Partono giovedì 27 gennaio le primarie popolari, i cui risultati si conosceranno domenica 30 sera. L’unica “vera” candidata è Christiane Taubira, a cui si aggiungono tre perfetti sconosciuti; per la cronaca: Pierre Larrouturou, Charlotte Marchandise, Anna Agueb-Porterie. I tre leader “di peso” della sinistra – Anne Hidalgo, Yannick Jadot e Jean-Luc Mélenchon – si sono rifiutati di partecipare; anzi, il presidente della France Insoumise ha chiesto formalmente agli organizzatori di non mettere il suo nome sulle schede. Lo stesso ha fatto Jadot. Paradossalmente l’unione della gauche è stata ottenuta ma… solo contro le primarie. Saranno dunque primarie di “investitura”, di cui nessuno o quasi riconoscerà il risultato. La stessa Taubira ha affermato, in maniera sibillina: “Vedremo il risultato (…), soprattutto dovremmo porre delle domande a quelli che proclamano l’esigenza dell’unione della sinistra ma non ne accettano il rischio”. Dunque, chissà.
Queste primarie a cui si sono iscritti 467mila elettori avranno comunque un peso soprattutto nell’area più moderata della sinistra: in particolare, influenzeranno la scelta del partito e degli elettori socialisti, dirimendo, con ogni probabilità, il duello tra le due candidate di area socialista in campo, Hidalgo e Taubira. Anche il verde Jadot rischia di vedere una parte del suo elettorato risucchiato dalla Taubira, probabile vincitrice di questo confronto. L’elettorato di Mélenchon è più stabile e molto militante; il candidato della France Insoumise, nel frattempo, sta raccogliendo adesioni tra i quadri comunisti (deputati e sindaci), e tra gli esponenti di movimenti ecologisti che criticano il programma troppo blando di Jadot.
L’ultimo sondaggio (realizzato da Cluster17, tra il 18 e il 22 gennaio) fotografa una situazione relativamente statica tra i diversi pretendenti all’Eliseo. Macron non decolla, ma guida la corsa con il 22% delle intenzioni di voto, seguito dai candidati di destra (Le Pen 15%, Pécresse 14%, Zemmour 14%), mentre a sinistra Mélenchon distacca gli altri candidati con il 13%, seguito dalla Taubira (6%), Jadot (5%), nonché Hidalgo e il comunista Roussel, ambedue al 2%.
Come si svolgeranno le primarie popolari
Le votazioni si svolgeranno online. Gli elettori dovranno dare un voto a tutti i candidati scrivendo accanto a ognuno dei sette nomi un giudizio che potrà variare da “molto positivo” a “positivo”, da “abbastanza positivo” a “sufficiente”, oppure “insufficiente”. Il voto è sottoposto alla vigilanza di una “Alta autorità di controllo”. La campagna per le primarie popolari è stata promossa da due trentenni, Samuel Grzybowski e Mathilde Imer, che nel marzo 2021 hanno fondato l’associazione “2022 o mai più”. Mathilde è laureata in biologia e in scienze politiche, militante ecologista è tra i promotori della “causa del secolo”, che ha portato in giudizio il governo francese per “inazione climatica”; rifiuta l’etichetta di ecologista bobo – ossia quelli delle Ztl, diremmo noi –e sostiene un’ecologia popolare, rivendicando la sua partecipazione nei weekend alle occupazioni delle rotatorie con i gilets jaunes. Samuel è un cattolico di sinistra, gandhiano, laureato alla Sorbona, fondatore di “Coesister”, un movimento che si impegna per il dialogo interreligioso.
Nessun dibattito è stato organizzato tra i candidati. Salvo che tra i tre minori (e praticamente sconosciuti ai più), in un confronto organizzato dalla rete televisiva “Franceinfo”, al quale la stessa Taubira ha dato forfait e inviato il suo portaparola. Gli iscritti alle primarie sono quattro volte i partecipanti alle primarie dei verdi (122mila), ma di molto inferiori ai due milioni che avevano espresso le loro preferenze nelle primarie socialiste del 2017 dove la designazione di Benoît Hamon non fu rispettata dal suo sfidante sconfitto, Manuel Valls, che decise di sostenere Macron, condannando il povero Hamon a un misero 6% alle elezioni presidenziali. In quella elezione un terzo degli elettori di Hollande votò per l’attuale presidente. In ogni caso, le primarie rappresentano un fatto politico di cui tutti i leader in un modo o nell’altro dovranno tener conto. Ovviamente non è scontato che tutti quelli che si siano iscritti vi partecipino poi effettivamente. Molto del peso di questa consultazione dipenderà dal tasso di partecipazione, dalla personalità che sarà designata, e dalla circostanza che ci sia o no un plebiscito a riguardo. Fermo restando che la modalità di voto scelta, e dunque i risultati che si otterranno, sono molto opinabili.
Non sono comunque mancate le gaffe da parte dei promotori. In particolare, è circolato un video nel quale Grzybowski dà l’indicazione agli attivisti impegnati nell’organizzazione delle primarie di impedire ai candidati di sinistra meglio piazzati di ottenere i cinquecento “padrini” (le firme dei sindaci e degli eletti che danno il loro sostegno) necessari per la presentazione formale delle candidature. Molti sospettano che tutta questa mobilitazione serva solo a tenere in vita un Partito socialista in affanno, oppure più semplicemente che sia una macchina pro-Taubira.
In ogni caso Hidalgo, dopo avere affermato in un primo momento di volere partecipare alle primarie, ha dichiarato espressamente che non terrà conto del loro risultato, a motivo del rifiuto di Jadot di prendervi parte. Molti socialisti la stanno abbandonando. Il partito sembra non partecipare più attivamente alla sua campagna. Si sospetta che lo stesso segretario, Olivier Faure, voglia sostenere Taubira. Le sale dei comizi di Hidalgo sono semivuote, e diverse federazioni del partito hanno invitato i propri aderenti a partecipare alla consultazione. Lo stesso Hollande si è riservato di esprimersi dopo il suo risultato. Le difficoltà incontrate dalla candidatura della sindaca di Parigi sono l’immagine di un Partito socialista che affonda, di un Titanic alla deriva. Lo testimonia il calo drammatico degli iscritti passati dagli 111.430 del 2016 (per non citare i 213.600 tesserati del 1982) ai 22mila di oggi. Per i dirigenti socialisti il problema consiste anche nell’avere un candidato o una candidata che superi il 5% dei suffragi, per potere usufruire del rimborso delle spese della campagna elettorale, quota che Hidalgo non sembra garantire. In questa situazione Taubira fa la figura di salvatrice della patria.
Taubira, l’opzione social-liberale
A 69 anni, Christiane Taubira è un’icona della sinistra dei diritti civili. Nata a Caienna, nella Guyana francese, economista, ha cominciato la sua vita politica come indipendente; deputata nel 1993, ha votato la fiducia al governo della destra gollista di Balladur. Si è presentata nel 1994 alle europee nella lista dei radicali (un po’ l’equivalente del nostro Partito repubblicano di Ugo La Malfa) dell’imprenditore Bernard Tapie. Dopo essere entrata nel gruppo socialista nel 1997, si è presentata nel 2002 alle presidenziali con un programma neoliberale, raccogliendo un misero 2%, che comunque contribuì a impedire, al candidato socialista Lionel Jospin, l’accesso al secondo turno. Tra il 2007 ed il 2012, è ritornata nel gruppo socialista per diventare poi, dal 2012 al 2016, ministra della Giustizia sotto la presidenza di Hollande, di cui è stata portavoce nella campagna elettorale.
Il suo programma del 2002 aveva un’impostazione liberista. Taubira proponeva il taglio delle imposte sui più ricchi per favorire gli investimenti (la famigerata teoria dello “sgocciolamento”), pensioni calcolate con il sistema a capitalizzazione¸ diminuzione massiccia dei carichi fiscali e contributivi per favorire l’occupazione, fiscalizzazione dei costi del welfare con la soppressione progressiva dei contributi sociali pagati dalle aziende, “aggiustamento” dei servizi pubblici.
Ovviamente sono passati vent’anni dalla redazione di quel programma. Ma la politica economica di Hollande è stata una delle più a destra degli ultimi trenta (Macron a parte). E lei, per quattro anni, è rimasta a fianco di ministri come Valls e come lo stesso Macron, dando il suo avallo alle politiche che hanno precarizzato la società: i sessanta miliardi senza contropartite alle imprese, le leggi sul mercato del lavoro, l’insieme delle politiche di austerità. Si è certo opposta alla legge El Khomri (il jobs act francese), ma si era già dimessa dal governo nel gennaio 2016: troppo facile.
La vera rottura con il governo socialista avvenne su un altro terreno, quello della proposta di revoca della nazionalità per i condannati per terrorismo. È infatti sul terreno dei diritti civili che Taubira ha conquistato statura politica e consenso. Già nel 2001, aveva fatto adottare una legge che riconosceva lo schiavismo come crimine contro l’umanità e le pesanti responsabilità della Francia nella tratta di essere umani. Come ministra della Giustizia, fece adottare nel 2013 una legge che ha introdotto il matrimonio omosessuale. Il suo programma attuale è abbastanza indefinito. In ogni caso, abile oratrice, donna nera (oppure “marrone”, come si definisce autoironicamente), è diventata una figura simbolica con un forte carisma. Il suo problema, oltre alla mancanza di un vero programma, è che non ha “padrini” né quadri (solo il piccolo Partito radicale di sinistra la appoggia), né soldi. La sua forbita oratoria certo non sarà sufficiente a portarla al secondo turno delle presidenziali, se dovesse essere lei la prescelta.
Nella foto: Anne Hidalgo e Christiane Taubira