Si è appena concluso il vertice del G7 sulla salute, e Vittorio Agnoletto – dal 2020 coordinatore del Comitato “Nessun profitto sulla pandemia. Diritto alle cure” – ha una reazione di disappunto leggendo il comunicato finale del vertice. “Non ci siamo – dice a “terzogiornale” –, non vedo nulla di nuovo e la situazione non si sblocca. I Paesi europei sono miopi nel non vedere che, se non si supera la questione dei brevetti, la pandemia, il virus e le sue varianti continueranno a contagiare la popolazione indifesa del Sud del mondo”.
Fu portavoce dei “no global”, in occasione del G8 di Genova del 2001, e oggi, oltre a lavorare come medico, insegna “Globalizzazione e politiche della salute” all’Università di Milano. Insieme con altre otto personalità europee ha lanciato un’Ice (Iniziativa dei cittadini europei), uno strumento previsto dalla Commissione europea per stimolare la partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano. Se viene raccolto intorno a un testo un milione di firme di cittadini europei, entro un determinato periodo, la Commissione europea ha l’obbligo di mettere in discussione in tempi rapidi quella proposta, sottoponendola al dibattito del parlamento, del Consiglio e della stessa Commissione europea, che dovranno pronunciarsi in modo esplicito e trasparente. “Nessun profitto sulla pandemia” chiede, tra le altre cose, che l’Unione appoggi la richiesta di moratoria sui brevetti dei vaccini. Le firme si raccolgono su questo sito.
Agnoletto, finora abbiamo guardato tutti a quello che il Covid-19 produceva nei comportamenti delle società. Anche sul tema dei diritti e delle libertà. Dal 2020 sono nati movimenti “no vax” e “no pass” che contestano i vaccini e adesso il green pass. In realtà, sullo sfondo della lotta alla pandemia sono nati grandi conflitti economici e di mercato tra le case farmaceutiche produttrici dei vaccini e gli Stati nazionali…
Direi che attorno alla questione dei vaccini si sta giocando un’enorme partita geopolitica, che ha come primo obiettivo il controllo dei mercati. Il presidente degli Stati Uniti, ai primi di maggio di quest’anno, ha lasciato il fronte dei Paesi che non vogliono mettere in discussione i brevetti sui vaccini. Biden, oltre a rispondere a un forte movimento della società civile statunitense, si è reso conto che se non cambiano le regole, liberalizzando i vaccini, Paesi come la Cina ne approfittano, spedendo i loro vaccini nei Paesi poveri in cambio di vantaggiosi accordi commerciali. Perché l’Europa ha adottato i vaccini mRna? Dietro il loro utilizzo esclusivo da parte dell’Unione europea, oltre a ragioni di tipo sanitario, vi sono anche motivazioni geopolitiche: i Paesi che producono questi vaccini sono gli Stati Uniti e la Germania con BioNTech. Non voglio banalizzare il discorso, ma è evidente che, anche in questo caso, i grandi interessi economici muovono il mondo.
Torniamo al vertice dei ministri della Salute del G7. Il ministro Speranza ha dichiarato che “è urgente fare di più per vaccinare la popolazione dei Paesi più fragili. E non basta donare dosi, dobbiamo supportare concretamente chi non ha servizi sanitari strutturati e capillari come i nostri”. Non è un passo in avanti?
Il 70-75% delle dosi dei vaccini prodotti sono stati acquistati da dieci Paesi (compresa la Ue, ndr). In questo contesto, tredici mesi fa, nel 2020, India e Sudafrica proposero la sospensione temporanea di tre anni dei brevetti dei vaccini, dei kit diagnostici e la socializzazione del know-how. Questa proposta è stata poi appoggiata da diversi Paesi e centinaia di premi Nobel e personalità. Chi si è opposto, tra gli altri, oltre all’Unione europea, sono stati Paesi come la Gran Bretagna, il Brasile, la Svizzera, gli Stati Uniti. Ma, nel tempo, alcuni Paesi hanno cambiato posizione. Gli Stati Uniti si sono dichiarati disponibili a discutere la moratoria almeno per i brevetti sui vaccini. Così anche l’Australia, e il parlamento brasiliano ha sconfitto la posizione oltranzista del presidente Bolsonaro. In questi ultimi mesi si sono moltiplicati gli appelli per la moratoria. Da papa Francesco all’Organizzazione mondiale della sanità. E anche duecento Ong si sono mobilitate. Ma l’Unione europea continua a opporsi.
Speranza va oltre la semplice donazione di vaccini per i Paesi poveri…
L’Italia, come l’Unione europea, la Svizzera e la Gran Bretagna, è in prima linea nel fronte che non mette in discussione i brevetti in mano a poche e potenti case farmaceutiche. Questo fronte si limita a proporre che le aziende produttrici stipulino accordi commerciali con altre industrie farmaceutiche, autorizzandole a produrre anch’esse i vaccini. Ma questo non è nulla di nuovo, è già possibile ora e i risultati li vediamo: la situazione è bloccata, nel Sud del mondo i vaccini non arrivano. Inoltre i Paesi che si oppongono alla moratoria annunciano un aumento delle donazioni, ma don Luigi Ciotti, uno dei nostri testimonial, ha chiarito molto bene la questione: “Carità ed elemosina non possono mai sostituire i diritti”. E un altro testimonial della campagna “Nessun profitto sulla pandemia”, il professor Silvio Garattini, rivolgendosi ai Paesi del fronte del “no” alla sospensione dei brevetti, ha detto: “Non volete sostenerci in nome della giustizia e dell’uguaglianza? Fatelo per sano egoismo”. Infatti, se in alcune zone del mondo non saranno disponibili i vaccini, il virus continuerà a diffondersi e moltiplicandosi si svilupperanno delle nuove varianti, prevarranno quelle più aggressive che arriveranno anche in Occidente; e nessuno può sapere se i vaccini che avremo a diposizione in quel momento saranno in grado di proteggerci. Rendendo disponibili i vaccini per il Sud del mondo, proteggiamo anche noi stessi. Il programma dell’Organizzazione mondiale della Sanità a favore della vaccinazione dei Paesi poveri prevedeva due miliardi di dosi. L’Occidente doveva garantirne almeno un miliardo. Ma a oggi i depositi dell’Oms si sono riempiti di meno della metà di quanto previsto. E l’Europa ha donato meno della metà di quanto promesso.
Secondo Emergency e Oxfam, il costo di un vaccino mRna potrebbe variare tra 1,18 dollari e 2,85 dollari. I governi pagano da quattro a venticinque volte il prezzo reale. Le case farmaceutiche produttrici fanno profitti di mille dollari al secondo. “The Guardian” ha pubblicato un’inchiesta secondo cui il 97% dei fondi necessari per produrre il vaccino AstraZeneca sono arrivati da istituzioni pubbliche. Ma i brevetti, come sappiamo, sono in mano a Big Pharma.
Nei frigoriferi dei vari Paesi che hanno acquistato i vaccini vi sarebbe oltre un miliardo di dosi non utilizzate, e, di queste, cinquanta milioni sono pronte a essere distrutte perché scadute. Nei contratti tra Stati e case farmaceutiche vi sarebbero clausole per cui, se un Paese vuole donare dosi a un altro Paese, deve avere l’autorizzazione dell’azienda farmaceutica produttrice del vaccino. Noi ci battiamo contro questo sistema. In Italia, al Comitato “Nessun profitto sulla Pandemia. Diritto alla cura” partecipano oltre cento organizzazioni; siamo il Paese che fino a ora ha raccolto il maggior numero di firme, ma non sono ancora sufficienti; invito tutti a firmare.