Marcello Pera (ex presidente del Senato, filosofo già legato a Lucio Colletti) o Maria Elisabetta Casellati (attuale presidente del Senato) o Letizia Moratti (ex sindaca di Milano) o Gianni Letta (tuttofare di Silvio Berlusconi)? Il centrodestra è alla ricerca dell’identikit del nuovo presidente della Repubblica, anche se preferirebbe andare alle elezioni il prima possibile mandando Mario Draghi sul Colle (ipotesi che potrebbe sfumare ed essere irrealizzabile a causa della pandemia e delle emergenze economiche con l’Europa).
Matteo Renzi intanto ci prova a tornare al centro della scena, sfruttando le indecisioni destrorse, nonostante i sondaggi lo diano pochissimo oltre il 2% e non riesca a trovare un accordo con Carlo Calenda, altro aspirante centrista. Le ultime voci danno Renzi in stretto colloquio con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per trovare una soluzione su chi sarà il prossimo inquilino del Quirinale. Il sasso, l’ex segretario del Pd, lo aveva lanciato qualche giorno fa nel corso di Atreju, la festa annuale di Fratelli d’Italia a Roma: “Secondo me sarà un presidente della Repubblica eletto a larga maggioranza. Per me, il presidente della Repubblica bisognerebbe eleggerlo tutti insieme, da Meloni ai 5 Stelle, da Letta a Salvini”. Poi aveva aggiunto, a sorpresa, una frase clou che ha entusiasmato il centrodestra: “Oggi la destra ha dei numeri in maggioranza: da Fratelli d’Italia a Forza Italia rappresenta il 45% dei grandi elettori. Il punto è se il centrodestra prende un’iniziativa insieme o no”.
Quella frase a effetto faceva capire che la quarantina di voti di Italia viva possono risultare decisivi, se il nome gradito alla destra piacerà anche ai renziani. Da qui gli entusiasmi di Meloni e Salvini, che sanno bene come il candidato Silvio Berlusconi non abbia chance di successo. A Meloni e Salvini, inoltre, non va giù neppure il nome di Pier Ferdinando Casini, outsider di lusso. L’ex presidente della Camera – agli occhi della destra – ha il grave difetto di essere una banderuola democristiana e di essere stato eletto in quota Pd in questa legislatura.
Renzi si è così spinto oltre il limite già varcato da Enrico Letta, che era andato alla festa di Atreju invocando un accordo il più ampio possibile per risolvere il rebus quirinalizio. Il segretario del Pd si era fatto fotografare molto sorridente con Giorgia Meloni, manifestando l’intenzione di non cambiare la legge elettorale proprio come vuole la leader di Fratelli d’Italia. Si era trattato di un dialogo con l’opposizione che non era riuscito a dividere Fratelli d’Italia dalla Lega, bensì a creare contraddizioni nel centrosinistra “largo” o “stretto” che si voglia.
A chi chiedeva infine a Renzi se le sue aperture quirinalizie potevano essere considerate una scelta di campo in direzione del centrodestra, lui ha risposto: “Assolutamente no. Stavolta o la destra si incarica di fare una proposta complessiva o, se non lo fa, dal 20 gennaio in poi si devono cercare le ragioni migliori per cercare tutti insieme un arbitro”.
Resta un dato di fatto: è Renzi che sta convincendo Salvini e Meloni a mollare Berlusconi come candidato di bandiera e a cercare di fare i playmaker della corsa al Quirinale. Lui, sette anni fa, fu sospettato di aver mollato al suo destino Romano Prodi (i centouno grandi elettori che abbandonarono il professore alla vigilia del voto per il successore di Giorgio Napolitano, che poi risultò lo stesso Giorgio Napolitano), e di avere in seguito “inventato” la candidatura di Sergio Mattarella.