Il parlamento europeo si appresta a votare, nella sessione plenaria che si svolgerà a Strasburgo dal 4 al 7 luglio, una risoluzione contro l’inserimento dell’energia nucleare e del gas naturale nella lista delle attività economiche classificate come sostenibili per gli investimenti privati (la cosiddetta Tassonomia degli investimenti verdi). Il 14 giugno scorso, le commissioni parlamentari Ambiente e Affari economici dell’Assemblea, riunite in seduta congiunta a Bruxelles, hanno bocciato (76 voti contro 62 e 4 astensioni), l’atto delegato con cui la Commissione europea definisce il gas e il nucleare come energie “di transizione”, concludendo che rispettano – ancorché temporaneamente e a certe condizioni – i criteri di sostenibilità della Tassonomia. Se la bocciatura delle due commissioni parlamentari competenti sarà confermata dalla plenaria con la maggioranza assoluta dei deputati (353), la Commissione europea dovrà ritirare o modificare l’atto delegato.
La controversa posizione decisa dall’esecutivo comunitario (con tre commissari contrari e quattro che hanno espresso riserve) a favore del gas e del nucleare nella Tassonomia verde è del 31 dicembre scorso, anche se è stata poi adottata formalmente all’inizio di febbraio, venti giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Doveva essere una decisione presa secondo criteri oggettivi e su basi scientifiche, ma è stata fortemente influenzata dalla convergenza di forti pressioni provenienti da due distinti gruppi di Stati membri, guidati rispettivamente dalla Francia (per il nucleare) e dalla Germania (per il gas, con l’appoggio dell’Italia).
Lo scopo dichiarato della Tassonomia, secondo il regolamento dell’Unione europea che l’ha istituita, è quello di promuovere gli investimenti verdi nel settore privato, definendo chiaramente quali attività siano sostenibili dal punto di vista ambientale e climatico, e quali no. Le attività economiche vengono valutate con uno screening che tiene conto di sei obiettivi ambientali: mitigazione del riscaldamento globale e adattamento alle sue conseguenze, transizione all’economia circolare, protezione degli ambienti acquatici e delle risorse marine, prevenzione e controllo dell’inquinamento di aria, acqua e suolo, e infine protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
Lo screening stabilisce se un’attività economica “contribuisce sostanzialmente” al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi, e allo stesso tempo se questo avviene senza “provocare un danno significativo” (do not significant harm) a nessuno degli altri cinque. Quando queste condizioni sono riunite, l’attività economica in questione si qualifica per l’ammissione nella Tassonomia degli investimenti verdi. Questa classificazione mira a dare certezza agli investitori, evitando il greenwashing, ovvero la rivendicazione ingannevole, per motivi di marketing, di qualità e benefici ambientali per attività economiche e produzioni che in realtà non sono sostenibili.
L’accusa, che non viene solo dagli ambientalisti, è che, se passasse la classificazione del nucleare e del gas come attività “verdi”, è la stessa Tassonomia che, paradossalmente, diventerebbe un gigantesco strumento di greenwashing. Perché il gas è comunque una fonte di energia fossile, e per quanto riguarda il nucleare, anche al di là delle dispute ideologiche tra favorevoli e contrari, non è mai stato davvero risolto il problema dello stoccaggio sicuro delle scorie radioattive, mentre resta sempre il rischio, per quanto ridotto rispetto al passato, di incidenti gravissimi come quelli di Chernobyl e Fukushima.
Gli eurodeputati delle commissioni Ambiente e Affari economici hanno fatto propria questa critica: nel documento votato il 14 giugno (la proposta di risoluzione che sarà poi sottoposta alla plenaria), ritengono che “gli standard di screening tecnico proposti dalla Commissione” per includere il gas e il nucleare nella Tassonomia verde “non rispettino l’articolo 3 del regolamento”, che definisce i criteri per le attività economiche ecosostenibili.
Se l’obiettivo della Tassonomia è quello di “aumentare la trasparenza, la credibilità e la coerenza della classificazione” delle attività economiche classificate come sostenibili, e “limitare il rischio di greenwashing”, l’atto delegato proposto dalla Commissione europea rischia invece “di creare frammentazione e confusione nei mercati dell’Unione e compromettere la credibilità della Tassonomia come guida per gli investimenti”, affermano gli eurodeputati nella proposta di risoluzione.
Durante il dibattito nelle due commissioni parlamentari competenti, è stato ricordato che nulla impedisce gli investimenti in attività economiche non comprese nella Tassonomia verde; semplicemente, non sarà possibile per gli investitori qualificarli come investimenti sostenibili. Gli Stati membri, d’altra parte, continuano a essere liberi di decidere il proprio mix energetico, poiché non viene imposto loro alcun obbligo di investire esclusivamente nelle attività che soddisfano i criteri della Tassonomia.
L’opposizione degli eurodeputati, infine, non si basa solo su ragioni ambientali: c’è anche una chiara accusa alla Commissione di aver tentato un colpo di mano, facendo passare attraverso un atto delegato, ovvero un atto esecutivo non sottoposto alla discussione legislativa (come se si trattasse di una misura tecnica), una scelta che è invece fondamentalmente politica: quella, appunto, di attribuire una patente di sostenibilità al gas fossile e al nucleare. Gli atti delegati, tra l’altro, possono essere respinti solo dalla maggioranza qualificata degli Stati membri in Consiglio Ue, oppure, come si è detto, dalla maggioranza assoluta dell’europarlamento. Per molti europarlamentari ci sono in gioco le prerogative della propria istituzione, che sono state ignorate o aggirate dalla Commissione.
Non a caso, nella loro proposta di risoluzione, gli eurodeputati delle due commissioni competenti hanno sottolineato che l’atto delegato sul nucleare e sul gas “è stato trasmesso agli Stati membri durante la notte del 31 dicembre 2021, senza consultare il parlamento europeo”, che – ricordano – “come co-legislatore ha una posizione uguale” a quella del Consiglio Ue “nel processo decisionale riguardante il regolamento sulla Tassonomia, ma non ha ricevuto una opportunità concreta di presentare i propri punti di vista e commenti”, come invece hanno potuto fare gli Stati membri, prima della pubblicazione formale dell’atto. La proposta di risoluzione chiede anche che eventuali nuove modifiche o nuovi atti delegati da parte della Commissione europea, in applicazione del regolamento sulla Tassonomia, siano “sistematicamente soggetti a consultazione pubblica e valutazioni d’impatto”, in quanto “potrebbero avere conseguenze economiche, ambientali e sociali significative”.
La Commissione europea ha puntato tutto sulla sua convinzione che non esista una maggioranza qualificata in Consiglio Ue contraria al suo atto delegato, snobbando il parlamento europeo, dove la maggioranza assoluta in plenaria non si raggiunge facilmente, soprattutto su temi così controversi. Ma la forza delle argomentazioni della proposta di risoluzione del parlamento europeo, le motivazioni relative alla difesa delle prerogative istituzionali dell’Assemblea, e la presenza di un’alleanza trasversale fra i diversi gruppi politici, che è stata costruita dagli eurodeputati più attivi su questi temi, portano oggi a pensare che arrivare alla maggioranza assoluta di 353 voti non sia affatto un obiettivo irrealistico. La Commissione potrebbe aver fatto male i suoi calcoli.