“Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?” domandava un Giorgio Gaber già declinante verso un più o meno esplicito qualunquismo. Che consiste, anzitutto, nel porre sotto tensione la distinzione, polverizzandola o scompigliandola al punto da renderla di fatto inattiva. Invece la linea di demarcazione tra la destra e la sinistra c’è, eccome. Soltanto, i due termini vanno considerati come concetti di posizione: il che significa che la loro definizione e il loro possibile contenuto mutano a seconda dei contesti in cui sono inseriti. Se, come diceva Mao, solo nel deserto non ci sono una destra e una sinistra, ciò vuol dire che esse sono categorie relative all’interno di uno spazio sociale e politico di cui non è possibile tracciare una volta per tutte la mappa. E dunque, in ciascuna situazione specifica, ci si può rinfacciare “sei di destra!” o “sei troppo a sinistra!”, dando vita al triste spettacolo in cui si sono esercitati a lungo i partiti socialisti e comunisti (nei quali, come sapeva Pietro Nenni, c’è sempre qualcuno “più puro” che ti epura).
Ciò detto, mai come di fronte alla recente pandemia si sono viste all’opera una destra e una sinistra. Lo ha mostrato bene Antonio Tricomi nel suo libro da poco uscito, Epidemic (Jaca Book), in cui evidenzia come fin dalle vecchie pestilenze, almeno durante quelle avvenute già sotto lo spirito del capitalismo, si dava l’alternativa: lascio ogni attività economica e mi ritiro in chiusure parziali o totali, al fine di proteggere la mia vita e quella degli altri, o resto in ballo con tutti i miei affari, rischiando, sì, ma seguitando a fare denari? È il dilemma posto al borghese: accettare la selvaggia selezione naturale proposta dall’infezione o cercare di correre ai ripari, sapendo che questo gli farà perdere un sacco di soldi?
Tra l’inverno e la primavera del 2020, in Italia, a questa domanda si è data una risposta che può essere detta “di sinistra”: la salute va protetta anche a costo di subire un danno economico. D’altronde la Costituzione parla chiaro in proposito, mettendo, come già abbiamo avuto modo di ricordare in un precedente articolo, la salute al primo posto, definendola “fondamentale” – cosa che nella Costituzione non si dice di nessun altro diritto. Per fare un paragone con che cos’è “di destra” in un contesto simile, basti pensare alle prime dichiarazioni di Boris Johnson riguardo alla cosiddetta immunità “di gregge” (e già nell’uso di questa parola risuona l’eco del vecchio reazionario darwinismo sociale): teniamo aperte tutte le attività, facciamo ammalare la popolazione il più possibile e, a un certo punto, l’infezione si estinguerà da sola. Discorso non solo scientificamente infondato, come si sa, dato che i virus, diffondendosi senza freni, danno vita a varianti dalle quali non si può essere protetti, ma soprattutto dal costo umano altissimo: pagato dalla Gran Bretagna, nonostante la tardiva conversione alle chiusure, in termini di sofferenze e di morti (vero è che anche l’Italia, nelle regioni del nord, in particolare in Lombardia, ha pagato un prezzo spropositato: ma qui per via delle precedenti scelte – “di destra”, appunto – che avevano pressoché azzerato la sanità pubblica, oltre che per uno stile di vita in cui si sta tutti molto appiccicati).
Però il governo Conte – con un cerchiobottismo che Tricomi chiama non a torto “neo-moroteo” – nell’estate 2020 procedette alle riaperture (perfino i locali da ballo ritornarono a funzionare), con la conseguenza che in autunno si fu punto e da capo, stavolta con il ricorso a chiusure mirate, mentre cominciava quell’attesa dei vaccini che solo adesso, dopo più di un anno, sembra che ci stiano effettivamente conducendo fuori dalla pandemia. Il centrismo italico celebrava se stesso e la sua tipica “saggezza” – prima un po’ a sinistra, poi una sterzata a destra, e ancora una correzione a sinistra – che lo ha reso famoso, il suo slogan più prezioso essendo quello delle “convergenze parallele”. Insomma, se ci vollero un bel po’ di manovre e qualche colpo sotto alla cintura affinché la Democrazia cristiana riuscisse a riassorbire, negli anni del dopoguerra, l’Uomo qualunque di Guglielmo Giannini, si può affermare che sia bastato un Giuseppe Conte perché la variante neoqualunquistica grillina, e il suo populismo peraltro già “di centro”, rientrassero nei ranghi.
A differenza del qualunquismo, che mira a scompigliarla, il centrismo conferma la distinzione destra/sinistra. Con slittamenti progressivi da una parte o dall’altra, ma raddrizzando di continuo la barra – anche a costo di quell’altra specialità italiana che è il trasformismo –, esso ha bisogno di una destra e di una sinistra per esistere. Tuttavia, oggi nel nostro Paese, ci sono tanti “centri” e – si può dire – nessuna sinistra. È un problema per il sistema politico. Per esempio, chi sostiene una misura di sinistra come quella di un’imposta patrimoniale progressiva – a parte “terzogiornale” e altri quattro gatti? Se un De Gasperi redivivo dicesse: “Sono un uomo di centro che guarda a sinistra”, si volterebbe e cosa vedrebbe? Il vuoto. Oppure, come in un gioco di specchi in un film di Orson Welles, la sua stessa immagine riflessa da mille frammenti.
Per questo siamo costretti a seguire ciò che a volte può essere proposto come “di sinistra” nelle giravolte del centrismo italico. Al contrario, una destra c’è, e si vede, pure parecchio aggressiva, di matrice fascista o leghista, nazional-populista o, all’occorrenza, ancora populistico-locale, come sulla questione della cosiddetta autonomia regionale differenziata.
Infine, ci sarebbe da affrontare la questione di una sinistra che si vuole radicale la quale, seguendo un’impostazione tratta all’incirca dal pensiero di Michel Foucault (ma su questo c’è da discutere), ritiene che tutte le misure prese durante la pandemia, e da ultimo quella sulla obbligatorietà del pass sanitario, siano espressioni di quel controllo sulla vita da parte del potere che renderebbe quest’ultima una vitaccia indegna di essere vissuta. Essi – si direbbe – preferirebbero la morte piuttosto che sottomettersi a un condizionamento che avrebbe raggiunto l’apice con la “dittatura sanitaria”.
Bisogna essere chiari su questo punto (al di là delle strumentalizzazioni di destra a cui queste posizioni si espongono). È del tutto in linea con un pensiero e con una pratica anarchica e libertaria, che fa a pieno titolo parte della storia della sinistra, assumere una postura del genere contro “il potere”. Ma essa, rinnovellata oggi sulla base di testi che non sono più quelli dell’anarchismo classico, fu per lo più messa da parte già un centinaio di anni fa e oltre. E – soprattutto in Italia, dove si lamenta la mancanza di una sinistra in generale – è opportuno riesumarla? Non si contribuisce così a tenere in piedi un’impasse, con il rifiutarsi di analizzare cosa il centrismo italico propone, evitando di passarne al setaccio i contenuti per vedere cosa in essi ci sia, di volta in volta, di destra o di sinistra, e puntando naturalmente a tempi migliori?