Chi, quale soggetto, quale forza politica organizzata potrebbe proporre quella nuova Zimmerwald di cui ha parlato Sandro Mezzadra, e della quale certo ci sarebbe bisogno? Zimmerwald è il nome di una località della Svizzera in cui, nel settembre del 1915, si tenne la conferenza del socialismo internazionalista contrario alla guerra: una pagina memorabile nella storia della sinistra europea, che vide la partecipazione dell’intero Psi (compresa la sua componente riformista turatiana, che solo dopo Caporetto conobbe una sbandata “patriottarda”), e naturalmente dei bolscevichi che, pur battuti nel voto sulla risoluzione finale, poterono lanciare la loro parola d’ordine radicale di “guerra alla guerra”; mentre oggi la pur compromissoria formula di “né aderire né sabotare”, che era quella del massimalismo italiano, apparirebbe come una sorta d’insostenibile chimera.
Se in Ucraina, in Russia, all’interno di quei mondi compattamente nazionalistici (a parte qualche protesta della “società civile” nel Paese di Putin, da ultimo quella di una coraggiosa giornalista televisiva), ci fossero organizzazioni, correnti, partiti politici, capaci di sottrarsi all’effervescenza bellicistica, sarebbero loro a ergersi come una grande catena umana contro la guerra, e a proporre una nuova Zimmerwald. Ma queste forze purtroppo non ci sono. Né nei Paesi oggi belligeranti né altrove, se si esclude una serie di associazioni, per lo più umanitarie che, pur importantissime, non sono in grado di fare la differenza.
Tocchiamo con mano che cosa abbia significato, in tutti questi anni, la distruzione di qualsiasi cultura politica socialista, a Est come a Ovest. E tra i partiti tuttora operanti, anche di governo, che si definiscono socialdemocratici o socialisti, quale di questi sarebbe disposto a farsi carico di una nuova conferenza internazionale, non diciamo rivoluzionaria ma pacifista?
Nella situazione attuale dei rapporti di forza, tra una liberaldemocrazia inetta e dei nazionalismi mortiferi, ci tocca stare dalla parte del nazionalismo meno aggressivo, nella speranza di porre un freno alla guerra costringendo quello più aggressivo a trattare. Questo, per ora: perché, se si dovesse precipitare nel baratro, dalla catastrofe potrebbe riprendere rapidamente il volo la vecchia parola d’ordine “socialismo o barbarie”.