
La democrazia americana è la più grande e, dopo quella inglese, la più antica del mondo. Nel secolo scorso gli americani, fieri della loro democrazia, hanno provato a esportarla in vari Paesi: in genere con le armi, qualche volta con l’esempio, con risultati buoni in alcuni casi (Giappone, Germania), disastrosi in altri (America latina, Medio Oriente). In questo inizio di secolo, tuttavia, la democrazia in America mostra tutte le rughe dell’età, e avrebbe bisogno di una cura di ringiovanimento per renderla più efficiente e realmente democratica.
Ma gli americani sono un popolo orgoglioso (come del resto un po’ tutti i popoli), e per loro, che si sentono i migliori del mondo, importare un’istituzione straniera è tabù. La mortalità e la morbilità negli Stati Uniti sono le più alte dei Paesi sviluppati e la durata della vita tra le più basse? Purtroppo è vero; ma se qualcuno prova a dire che altrove ci sono sistemi sanitari più efficienti, e soprattutto più giusti, che potrebbero allungare la vita e diminuire le malattie – vade retro Satana! non sia mai, quello è socialismo!
Nel Paese ci sono più armi da fuoco che abitanti, con la conseguenza che il tasso di omicidi, di suicidi e di stragi è dieci volte superiore a quello italiano e cinquanta volte a quello giapponese? Certo, è un problema, ammetterebbe volentieri l’americano medio, ma –aggiungerebbe – noi americani siamo un popolo libero, non come voi europei che volete sempre essere protetti dai vostri Stati che limitano la libertà di armarsi e di sparare a chi si vuole, la libertà qui da noi è sacra.
Facciamo un altro esempio a carattere più istituzionale. Da diversi mesi è in corso negli Stati Uniti una tragicommedia che si chiama “Build Back Better” (“Ricostruire meglio”). È un disegno di legge fondamentale della presidenza Biden, che inizialmente prevedeva investimenti per oltre seimila miliardi di dollari in scuole, università, assistenza sanitaria, ambiente. Tutti i democratici, salvo uno di nome Joe Manchin, lo vogliono; tutti i repubblicani sono contrari. Col passare dei mesi il progetto si è ridotto a circa duemila miliardi, e ciononostante l’unico senatore democratico contrario è rimasto irremovibile. Se Manchin, come ha annunciato, non lo voterà, “Build Back Better” e le sue migliaia di miliardi cadranno al Senato sotto la mannaia dell’ostruzionismo dei repubblicani, che hanno giurato di affossarlo definitivamente, anche solo per assestare un colpo mortale alla presidenza Biden.
Conclusione: non sarebbe il caso di trovare una qualche norma regolamentare o costituzionale per limitare l’ostruzionismo consentendo a chi ha la maggioranza nel Congresso di approvare le leggi che ritiene opportune? In vari paesi europei queste regole ci sono: per esempio, contingentamento dei tempi del dibattito, limitazione degli interventi, differenziazione dei poteri e funzioni delle due camere, voto di fiducia, ecc. Non che altrove le cose vadano sempre bene, ma un po’ meglio che negli Stati Uniti sì.
C’è un’altra proposta di legge importantissima che stava in cima al programma di riforme del nuovo presidente. Si chiama “For the People Act”: è una legge che dovrebbe estendere il diritto di voto, proteggere le elezioni dalle limitazioni arbitrarie imposte dai singoli Stati contro varie categorie di elettori (neri, ispanici, poveri, anziani), regolamentare gli esorbitanti finanziamenti privati e – udite, udite! – proclamare il giorno delle elezioni festa nazionale, così da consentire alla gente di andare a votare senza assentarsi dal lavoro. Sarebbe la legge più importante in materia elettorale da quella sui diritti civili del 1964. È stata approvata alla Camera e da un anno è ferma al Senato. I repubblicani assolutamente non la vogliono, perché se le elezioni rispettassero il sacro principio di “una persona un voto” perderebbero molti dei loro voti, e quindi hanno deciso di bloccarla a oltranza.
Gli esempi potrebbero continuare intorno alle più svariate materie nelle quali ci sono importanti riforme ferme, perché minacciate di ostruzionismo: una fra tutte l’immigrazione, con il risultato che la presidenza Biden è di fatto paralizzata, e il presidente è crollato nei sondaggi. Una delle chiavi di volta per sbloccare la situazione (le chiavi e i motivi di blocco sono tanti, ma il discorso andrebbe al di là di un articolo di giornale) è sicuramente la pratica dell’ostruzionismo che dà alla minoranza repubblicana il potere di bloccare qualunque decisione della maggioranza democratica. Alcuni correttivi sono stati applicati in passato, per esempio sulle leggi di bilancio non si può fare ostruzionismo; ma entrambi i partiti sono restii ad abolirlo o limitarlo ulteriormente nel timore che, se perdessero le elezioni, il partito avversario avrebbe troppo potere (timore pienamente giustificato per i democratici, dal momento che molti osservatori ritengono che alle prossime elezioni di novembre perderanno la maggioranza).
Il paradosso è che, a giudicare dai sondaggi, molte delle misure contenute nella legge di investimenti sociali e nella nuova elettorale godono del favore popolare; lo stesso avviene su altre riforme controverse – veri e propri campi di battaglia –, come quella sull’immigrazione o sulla limitazione delle armi da fuoco. La maggioranza della popolazione è d’accordo, ma i repubblicani – che sono una minoranza nel Paese, ma possono impedire l’approvazione di alcunché nel Congresso – no. E la paralisi continua, con danni evidenti non solo alla presidenza Biden, ma alla credibilità dell’intero sistema istituzionale.
Circa un secolo fa, l’allora presidente Woodrow Wilson, che era stato professore a Harvard, aveva studiato i sistemi parlamentari europei e specificamente quello inglese, raccomandandone l’adozione anche negli Stati Uniti. Wilson subì una sconfitta particolarmente bruciante quando il senato americano bocciò la sua proposta di adesione alla Lega delle Nazioni, che lui stesso aveva voluto come garanzia della pace mondiale. Fu un’ulteriore prova di come un sistema istituzionale in cui vige un’esasperata divisione di poteri tra presidente, Camera e Senato, non consentendo alla maggioranza democraticamente eletta di governare, non può considerarsi veramente democratico.
Ecco perché gli Stati Uniti, invece di cercare di esportare la democrazia, farebbero bene a riflettere sui limiti della propria democrazia, magari guardando a quelle europee per le possibili, auspicabili soluzioni. Altrimenti l’involuzione antidemocratica, di cui l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 è stato solo l’avvisaglia, potrà soltanto peggiorare.