difendere il lavoro delle nostre famiglie e il lavoro dei nostri dipendenti Abbiamo fatto solo un errore, un grave errore: fidarci delle leggi dello Stato. Abbiamo preso dallo Stato in affitto un posto auto, ci abbiamo parcheggiato la nostra autovettura – la nostra azienda –, abbiamo lavorato per migliorarla con fatica e sforzi. Adesso lo Stato ci dice che mette a gara il nostro posto auto: peccato che mettendo a gara il posto auto mette a gara, a titolo gratuito, anche la nostra azienda, il lavoro di una vita. E non è giusto e siamo qui per protestare. Non siamo soli, siamo piccole imprese familiari e siamo con grande piacere al fianco delle amministrazioni, sindaci, governatori e amministratori provinciali, perché questa norma oltre a essere ingiusta, negativa e distruttiva per il mondo dei balneari è inapplicabile dal punto di vista amministrativo”. Parole simili a quelle di Antonio Capacchione, presidente del Sib: “Incomprensibile che il governo abbia deciso di forzare la mano, nonostante la contrarietà delle organizzazioni sindacali di categoria, la non condivisione delle Regioni e dei Comuni, nonché la situazione di crisi internazionale”.
Posizioni analoghe quelle della Confederazione delle piccole imprese artigianali (Cna). Alla vigilia del voto in parlamento sul disegno di legge sulla concorrenza, la Cna balneari ha lanciato un appello al governo. In particolare, si chiede di prevedere il riconoscimento dell’effettivo valore di avviamento commerciale delle imprese al netto degli investimenti realizzati nel corso degli anni. Ribadisce, inoltre, la necessità “che venga garantito il diritto di prelazione agli attuali concessionari, condizione indispensabile per tutelare trentamila famiglie che da decenni e decenni dedicano praticamente la loro vita alla conduzione di queste attività. Non meno rilevante è l’indicazione di un adeguato periodo transitorio per realizzare la mappatura delle spiagge italiane”.
Virginia Raggi lancia l’allarme criminalità
Intanto c’è anche chi mette l’accento su uno degli aspetti più preoccupanti. “È di fondamentale importanza che il governo si affretti a realizzare una legge che si accordi con la normativa Bolkestein per evitare che ci sia un arresto degli investimenti e un conseguente blocco del settore causato dall’incertezza normativa” – ha scritto su Facebook l’ex sindaca grillina di Roma, Virginia Raggi. “Per poter affrontare le procedure di gara bisogna accelerare la mappatura delle imprese tramite un censimento puntuale delle concessioni per poter distinguere chi opera nella legalità, gestendo le imprese del mare con dedizione al lavoro, dalle storie di criminalità. Il turismo vale un sesto dell’economia italiana, e le concessioni balneari sono un perno importante di questa filiera. Il confronto su questo tema deve essere serrato per ottenere finalmente una legge nazionale sul demanio marittimo che definisca gli equilibri del rapporto tra spiaggia pubblica e spiaggia privata secondo criteri nazionali equi. Le spiagge devono continuare a essere volano dell’economia del nostro Paese”.
Il voto sotto l’ombrellone
Meloni, Salvini e Berlusconi riscuoteranno a piene mani tra i balneari? Lo sapremo presto e sarebbe comunque sbagliato tentare facili generalizzazioni, del tipo gli operai ormai votano soprattutto Lega, gli insegnanti e i pensionati il Pd; i tassisti e i balneari votano a destra. Quello che è certo è che i partiti del centrodestra sono stati molto abili a seminare promesse e a suscitare aspettative in alcune zone precise della mappa socio-economica del Paese. La destra è da sempre abile anche a catturare consensi politici in modo truffaldino. Le promesse elettorali sulle tasse ne sono un esempio. La destra spaccia proposte di riforma come se fossero una benedizione per le classi sociali meno ricche e per quello che una volta era il ceto medio. Se si vanno a fare i conti, però, si svelano parecchi trucchi e dello slogan “meno tasse per tutti” rimane quello più veritiero: “meno tasse per i ricchi”. L’altra caratteristica della destra è la semplificazione. Contro l’arrivo degli immigrati? Semplice: i blocchi navali. E anche nel caso della riforma delle concessioni e della liberalizzazione del sistema del turismo balneare la ricetta è semplice: niente regole, lasciamo tutto così, com’è sempre stato dai tempi del Sorpasso e di Sapore di sale.