“Non ho rimpianti”, afferma Merkel in una delle prime dichiarazioni che ha rilasciato dopo mesi di silenzio sulla guerra russo-ucraina. Curioso il destino di questa figura politica, incensata in maniera incondizionata, dalle parti più diverse, nel momento in cui ha lasciato il potere, celebrata dalla “Zeit” come “la donna che ha cambiato il mondo”, per essere poi – a distanza di pochissimo tempo, quando pensava di potersi finalmente godere un buen retiro – tirata in ballo con accuse pesantissime, e messa sul banco degli imputati, non appena è scoppiata la guerra. Non hanno usato mezzi termini né Zelensky né i media conservatori tedeschi, e neppure il presidente polacco Moraviecki: alla gestione Merkel è stato sostanzialmente rimproverato di avere deciso a Bucarest, nel 2008, che la Nato rinunciasse ad allargarsi a Est fino a includere l’Ucraina.
Per i detrattori del suo operato, si sarebbe trattato di un clamoroso abbaglio, le cui conseguenze sarebbero oggi evidenti. Merkel aveva peraltro già risposto tramite la sua segretaria, nel momento in cui sono emerse le prime critiche, sostenendo che continuava a ritenere che le scelte fatte nel 2008 fossero giuste, rifiutando ulteriori commenti. Altro errore che viene imputato al governo Merkel è quello di avere impedito – dopo il 2014 e l’annessione della Crimea – di vendere armi all’Ucraina. Viene poi tirato in ballo lo stesso progetto del gasdotto Nord Stream 2, che l’ha vista favorevole, e più in generale le viene rinfacciato di essere stata “troppo buona con Putin”, di avere, anche involontariamente, aiutato i russi a crescere economicamente. Insomma un completo fallimento di linea politica.
Intervistata qualche giorno fa da un giornalista dello “Spiegel”, Angela ha deciso di rompere il silenzio mantenuto per sei mesi dopo le sue dimissioni. Nel primo intervento ufficiale pronunciato dopo il suo ritiro, la ex cancelliera parla dell’attacco russo all’Ucraina come di una “profonda cesura”, e spiega di avere taciuto finora in quanto, come “cancelliera fuori servizio”, si sentiva obbligata a non condizionare le scelte che venivano operate, e di non avere nessuna voglia di esercitare una funzione vicariale o suppletiva rispetto al governo in carica. Ha proseguito affermando che tutta la sua solidarietà e il suo sostegno vanno alla Ucraina aggredita, che ha tutto il diritto di difendersi.
In un’ora e mezza di conversazione, in un teatro di Berlino, Merkel ha anche difeso il suo operato, rifiutando di scusarsi per la politica perseguita, e sostenendo di non avere mai avuto gli occhi bendati su Putin, di essere stata sempre perfettamente consapevole del fatto che “la guerra fredda non era mai finita”. Per quanto riguarda Bucarest 2008, e la scelta di tenere fuori Ucraina e Georgia dalla Nato, ha ribadito che si trattò di una decisione motivata da parecchie buone ragioni – prima tra tutte il fatto che l’Ucraina era in quel momento “un Paese instabile, governato da oligarchi, flagellato dalla corruzione, che non si poteva includere nella Nato a cuor leggero”, e ha aggiunto: “Era anche chiaro che Putin non avrebbe digerito una simile inclusione, che avrebbe comportato un rischio enorme per l’Ucraina stessa”.
Al di là della orgogliosa difesa del proprio operato, Merkel ha anche dichiarato di non essersi mai illusa che Putin sarebbe cambiato solo in virtù di accordi commerciali; ma era per lei evidente che, pur non essendo possibili intese politiche, andavano comunque intrattenuti rapporti il più possibile stretti con l’ingombrante vicino. Retrospettivamente, non si sente di autoaccusarsi di nulla. “La diplomazia non è sbagliata se non funziona” – ha detto, rivendicando per sé il merito di averci per lo meno provato – “ed è una grande tristezza che non abbia funzionato”. Il riferimento esplicito è agli accordi di pace tra Mosca e Kiev, tentati a Minsk nel 2015, per i quali Angela molto si spese, e che fallirono per l’accendersi del conflitto con i russofoni della Ucraina orientale.
Rimane peraltro convinta che, durante il suo cancellierato, era di gran lunga preferibile che l’Europa intrattenesse rapporti di partenariato con la Russia, invece di contrastare in maniera diretta il Cremlino. La politica della Cdu della Merkel, ma anche quella del suo alleato di lunga data nella coalizione, la Spd, ha in effetti insistito sull’integrazione economica, legata agli scambi politici e culturali. Inoltre, il gas, il petrolio e il carbone provenienti dalla Russia erano ottenuti a condizioni estremamente vantaggiose: il che favoriva certo l’economia tedesca, sia pure al salato prezzo di una dipendenza di cui oggi si sperimentano tutte le sgradevoli conseguenze.
Eppure la ex cancelliera, al di là del proclamato no regrets, qualche rimpianto potrebbe averlo. La “fanciulla di Kohl” sa bene quante siano state, nei sedici anni del suo lunghissimo mandato, le occasioni perdute di confrontarsi e di giungere a un accordo con Putin che fosse soddisfacente per l’Europa e la Russia. La chiave della sua politica è sempre stata quella di provare a combinare valori democratici ed europei con la difesa degli interessi nazionali tedeschi, ma spesso guardando più a questi ultimi che al piano europeo. Difficile dire come sarebbero andate le cose se si fossero prese decisioni diverse, e il gioco delle ipotesi controfattuali serve a poco in politica.
Ma nell’autoassoluzione c’è anche tutta l’eco di un rapporto tra Russia e Germania segnato da eventi storici di portata enorme, mai del tutto assorbiti, dai crimini commessi dai tedeschi in terra russa nella seconda guerra mondiale fino alla riunificazione delle due Germanie. Eventi che, con il loro portato, hanno condizionato, anche inconsapevolmente, l’azione politica della ex cancelliera. E in questo ambito anche gli alleati della Spd, convinti della validità della loro Ostpolitik, non hanno mai saputo mettere parola. Recentemente, la “Frankfurter Allgemeine” ha affermato che, nei rapporti con la Russia, c’è stato un mix di ingenuità, senso di colpa, romanticismo russofilo e wishful thinking. Giudizio certo severo, ma in cui sono presenti alcuni elementi di verità.
Oggi, nel momento in cui la storia del mondo è andata in una direzione imprevista, è facile rimproverare ad Angela di avere operato in maniera non troppo lungimirante e di avere cercato di salvaguardare prioritariamente gli interessi tedeschi. Ma quando Merkel tesseva la sua paziente, ostinata e in fondo inutile ragnatela, dov’era l’Europa?