Ora che l’invasione dell’Ucraina, da parte delle forze russe, è in corso non c’è più molto da dire. Quali che fossero le ragioni, reali o percepite, dei russi che chiedevano che venisse fermato l’ulteriore allargamento a oriente della Nato, e quali che fossero le ragioni degli occidentali (soprattutto degli americani), che hanno rifiutato di prendere impegni scritti in tal senso, ormai è tardi. Adesso la diplomazia tace e parlano le armi. Si tratterà di capire fin dove si vuole spingere Putin, se si limiterà a un’azione militare per costringere il governo ucraino a riconoscere l’annessione russa della Crimea e l’indipendenza delle province dell’est, o se si spingerà fino ad occupare Kiev e liquidare il governo Zelensky, mettendo un proprio uomo a capo dell’Ucraina che ne dichiari la neutralità e ne avvii il disarmo totale.
Questa seconda possibilità non è improbabile. Se gli analisti militari americani hanno ragione, se cioè l’esercito russo è oggi quella “forza letale ed efficiente” che dicono, potrebbe distruggere rapidamente le forze armate ucraine e occupare Kiev in pochi giorni (o ore). Se a questo si arriverà, è possibile che l’Ucraina (che è considerata da Transparency International tra i Paesi più corrotti e meno liberi d’Europa – dopo la stessa Russia e l’Azerbaijan) si pieghi al fait accompli e i suoi oligarchi, incluso il debole e inefficace Zelensky, pur di sopravvivere, accettino il cambiamento di regime.
Ma dopo? I paralleli storici dovrebbero far tremare le vene ai polsi alla dirigenza russa. Anche nel 1979 i russi (allora sovietici) arrivarono a Kabul in poche settimane e misero un loro uomo a capo dell’Afghanistan, ma poi si trovarono impantanati in una guerra di resistenza (anche allora finanziata e armata dagli Stati Uniti) che li dissanguò per dieci anni, dopo di che furono costretti a ritirarsi, e di lì a poco fu la fine anche dell’Unione Sovietica.
C’è un video della Cnn che evoca un altro parallelo storico. Nel marzo 2003 Peter Arnett raccontò in diretta da un tetto di Bagdad i primi attacchi missilistici sulla città, che preludevano all’invasione dell’Iraq. Così mercoledì sera Matthew Chance, sempre della Cnn, parlava dal tetto del suo albergo a Kiev, mentre in lontananza si sentivano le prime esplosioni. L’Iraq fu conquistato da un “letale ed efficiente” esercito americano aiutato dalle truppe degli alleati occidentali (tra cui, è utile ricordare, un contingente ucraino), ma subito dopo avere cacciato Saddam Hussein si trovarono a fronteggiare una guerriglia che distrusse il Paese,alimentò il terrorismo e durò quasi quindici anni; dopo di che gli americani (e i loro alleati) furono costretti ad andarsene.
La situazione oggi in Ucraina è naturalmente molto diversa. In Afghanistan, i russi prima e gli americani poi si trovarono a combattere contro le diverse etnie afghane che, pur in contrasto tra loro, erano unite nel considerarli invasori. In Iraq gli americani e i loro “volenterosi” (così li definì George W. Bush) alleati occidentali si trovarono a fronteggiare la resistenza delle tribù arabe. In entrambi i casi – come del resto in tante altre parti del mondo – l’elemento fondamentale che determinò la sconfitta di eserciti militarmente molto superiori fu l’insofferenza nei confronti dell’invasore straniero, percepito diverso per cultura, religione e identità nazionale.
E in Ucraina oggi, se si arriverà a tanto, cioè all’occupazione russa di tutto il suo territorio? Ci sarà una analoga resistenza della popolazione, peraltro già annunciata nei giorni scorsi dai media occidentali e ucraini? È possibile, ma dipende da come realmente i russi invasori verranno percepiti, e francamente, nella nebbia della propaganda, che accompagna ogni guerra nessuno al momento può dirlo. Ucraini e russi sono un solo popolo e gli ucraini sono governati da un governo nazista filooccidentale che vuole stravolgerne l’identità, come dice la propaganda russa? Oppure l’Ucraina è “una giovane democrazia” che sta eroicamente lottando per affrancarsi dal dominio dell’impero russo, come dice la propaganda occidentale?
Quello che è certo è che l’Ucraina è un Paese profondamente diviso, un costrutto (come del resto molti altri Stati europei) delle guerre europee dei secoli scorsi; diviso tra una parte orientale, compresa la capitale Kiev, a est del fiume Dnepr di lingua e cultura russa, e una parte occidentale di lingua ucraina, che ha da sempre avuto rapporti più stretti con l’Europa e frequenti passaggi territoriali con i Paesi confinanti. È quindi possibile che, se vi sarà occupazione russa e resistenza armata ucraina, quest’ultima interesserà soprattutto la parte occidentale del Paese, mentre quella orientale potrebbe finire con l’accettare di entrare nella sfera d’influenza russa, di cui ha fatto parte per secoli.
Ma al momento si tratta solo di speculazioni. In ogni caso, ora che la parola è alle armi, assisteremo ai consueti orrori della guerra: morti, distruzioni, profughi; e solo tra qualche tempo sapremo quale nuovo equilibrio potrà riportare la pace.
Si poteva evitare di arrivare a questo punto? Potevano (dovevano) gli americani e gli europei venire incontro alle richieste russe senza privare l’Ucraina del suo diritto sovrano? Potevano (dovevano) i russi accettare una seria trattativa in cui affrontare i molti gravi problemi della sicurezza e del controllo delle armi in Europa, al termine della quale anche lo status dell’Ucraina sarebbe stato risolto? Al punto in cui siamo, soltanto gli storici potranno esprimere un giudizio non di parte, se mai. Quello che è certo è che oggi nel cuore dell’Europa assistiamo al dispiegarsi di una guerra potenzialmente devastante nella sua portata e dalle implicazioni ancora più pericolose che riportano la memoria agli incubi della seconda guerra mondiale, a Danzica, ai Sudeti, all’Anschluss.
Quali che siano le responsabilità per avere creato il contesto (e certo americani e europei non ne sono esenti), c’è un solo Paese inequivocabilmente responsabile di questa terribile realtà: la Russia.